Il ricordo rivive attraverso i libri. Dimenticare la nostra storia è un rifiuto del nostro passato e di noi stessi. Conoscere e trasmettere le esperienze, i racconti di chi ha vissuto la storia dell'Olocausto è un dovere di noi lettori (e di tutti) che non deve arrendersi al negazionismo. La cultura deve farsi carico della necessità di diffondere il sapere, attraverso le nuove generazioni, affinché in esse non si sopisca il ricordo tramandato da chi quelle esperienze le ha provate sul corpo e nell'anima. Anzi, che rifiorisca il ricordo, e sia motivo di rabbia e di forza, di coraggio, per lottare contro discriminazioni e violenze. La lettura svolge un ruolo importante in questo, attraverso voci importanti e testimonianze di valore. In questo articolo vedremo quali sono alcune delle letture sull'Olocausto, sul nazismo, sui campi di concentramento, sulle violenze subite, e sulle storie di sopravvissuti.
Diario, Anne Frank
Quando Anne inizia il suo diario, nel giugno
1942, ha appena compiuto tredici anni. Poche pagine, e all'immagine
della scuola, dei compagni e di amori più o meno immaginari, si
sostituisce la storia della lunga clandestinità: giornate passate a
pelare patate, recitare poesie, leggere, scrivere, litigare, aspettare,
temere il peggio. "Vedo noi otto nell'alloggio segreto come se fossimo
un pezzetto di cielo azzurro circondati da nubi nere di pioggia", ha il
coraggio di scrivere Anne. Obbedendo a una sicura vocazione di
scrittrice, Anne ha voluto e saputo lasciare testimonianza di sé e
dell'esperienza degli altri clandestini. La prima edizione del Diario
subì tuttavia non pochi tagli, ritocchi, variazioni. Ora il testo è
stato restituito alla sua integrità originale, e ci consegna un'immagine
nuova: quella di una ragazza vera e viva, ironica, passionale,
irriverente, animata da un'allegra voglia di vivere, già adulta nelle
sue riflessioni. Questa edizione, a cura di Frediano Sessi - ora
arricchita di una nuova prefazione di Eraldo Affinati - offre anche una
ricostruzione degli ultimi mesi della vita di Anne e della sorella
Margot, sulla base di testimonianze e documenti raccolti in questi anni.
Essere senza destino, Imre Kertész
Gyurka non ha ancora compiuto quindici anni,
quando una sera deve salutare il padre costretto a partire per
l'Arbeitsdienst. Alla domanda perché agli ebrei venga riservato un
simile trattamento, il ragazzo rifiuta di condividere la risposta
religiosa, "questo è il volere di Dio". Perché dovrebbe esserci un senso
in tutto questo? Poco dopo Gyurka viene arruolato al lavoro forzato
presso la Shell, e da lì, un giorno, senza spiegazione, viene costretto a
partire per la Germania. La voglia di crescere, di vedere e imparare,
l'impulso vitale di questo ragazzo sono così marcati e prorompenti, che
la sua "ratio" trova sempre una buona ragione perché le cose avvengano
proprio in quel modo e non in un altro.
Auschwitz spiegato a mia figlia, Annette Wieviorka
Perché i nazisti spesero tante energie per
sterminare milioni di uomini, donne e bambini, soltanto perché erano
ebrei? Perché Hitler riteneva gli ebrei la maggior minaccia per il Terzo
Reich? Chi sapeva quello che succedeva e chi poteva fare qualche cosa?
Perché gli ebrei non hanno opposto resistenza? Annette Wieviorka
risponde alle domande di sua figlia Mathilde su Auschwitz e la
distruzione degli ebrei d'Europa. Domande crude e dirette che esprimono
l'incredulità di chi non può concepire l'assurda tragedia dei lager
nazisti.
Se questo è un uomo, Primo Levi Primo Levi, reduce da Auschwitz, pubblicò "Se questo è un uomo" nel 1947. Einaudi lo accolse nel 1958 nei "Saggi" e da allora viene continuamente ristampato ed è stato tradotto in tutto il mondo. Testimonianza sconvolgente sull'inferno dei Lager, libro della dignità e dell'abiezione dell'uomo di fronte allo sterminio di massa, "Se questo è un uomo" è un capolavoro letterario di una misura, di una compostezza già classiche. È un'analisi fondamentale della composizione e della storia del Lager, ovvero dell'umiliazione, dell'offesa, della degradazione dell'uomo, prima ancora della sua soppressione nello sterminio. Di Primo Levi anche La tregua e Se non ora, quando?
Il piccolo acrobata, Raymond Gureme e Isabelle ligner
Raymond ha imparato a stare in equilibrio
prima ancora che a camminare. I suoi genitori, gitani francesi, erano
circensi, e il pubblico impazziva per il numero del piccolo acrobata.
Negli anni Trenta, quando la maggior parte dei suoi connazionali non
sapeva né leggere né scrivere, viveva in case spoglie e non si spostava,
Raymond aveva una carovana con l'acqua calda dai rubinetti, conosceva
tutte le regioni e sapeva leggere. Suo padre aveva combattuto per la
Francia durante la Grande Guerra, ed era grazie a lui che nelle località
più sperdute erano arrivati i film di Charlot. Il mondo di Raymond
finisce il 4 ottobre 1940, quando all'alba si presentano delle guardie
che trascinano via lui e tutta la famiglia. Senza una spiegazione, come
fossero delinquenti. Vengono portati in un autodromo, trasformato in
centro di detenzione. Lì, insieme a centinaia di altri gitani, vengono
privati dei loro averi e lasciati a patire fame, freddo, angherie.
Costretti, pur denutriti e senza forze, a ripulire dalle erbacce la
pista perché i tedeschi possano divertirsi a gareggiare. Ma il calvario è
solo all'inizio. Raymond sarà deportato ai lavori forzati in Germania e
vedrà da vicino la Shoah degli zingari, non meno feroce di quella
riservata agli ebrei. Separato dai suoi, a soli quindici anni dovrà
ricorrere alle doti di equilibrismo imparate da bambino per
sopravvivere. E attingere al carattere ereditato dalla sua gente, che lo
spinge a inseguire la libertà. Sempre e a qualunque costo.
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