Iniziamo col fare una piccolissima distinzione tra grassi saturi e grassi insaturi che andiamo ad assimilare con la nostra alimentazione quotidiana: i grassi saturi, per intenderci quelli contenuti nelle carni dei fast food, nel burro, nelle patatine fritte, negli oli in generale, possono aumentare il rischio di incorrere in infarti o in altre patologie cardiovascolari; i grassi insaturi, di contro, hanno la funzione di ripulire il sangue, piuttosto che determinare la formazione di placche e compromettere la circolazione del sangue e li troviamo, invece, nella frutta secca, nel pesce grasso come il salmone e in tutti gli alimenti ricchi di omega3. Una simile distinzione ha aiutato a definire, in passato, la teoria che le malattie del cuore siano correlate alle nostre abitudini alimentari, specie se condizionate da un consumo eccessivo di grassi.
Una recente ricerca dell’University of Cambridge, però, va a confutare questa tesi condivisa, affermando, invece, che una dieta ricca di grassi saturi non necessariamente mette a rischio la salute del nostro cuore. I ricercatori hanno esaminato 72 studi precedenti che riportavano a questa conclusione evidenziando che non esiste nessun legame tra rischio coronarico e concentrazioni di grassi saturi. La nuova tesi pubblicata su Annals of Internal Medicine scagiona tutti gli alimenti colpevoli, secondo la scienza, di possibili danni all’apparato cardiovascolare e propone, inoltre, una nuova valutazione scientifica dei cibi omega 3, non più così utili, secondo la ricerca a scongiurare i rischi cardiovascolari.
- Ricerca di: University of Cambridge
- Pubblicata su: Annals of Internal Medicine
- Conclusione: Non esiste correlazione scientifica tra grassi saturi e rischi cardiovascolari