I guai dell’Angela custode

Creato il 18 febbraio 2012 da Albertocapece

Sembra che la Merkel abbia qualche difficoltà a venire a Roma: già due volte il pellegrinaggio è saltato, come se un qualche destino maligno impedisse ad Angela di mettere piede nel Paese in cui di fatto comanda. Certo ha poca importanza, le cose vanno avanti lo stesso, ma questa volta non si tratta di un semplice contrattempo, bensì delle dimissioni del presidente tedesco Chritistian Wulff, travolto da uno scandalo che da noi è meno che la normalità: un prestito ricevuto da un imprenditore amico per costruire una casa, imprenditore poi nominato da Wolff  - al tempo dei fatti premier della Bassa Sassonia- in una posizione di rilievo nel campo del commercio estero. Vicenda di per sé poco consona a un presidente della repubblica, ma aggravata poi dal tentativo di mettere il bavaglio alla stampa.

Non mi dilungo sulla constatazione  del diversissimo senso di moralità pubblica al quale siamo giunti dopo trent’anni di Craxi- berlusconismo,  quanto sui guai di Angela che già soffre di un vistosissimo calo di consensi. Fu lei infatti a fare di tutto per imporre Wulff alla presidenza, nonostante le numerose resistenze anche all’interno della Cdu. Ma soprattutto la vicenda principale ( ve ne sono di accessorie: vacanze pagate, una superAudi praticamente in regalo e favoritismo nei confronti di almeno un’altro imprenditore) si era già delineata al momento dell’elezione. D’accordo che i giornali la scopriranno solo un anno dopo, ma è praticamente impossibile che nel partito nessuno avesse sentore di qualcosa di opaco nella vita di quello che era pur sempre il presidente di uno dei Laender più importanti. Del resto il prestito di mezzo milione a tasso agevolato era per una casa che certo non si poteva nascondere e probabilmente non corrispondeva alle possibilità dei coniugi Wulff.

L’aver insistito sulla sua elezione, esserne stata lo sponsor principale non potrà che indebolire ulteriormente la posizione della Merkel, già in qualche modo sconfessata dal suo mentore Helmut Kohl, con una spiacevole conseguenza per noi: alla cancelliera non rimane altro che fare del rigore recessivo imposto all’Europa la sua linea del Piave. Accontentare i monetaristi della Bunbdesbank, la parte più a destra del suo partito e alimentare la demagogia secondo la quale i Paesi meno virtuosi vorrebbero che i tedeschi pagassero i loro debiti.

Gli innumerevoli errori compiuti dalla Merkel fin dall’inizio della crisi greca, uniti all’incoerenza della costruzione dell’euro, stanno portando allo sfascio l’unione continentale. Finora la crisi dell’unione è stata in qualche modo gestita grazie a una serie di circostanze fortuite che hanno consentito di favorire la creazione di governi amici o di sistemare esecutivi di emergenza nella periferia in crisi, disponibili a credere o a far finta di credere che una gestione della moneta unica favorevole al sistema produttivo tedesco sia anche una buona strategia per i propri Paesi e per la Ue. Ma quando diverrà chiaro che politiche basate esclusivamente sul rigore di bilancio portano all’impoverimento e alla marginalità, le forze centrifughe prenderanno il sopravvento.

In un certo senso è una grande iattura che il caso, le scadenze elettorali, la debolezza della politica, le pressioni delle varie troike abbiano portato a un panorama di esecutivi che in modi diversi fanno riferimento alla volontà di Berlino, della Bce e dell’Fmi, senza cercare un’alleanza fra di loro per mettere un bella ipoteca sulle decisioni europee. Però proprio questo ci segnala due cose: che l’andare in ordine sparso a farsi massacrare da Angela è già di per sé il segnale di un fallimento della costruzione continentale. E in secondo luogo la prevalenza di Berlino è esattamente ciò che ci si prefiggeva di evitare mettendo in campo l’idea dell’ euro.

La Germania, seppur guidata in maniera ideologica e poco accorta , persegue legittimamente i propri interessi: cercare di salvaguardare una moneta unica che da una parte favorisce il suo export  e dall’altra la protegge dalla concorrenza che potrebbe venire da Paesi con la possibilità di svalutazioni competitive. Allo stesso tempo pretende però di non pagare l’obolo di una divisa unica che mette in comune perdite e guadagni. Certo per fare questo occorre una certa disciplina continentale, ma ciò che si è ottenuto con il patto fiscale è solo la disciplina e non la messa in comune e la creazione di una vera banca centrale. La riduzione imposta dei deficit diventa così un ulteriore vantaggio per il sistema tedesco: la difficoltà estrema di investimenti pubblici per il rilancio e per la crescita che sarebbero necessari in molti Paesi alla fine si concretizzerà in uno shoppimg da parte dell’industria tedesca o comunque dei potentati economici. Non è un caso che siano proprio gli ambienti industriali gli sponsor indefettibili di Angela nonostante i sei clamorosi rovesci elettorali consecutivi nei Laender, visto che gli stessi tedeschi, sia pure in maniera minore, sono sottoposti alle cure liberiste.

La vicenda Wulff nella quale  la Merkel ha una parte notevole, non le lasciano altra strada che proseguire nel cammino intrapreso, inasprendolo anzi, al punto che diventerà probabile un dimagrimento vistoso del fondo salva stati.  Del resto lei stessa si è messa in un cul de sac dal quale non può andare né avanti né indietro, dentro un gioco che si scoprirà debole e improduttivo quando il castello europeo messo in piedi un po’ per caso un po’ per debolezza altrui, comincerà a crollare. E già dalla primavera prossima una eventuale sconfitta di Sarlozy, riaprirà i giochi. Anche se lei Angela potrà contare su amici soccorrevoli che sono più merkelisti di lei, quelli che si trovano al di là dei monti. E per i quali è l’Angela custode.


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