Come ogni anno ho trascorso il fine settimana a Torino, al Salone Internazionale del Libro, circondata da editori, scrittori, blogger e lettori appassionati. L’esperienza è sempre piuttosto faticosa ma gratificante, il mondo del libro è popolato da numerose persone di spessore e una visita al Lingotto, oltre a permettere di rientrare con la valigia colma di volumi, garantisce incontri che arricchiscono lo spirito. Purtroppo, solo quello. Come quasi tutto ciò che ha a che fare con la cultura.
Una delle frasi che gli addetti ai lavori mi hanno ripetuto più spesso in questi giorni, gratificandomi da un lato con la loro stima ma facendomi riflettere allo stesso tempo, è stata: “Come è possibile che con il tuo sito tu riesca solo a coprirti i costi o poco più? È tra i più autorevoli del settore! Guarda il blog di Chiara Ferragni, ormai è milionario”.
La home page del sito “The blond salade” della nota blogger di moda Chiara Ferragni
Per i pochi che ancora non sapessero di chi stiamo parlando, Chiara Ferragni è una giovane e intraprendente blogger di moda, conosciuta in mezzo mondo grazie al suo sito The blonde salad. Scarpe, abiti, sfilate e grandi firme sono il suo pane quotidiano, non romanzi, opere d’arte e firme di scrittori.
Lungi da me l’idea di togliere meriti a chi ha saputo costruirsi una solida reputazione e avviare attività redditizie in settori diversi da quello che mi trovo a bazzicare, sono la prima ad applaudire lo spirito di iniziativa altrui, anche perché per molti anni mi sono occupata di economia e impresa. Tuttavia non posso non constatare come molti professionisti competenti e appassionati oggi trovino difficile far sopravvivere le loro iniziative in ambito culturale.
“Con la cultura non si mangia” è una delle frasi più ripetute dei nostri tempi e purtroppo racconta spesso una grande verità. Anche in tempi di crisi, incredibile ma vero, è più facile vedere una persona smaniare per un paio di Loboutain (non esattamente economiche) che per un libro, il cui costo difficilmente supera i 20€.
L’opinione generale è che libri, musei, cinema, mostre e tutto ciò che ha a che fare con l’espressione artistica, siano troppo cari. Il che, quando manca l’essenziale per vivere, è senz’altro vero. Eppure ho visto case con bambini vestiti Dolce e Gabbana da capo a piedi, ma con le librerie piene solo di soprammobili.
Nel mondo dell’informazione un lavoro ben retribuito, fatta eccezione per pochi giornalisti di grande notorietà e successo, è ormai il desiderio proibito di giovani e veterani. Conosco colleghi con vent’anni di servizio disposti a collaborare senza compenso per riviste, Web e giornali pur di vedere il proprio nome in fondo a un articolo e di non essere espulsi dal mercato. Lavorare gratis non dovrebbe mai essere un opzione, quale che sia il settore di attività. E se proprio lo si vuol fare che sia per se stessi, come investimento in attesa di redditi futuri.
E che dire di maestri e professori? Persone che dovrebbero instillare nelle menti in formazione la bellezza del sapere e che invece spesso, demotivati e disillusi, si riducono a ripetere a memoria una lezione mentre fanno i conti di come arrivare a fine mese.
Il denaro non è fonte di motivazione, obietteranno quelli che in genere ne hanno a sufficienza. In effetti non lo è, sono d’accordo, senza passione l’abbondanza di risorse spesso equivale a spreco, ma la loro assenza inaridisce anche la mente più generosa e spegne il desiderio di far bene.
Discorsi già sentiti? Forse, ma mai abbastanza.
Nessuno sminuisce il valore di chi ha puntato su settori commerciali ad alta redditività, ma sarebbe ora di avere un occhio di riguardo anche per i tanti professionisti che cercano di fare in modo che nel nostro Paese la parola cultura non si svuoti del tutto.
Da quando ho avviato il blog mi arrivano spesso richieste di collaborazione, che rifiuto puntualmente perché non sarei in grado di retribuire. Quanti sono nella mia stessa situazione? Molti, moltissimi, stando a quello che ho ascoltato in questi giorni di immersione nel mondo editoriale. Quando le piccole realtà provano a rivolgersi al mercato la risposta è quasi sempre la stessa: “Non ci sono soldi” e quando bussano alle porte per proporre iniziative comuni in genere vengono snobbati, salvo poi copiare le idee e lanciarle per le proprie iniziative commerciali (cosa che mi è capitata).
I have a dream, sogno un Paese in cui libri e cultura possano stare in prima serata in Tv e in copertina sui giornali, un Paese che premi lo sforzo di chi prova a far circolare le idee e le opere dell’intelletto, un Paese in cui le librerie non debbano chiudere, i maestri siano felici di insegnare e gli scrittori di scrivere.
Sogno un Paese che legge, studia e crea, come in Italia abbiamo dimostrato tante volte di saper fare. Un Paese che investe nella cultura e in chi la fa.
Utopie? Ditemelo voi.
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