Così, mentre Belgrado e Pristina si affrontano e si scontrano sulla questione dell'indipendenza, molti hanno capito che trovarsi a vivere in una terra che per alcuni è la repubblica indipendente del Kosovo e per altri è e rimane Serbia, può essere un'opportunità da sfruttare. Per esempio per ottenere un passaporto con cui entrare liberamente nell'Ue o, vivecersa, per sfruttare il bisogno di chi cerca quel passaporto. Quando lo scorso dicembre Bruxelles ha abolito il regime dei visti per i cittadini serbi, per i kosovari albanesi, esclusi dalla libera circolazione nell'Ue, diventare serbi, almeno all'anagrafe, può essere la strada buona per l'Europa.
Infatti, se "Il Kosovo è Serbia", la Serbia non può rifiutare il passaporto ai cittadini di etnia albanese che abitano in quella che continua a considerare una sua provincia. Un problema che il ministero dell'Interno serbo ha risolto decidendo che i documenti sarebbero stati conferiti a tutti i cittadini kosovari in possesso di una residenza in Serbia. Così, mentre i serbo-kosovari cercano parenti o amici disposti a farli registrare presso la propria abitazione, agli albanesi-kosovari ci pensa la criminalità locale che ha subito fiutato l'affare e ha stabilito uno dei sui centri operativi nel piccolo comune di Merosina, nel sud-ovest della Serbia a una quindicina di km del capoluogo Nis, poco lontano dal confine con il Kosovo.
La "agenzia di servizi" trova un serbo disposto a offrire il proprio indirizzo come residenza fittizia dell'albanese che potrà così ottenere il passaporto serbo che gli permetterà di circolare liberamente nell'Ue senza richiedere il visto. Il tutto per una somma che varia tra i 500 e 1000 euro. E tutti guadagnano qualcosa: il kosovaro che fa un'investimento sul suo futuro, il pensionato serbo che concendendo il suo indirizzo arrotonda una pensione da 80 euro al mese, il poliziotto compiacente che arrotonda il non certo ricco stipendio mensile di 150-200 euro. E naturalmente ci guadgana anche la "agenzia" che assicura il servizio.