“Bisogna purificare l’aria”, disse lo cardinale sentendo lo tanfo scorreggione ch’aveva appestato lo castello. E accorgendosi che l’aere era talmente colonizzato da quei lanzichenecchi della loffia che questa volta non sarebbe bastato aprire solamente li finestroni. Il cronista vostro rimase stupefatto. Ma come, solo adesso se n’è accorto lo cardinale? Sono venti anni che ‘l feudatario e i suoi valvassini se mangiano lo feudo e lo restituiscono sottoforma maldigerita, in generosi e flatulenti solfeggi per sfintere e orchestra.
E li preti (figli de le putte!) sempre all’immondo desco furono graditi convitati.
Da tempo infatti ci chiedevamo perché li messaggeri de Cristo non s’accorgessero della puzza. E molti si davano questa risposta: perché a quella puzza si erano assuefatte le loro narici. Ma i più maligni malignavano: perché a quella puzza contribuivano loro stessi, con le loro mascelle sempre in moto e co’ loro deretani che non conoscevano tetto di emissioni al riparo di quelle ampie tonache sacerdotate.
Ma allora lo cardinale perché protesta?
Perché è uscito un attimo dallo salone delle cene e rientrandovi è stato preso a schiaffi dall’aria di ammazzacaffè alla quale si era abituato?
Oppure perché la cena è finita?
Perché tanto ingordi furono i suoi commensali da non lasciare niente dello feudo gozzovigliato se non il profumo di letame?
Si chiede, lo cronista vostro, se lo cardinale parla mosso dallo schifo o dalla invidia.