Francesco Troccoli, Ferro Sette, Roma, Armando Curcio Editore, 2012; Francesco Troccoli, Domani forse mai. Racconti fantastici, Roma, Edizioni RiLL – Riflessi di Luce Lunare, 2012
_____________________________
di Giuseppe Panella
.
Tobruk Ramarren ha una missione importante da svolgere sul pianeta Harris IV: deve stanare un gruppo di minatori in rivolta che si sono rifugiati nelle sue cavità più profonde e porre fine all’attività di David Vinicious Pereira Hobbes, un suo ex-commilitone con il quale ha perso i contatti e con il quale è stato inviato a trattare la resa di Ferro Sette. E’ ovviamente una trappola ma Tobruk non lo sa ancora.
All’inizio del romanzo, l’uomo trova facilmente la caverna dove sono nascosti i ribelli ma altrettanto facilmente viene messo fuori combattimento dagli abitanti che vi si sono rifugiati. L’obiettivo di Hobbes (spiegherà al suo ex-compagno di combattimento nella Milizia dell’Alleanza) è quello di riportare l’umanità alla sua dimensione originaria, recuperando le sue funzioni vitali e, soprattutto, insegnandogli di nuovo a dormire. Il sonno, infatti, come forma di riposo obbligato per gli esseri umani è stato abolito in nome di una produttività forsennata che ha cambiato la struttura fisiologica stessa dei loro corpi. Se produrre è lo scopo della vita umana, dormire, all’epoca in cui si svolgono i fatti, sembra assurdo e inutile; infatti, per riuscire a farlo, nella caverna, bisogna riabituarvisi poco a poco, con l’ausilio di alcune macchine adatte allo scopo. Stranamente l’acqua – di cui nel mondo esterno si avverte fortemente la carenza – sembra essere abbondante nella caverna e anche questo stupisce Tobruk, insieme all’ambiente ospitale e all’accoglienza amichevole che ha ricevuto.
La prigionia dell’inviato su Ferro Sette continua e, durante il suo lento svolgimento temporale, l’uomo si innamora di Alina, la donna che gli è stata assegnata come controllo e guida (con Alina apprenderà molte cose sul sonno che prima ignorava del tutto). Nella miniera di ferro circolano parole sconosciute a Tobruk, come “arte”, “letteratura”, “cultura” (come in Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, l’attività intellettuale era vista con sospetto nel mondo esterno e la lettura proibita perché nociva e del tutto improduttiva):
«Altre parole, come “cultura” o “letteratura”, mi erano sconosciute ed evocavano in me vaghe e misteriose tracce che erano ben lontane dal comporsi in un senso utile o accettabile, al pari di quelle parole senza realtà concreta che aleggiano nelle leggende più antiche e a cui nessuno si preoccupa più di dare precisa identità. Parole dal senso ormai dimenticato sembravano tornare a nuova vita, una vita che mio malgrado mi era estranea. A volte odiavo con tutto me stesso chiunque le utilizzasse. Dopotutto, io non ero che un figlio di puttana capace solo di uccidere, e in mezzo a quei resuscitati mi sentivo al di fuori del tempo e del mondo per il quale ero nato. Più passavano i giorni, più quella gente diventava diversa da me»[1] (p. 99).
Durante una sortita nel mondo esterno, Tobruk apprende che la sua licenza di “cacciatore di taglie” è stata revocata e che deve considerarsi in arresto. Di conseguenza, si vede costretto a rimanere a Ferro Sette ma non è ancora convinto della bontà dei piani di Hobbes. L’uomo lascia Ferro Sette e viene catturato dagli uomini del Governatore di Kala City, la capitale di Harris IV. Ma, grazie all’aiuto di una donna giapponese prigioniera come lui che rende inoffensive le guardie grazie all’utilizzazione della sua Seconda Volontà (un potere riservato soltanto a coloro che sono di origine nipponica), riesce a scappare. Ora è deciso a passare dalla parte dei ribelli e combatterà con loro fino alla vittoria e alla rifondazione della civiltà umana su basi nuove (ma tanto più antiche delle precedenti e più consone alla natura degli uomini).
Il primo romanzo di Troccoli si propone, dunque, come un romanzo di ri-generazione: dalla crisi del presente, i personaggi positivi del libro si propongono di fondare un nuovo modello di società futura che permetta di ritornare al passato e di recuperare ciò che in esso vi era stato di positivo e di realmente creativo. La dimensione in cui la storia si sviluppa (quasi naturalmente) e in cui i suoi percorsi possono essere seguiti e ritrovati nel corso delle diverse vicende dei suoi protagonisti è, dunque, di respiro mitico. Si tratta di ricostruire una sorta di stadio precedente perduto e dissipato per effetto dell’amore forsennato del profitto da parte di alcuni uomini e dell’acquiescenza di tutti gli altri, sulla linea di una critica severa e senza appello alla condizione presente dell’umanità.
Ma la volontà utopica di Troccoli non dimentica di cogliere gli aspetti contraddittori della natura umana e semina dubbi anche nei confronti degli eroi “positivi” (in particolare circa il luogotenente di Hobbes, in un primo tempo, del tutto inviso a Tobruk che crede di essere odiato da lui, anche per via dell’ amore di Alina che egli crede che l’uomo gli contenda con successo).
Inoltre, lo spazio del futuro non viene interamente coperto dalle vicende del romanzo e lo spazio per possibili sviluppi successivi sembra aprirsi anche dopo la conclusione positiva della vicenda.
In attesa di questa auspicabile continuazione, Troccoli ha pubblicato per una piccola casa editrice amatoriale una raccolta di suoi precedenti racconti di cui lui stesso delinea la genesi e il percorso nell’intervista che si può leggere in appendice al volume:
«Alcuni dei racconti contenuti in questa raccolta hanno visto la luce in un periodo in cui la mia attuale visione, che continuo a definire positiva e “umanistica”, era probabilmente ancora in fieri e pertanto non poggiata sulle basi di oggi, che reputo più solide. In altri racconti, successivi, invece, pur attraverso ambientazioni ostili, drammatiche, viene descritto, almeno mi auguro, un movimento di “riuscita” dell’essere umano che ne è protagonista, una vittoria sulle difficoltà che attraversa. In questa prospettiva Ferro Sette, essendo sostanzialmente la storia di una ribellione al fallimento precostituito e programmatico dell’essere umano, rappresenta la mia attuale visione positiva»[2].
I nove racconti che compongono il libro appartengono al regno del fantastico piuttosto che essere rigorosamente di fantascienza (hard SF – come la chiamano gli addetti ai lavori e i fan del genere).
In uno di essi, l’ultimo (Un caso dimenticato della Romagna Toscana) si ritorna al 1952 per la narrazione di una storia molto misteriosa relativa all’eresia catara e alla sua diffusione al paese immaginario di Stringilcuore dove essa ha trovato di nuovo spazio dopo la dura repressione cui era stata soggetta nel Medioevo. Il racconto deve molto all’ammirazione che Troccoli dimostra nei confronti di Jorge Luis Borges e mostra una notevole abilità nel manipolare dati eruditi e vicende di sangue. Altri, invece, come Nude mani si basano sulla sorpresa finale e sul colpo di scena (gli uomini in passato si servivano delle mani ?) allo stesso modo di classici della SF come Sentinella di Fredric Brown. Altri ancora come Tempus Fugit si cimenta con il tema (ormai classico) delle falle spazio-temporali e della necessità della loro riparazione (con un colpo di scena finale, naturalmente). Anche Strudel alla viennese, che ha come protagonista Werhner von Braun, tratta temi analoghi al precedente (in particolare, la cronoflessione). Oppure, in Il misterioso diario del giovane Piotr, eventi del tutto fantastici vengono descritti con uno stile preciso e realistico, in modo da proporne una forte plausibilità fino all’ultimo ed evitare le secche del fantastico astratto.
Questa caratteristica dello stile di Troccoli ne rende peculiari lo sviluppo delle storie e l’ambientazione all’interno delle quali esse si svolgono: il punto di partenza è sempre quotidiano e legato a particolari apparentemente banali o minori (un biglietto da visita in Tempus Fugit, la cena accuratamente prelibata di von Braun, la descrizione della salita del Chiado di Lisbona in Il caso estremo Ana Caldera). Solo successivamente, lo srotolarsi della vicenda fa precipitare gli eventi e dalla quotidianità dell’inizio si passa a eventi non più facilmente spiegabili, se non spesso ingiustificabili (come accade in La fine vera dell’Umanità, ambientato sulla Luna, un luogo adeguatamente lontano da cui si può contemplare il disastro atomico che ha ormai distrutto – e molto rapidamente – la Terra. In questi racconti, tuttavia, nonostante il pessimismo che pervade alcuni di essi (ma va detto solo quelli che hanno un taglio più tradizionale), si può già verificare il percorso che porterà Troccoli a Ferro Sette (e alle sue possibili continuazioni): si tratta (come si può forse intuire da quanto è stato detto finora) della dimensione “umanistica” del futuro prossimo venturo legata all’amore per l’analisi psicologica dei personaggi e dei loro sentimenti insieme al culto dello stile visto come descrizione di situazioni piuttosto che come gusto dell’azione del puro ritmo narrativo. In questo, Troccoli si conferma come uno scrittore di rara capacità introspettiva.
NOTE
[1] F. TROCCOLI, Ferro Sette, Roma, Armando Curcio Editore, 2012, p. 99.
[2] F. TROCCOLI, Domani forse mai. Racconti fantastici, Roma, Edizioni RiLL – Riflessi di Luce Lunare, 2012, p. 101.
_____________________________
[Leggi tutti gli articoli di Giuseppe Panella pubblicati su Retroguardia 2.0]
_____________________________
I libri degli altri è il titolo di una raccolta di lettere scritte da Italo Calvino tra il 1947 e il 1980 e relative all’editing e alla pubblicazione di quei libri in catalogo presso la casa editrice Einaudi in quegli anni che furono curati da lui stesso. Si tratta di uno scambio epistolare e di un dialogo culturale che lo scrittore intraprese con un numero notevolmente alto di intellettuali e scrittori non solo italiani e che va al di là delle pure vicende editoriali dei loro libri. Per questo motivo, intitolare una nuova rubrica in questo modo non vuole essere un atto di presunzione quanto di umiltà – rappresenta la volontà di individuare e di mettere in evidenza gli aspetti di novità presenti nella narrativa italiana di questi ultimi anni in modo da cercare di comprenderne e di coglierne aspetti e figure trascurate e non sufficientemente considerate dalla critica ufficiale e da quella giornalistica corrente. Si tratta di un compito ambizioso che, però, vale forse la pena di intraprendere proprio in vista della necessità di valutare il futuro di un genere che, se non va “incoraggiato” troppo (per dirla con Alfonso Berardinelli), va sicuramente considerato elemento fondamentale per la fondazione di una nuova cultura letteraria… (G.P)
Name(obbligatorio) Email(obbligatorio) Website Comment(obbligatorio)