L'autrice dell'articolo afferma che per lei l'elemento chiave di un "feel-good book" è la speranza, la "semplicità della gioia". Il suo è un buon elenco - che contiene fra l'altro Franny and Zooey di Salinger, Breakfast at Tiffany's di Capote, Still Life with Woodpecker di Tom Robbins - ma non mi convince del tutto. Alcuni libri non mi piacciono per niente, altri non li ho letti, e poi soprattutto la signora Beth Carswell cade nel solito vizio dell'anglocentrismo: due libri tradotti su venticinque (Yoshimoto e Coelho) mi sembrano davvero un po' pochini.E così ho deciso di stilare un mio personale elenco di "feel-good books", basato su criteri simili a quelli di Beth Carswell (l'umorismo e/o la speranza) ma un tantino più internazionale. Si tratta di un elenco senz'altro raffazzonato e incompleto, basato sui primi libri che mi sono venuti in mente, e proprio per questo esorto chi leggerà questo post a contribuire con altri suggerimenti. (I libri in inglese li cito in inglese perché mi hanno divertita in inglese. Ma sono sicura che sono divertenti anche in italiano).
Three Men in a Boat (To Say Nothing of the Dog), di Jerome K. Jerome.
Un classico dell'umorismo che non poteva mancare. Le prime pagine, con l'ipocondriaco e il ginocchio della lavandaia, sono indimenticabili. Poi si va avanti e non si smette più di ridere.Zazie nel metro (Zazie dans le métro, traduzione dal francese di Franco Fortini), di Raymond QueneauUna favola stralunata e spiazzante, comica e tagliente, e naturalmente - trattandosi di Queneau - piena di giochi linguistici e letterari. Un romanzo satirico sulla società degli adulti, smitizzati e ridicolizzati da una ragazzina curiosa che continua a fare domande alle quali nessuno risponde.Storica traduzione di Franco Fortini, che traduce con "un cazzo" il grido di guerra di Zazie, "mon cul", mentre Doukipudonktan? (la trascrizione fonetica di D'où qu'ils puent donc tant?, "da dove viene così tanta puzza?") diventa Macchiffastapuzza.
A Confederacy of Dunces, di John Kennedy TooleRomanzo picaresco ambientato a New Orleans all'inizio degli anni '60, che narra le tragicomiche vicende dell'indimenticabile Ignatius J. Reilly. Forse il libro che mi ha fatto più ridere in assoluto, anche se la storia dell'autore non è affatto divertente: ignorato e morto suicida a 31 anni nel 1969, venne scoperto solo 11 anni dopo, quando il suo libro venne finalmente pubblicato e vinse un Pulitzer postumo. Oggi inserito nel canone della letteratura del Sud degli Stati Uniti, e considerato il miglior libro su New Orleans mai scritto. Ma soprattutto, fa ridere tantissimo.
Ho servito il re d'Inghilterra (Obsluhoval jsem anglického krále, traduzione dal ceco di Giuseppe Dierna)
Ironia, umorismo, poesia: un romanzo che sprizza vitalità a ogni pagina. Come dice Franco Marcoaldi nella quarta di copertina: "... è una trascinante sarabanda che narra le rocambolesche vicende di un apprendista cameriere ossessionato dalla sua piccoa statura - anatomica e finanziaria - in un mondo dove sono tutti alti e ricchi. (...) Capace di rappresentare inestricabilmente legati, come effettivamente accade nella vita, l'alto e il basso, il comico e il tragico."
Bar Sport, Stefano BenniNon foss'altro che per la Luisona.
(1. Continua)