I Lapidari medioevali

Creato il 18 dicembre 2014 da Mcnab75

Più o meno tutti conoscete i bestiari medioevali, di cui ho parlato in un paio di occasioni, qui su Plutonia Experiment. L’ultima volta è stata in concomitanza con l’uscita del mio ebook Il Palio, di cui non aggiungerò altro in questa sede. I bestiari ebbero la loro massima diffusione tra il XIII e il XIV secolo, anche se si basavano su fonti anche assai più vecchie (per esempio i documenti di Plinio il Vecchio).
Molti di voi conosceranno anche gli erbari, dei compendi che descrivevano, in modo più o meno scientifico, il regno vegetale e le proprietà di piante ed erbe. Gli erbari sono, se possibile, ancora più antichi dei bestiari, visto che già attorno al 370 a.C. ne vennero pubblicati alcuni, a opera di Teofrasto.
Ora, alzi la mano chi invece è al corrente dell’esistenza dei Lapidari, di cui parleremo brevemente oggi.
Pochi? Nessuno? Beh, nulla di male. Del resto non è che se ne sia poi dissertato così spesso, se non in testi specifici.
Ma cosa sono i lapidari?

I lapidari erano trattati che descrivevano le virtù delle pietre. Essi alimentarono un cospicuo genere letterario che ebbe una prima fioritura già nella tarda epoca ellenistica, ma i cui prodotti furono ampiamente diffusi almeno fino al Rinascimento. Dal punto di vista letterario, non si trattò di un nuovo genere, poiché riprendeva teorie e credenze già descritte da autori classici, quali Cesare, Plinio il Vecchio, Tacito, Varrone, Strabone, Origene, ecc., e da autori medievali quali Solino o Isidoro da Siviglia.

Già in epoca classica, infatti, si consideravano spesso le pietre come esseri viventi, alla stregua dei vegetali, solo che caratterizzati da un metabolismo e un ciclo vitale ancora più lento. Nel De lapidibus di Marbodo di Rennes (XI secolo) i minerali erano considerati come materia organica e suddivisi in maschi e femmine, domestici e selvaggi; inoltre talvolta si attribuiva loro la secrezione di sostanze organiche, quali il latte di galattite, indicato come sostituto di quello materno. Le proprietà di ciascuna roccia erano quindi del tutti paragonabili a quelli delle erbe. Al contrario, in genere ne era differente l’uso: nei lapidari, salvo poche eccezioni, le pietre sono viste quali amuleti e quindi da tenere in contatto col corpo ma non da ingerire.

Suggestivo e bizzarro, vero?
Nemmeno poi tanto, in realtà, considerando che a oggi, nel 2014, esistono ancora persone che spendono piccoli capitali in pseudoscienze esoteriche quali la cristalloterapia.
Il principio non è poi tanto diverso, visto che entrambe le discipline (alchimia minerale e cristalloterapia) ritengono possibile che pietre più o meno nobili influiscano sugli equilibri organici e biologici di un essere umano.
La cristalloterapia, per esempio, suggerisce l’uso di sodalite per conciliare il sonno, quello di ametiste per alleviare il mal di testa e quello di malachite per allontanare gli stati d’ansia.

Nulla più che effetto placebo (nel migliore dei casi), ora come allora.

Tralasciando le polemiche, mi piace citare l’uso dei lapidari, o comunque della magia tramite pietre e gemme, che descrive lo scrittore fantasy R.A. Salvatore nella sua saga Demon Wars, di cui abbiamo parlato recentemente.
La magia del mondo descritto in questo ciclo narrativo (mondo denominato Corona) si basa in larga parte sui poteri delle pietre, che frati e incantatori riescono a incanalare nei loro corpi, acquisendo così poteri e talenti a tempo limitato. Esiste un preciso utilizzo correlato a ogni specifica pietra preziosa. Ecco quelle più citate nei libri di Salvatore:

- Ambra: permette all’utilizzatore di camminare sull’acqua.
– Grafite: genera fulmini consumando molte delle forze del mago.
– Magnetite: a comando vola verso una superficie metallica, tanto velocemente da essere più letale di un colpo di balestra.
– Malachite: crea un campo di energia immateriale all’interno del quale ogni oggetto diventa leggero come l’aria.
– Quarzo: incrementa la vista del mago, permettendogli di scrutare zone a decine di chilometri di distanza.
– Quarzo grigio: genera e proietta un’illusione che l’utilizzatore immagina nella sua mente.
– Rubino: genera un’esplosione di fuoco sferica tutto intorno alla gemma. Il mago non è meno vulnerabile al fuoco di qualsiasi altra persona.
– Serpentino: crea una barriera immateriale che blocca il fuoco e il calore.
– Crisoberillio: permette all’utilizzatore di vedere al buio; per questo motivo è spesso chiamato occhi di gatto.
– Granato: consente al mago di individuare le emanazioni dovute all’uso di una pietra magica. Per questo motivo viene chiamata pietra di ricerca o Occho di Drago.
– Turchese: permette di comunicare con gli animali.
– Diamante: proietta luce ed emana calore; può essere anche usato per oscurare le fiamme.
– Artiglio di Tigre: l’utilizzatore trasforma un proprio braccio in una zampa anteriore di una tigre; usando a fondo il potere della gemma è possibile estendere la mutazione a tutto il corpo diventando un felino dotato di intelligenza umana,
– Pietra del Sole: può annullare o ridurre tutta la magia in una zona rendendo inutile le pietre magiche.
– Ematite: la cosiddetta Pietra dell’anima dai numerosi effetti. Può essere utilizzata per fa uscire la propria anima dal corpo fisico: in questo stato, l’anima istintivamente cerca di possedere altri organismi, tramite una sorta di combattimento che coinvolge le forze di volontà dei due esseri. Questa pietra viene utilizzata per curare malattie e risanare le ferite.

La magia tramite gemme e pietre preziose è forse lo spunto più intelligente della produzione di Salvatore, che per il resto è parecchio appiattita sugli standard del fantasy giocoruolistico. Ma ne abbiamo già parlato, inutile tornarci su.

Fantasy e pseudoscienze a parte, resta per me il fascino per i lapidari, così come c’è già – e pure in abbondanza – quello per i bestiari medievali.
Se troverò ulteriori informazioni non mancherò di fornirvele.

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(A.G. – Follow me on Twitter)


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