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I khorakhane' allo stadio olimpico

Creato il 21 dicembre 2015 da Pjazzanetwork
I KHORAKHANE' ALLO STADIO OLIMPICO
In occasione della “Partita dei Campioni Unici per Unicef” di lunedì 21.Dicembre I Khorakhanè suoneranno un loro brano prima del calcio d’inizio, a presentarli sarà Sammy Barbot anche lui allo stadio per questa iniziativa benefica realizzata a sostegno della campagna raccolta fondi con numero solidale 45594 “Bambini in pericolo”. I Khorakhanè sono sette superbi musicisti romagnoli accomunati dalla passione per Faber (cui dedicano gli inizi della loro carriera, come tribute-band), dalla fame di note, di strada, di storie. Dall’istinto proteso al cammino attraverso il mondo, ma soprattutto attraverso le persone. Perché il viaggio è proprio il tema portante, già a partire dall’artwork, de “L’Esploratore”, ultimo album della folk-rock band romagnola (dopo il fortunato “La ballata di Gino”, uscito nel 2007 a seguito della partecipazione al festival di Sanremo). Aprire il cofanetto, e sfogliare il booklet, è come rigirarsi tra le mani il biglietto di un treno e la cartina della destinazione. Mappe storiche, meridiani, paralleli e galeoni, impreziosiscono fronte, retro ed interno di quella che possiamo definire la partenza del nostro viaggio sonoro attraverso il tempo. Un cammino scandito sin dalle prime tracce, al ritmo di fisarmonica e violino, che guidano i nostri passi al cospetto di un qualche medievale menestrello di corte pronto a narrarci di taverne e mercanti (in “Cosimo e Lucilla”, brano dall’impronta tipicamente “DeAndresca”), di padri premurosi che donano alle figlie in partenza per la vita, cinque monete d’oro (dietro cui si celano gli insegnamenti paterni) da usare durante le difficoltà che la vita stessa riserva (“ 5 monete d’oro”). Incursioni nel remoto passato, queste, cui seguono salti a piè pari sulle spiagge giamaicane, grazie al travolgente ska della title track (L’esploratore), in cui un’incessante fisarmonica (il vero timbro di fabbrica dei Khorakhanè) prende il posto delle trombe che questo genere di solito richiede. E dalla calda sabbia giamaicana, l’esploratore ci guida sino alle assolate strade della provincia italiana, di un paese senza nome, le cui storie di corruzione ed ingiustizie sembra sonnacchiosamente cantare appoggiato al cartello “benvenuti”, tra grano, asfalto e cicale (“Storie di Paese”). Un viaggio attraverso epoche e luoghi, dunque, ma come si è detto anche nelle vite altrui. Di quell’amante dai capelli canuti pronto a chiedere alla sua donna , in maniera un po’ sorniona e spensierata, di camminare ancora insieme (“Ancora noi”, brano tipicamente folk, ma il cui pianoforte finale sembra uscire da un film di Chaplin degli anni ’30). Di quella bella famiglia apparentemente salda, ma che nella realtà si unisce e “balla”(su sonorità più salentine che romagnole) solo all’accendersi della spia rossa del televisore, si anima solo nel momento di ipnosi mediatica (“La mia famiglia balla”). Un cammino, dunque, nell’animo stoico del protagonista di “Canzone per me”, che tra un bicchiere di porto ed una sigaretta, riceve a braccia aperte i dolori del domani. Una danza nel vortice di violini dal sapore irlandese, infine, nell’animo di coloro che sembrano dar vita al discorso di un’ assemblea sindacale (“Niente è personale). Tra le varie tappe predilette da questo esploratore, spiccano però due canzoni in particolare: la conclusiva “Un sorriso nel cielo”, elegante ed ammaliante traccia dalle influenze bossa nova, e l’impegnato kombat-folk di “Non ho scordato” (pezzo scelto come primo singolo, e come colonna sonora ad un video sulla strage di Bologna del 1980), in cui il protagonista si vendica con la memoria per tutti gli omicidi che hanno insanguinato l’Italia nei decenni scorsi.
Con i Khorakhanè, quindi, la musica diviene prima di tutto un percorso, uno stimolo alla

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