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Le mie vacanze sono finite ormai da una settimana e già le rimpiango. Avrei voluto riprendere prima la mia attività di blogger, ma le irrimandabili necessità lavorative mi hanno afferrato subito per i co##ioni e, in men che non si dica, eccomi scaraventato su un aereo per Francoforte: una trasferta che più che una trasferta è stata un’odissea, tra prenotazioni sbagliate e voli cancellati. Ma lasciamo stare: eccomi di nuovo qua a scribacchiare qualcosa e rompere il silenzio che, a memoria, non è mai stato così prolungato su questo blog.Dicevo prima a che a Karpathos non c’era molto da fare se non starsene sdraiato al sole. Verissimo. Ma è vero anche che la spiaggia è un buon posto dove potersi dedicare in santa pace alla lettura di un bel libro, attività che nel corso dell’anno non riesco a portare avanti come vorrei. Questo post vuole essere così una breve rassegna delle mie letture estive, una piccola presentazione che, quando magari andrò a rileggerla tra qualche mese, mi aiuterà a rituffami nel clima vacanziero ormai perduto.Un giorno, chissà, qualcuno di questi libri lo potreste trovare sviscerato meglio sotto forma di recensione qui sul blog. Per il momento però cercherò solo di condensare in poche righe le immagini ancora fresche della mia memoria.
Partiamo da “Gone Girl” di Gillian Flynn: un libro che inevitabilmente inserisco in cima alla lista delle mie letture perché, tra tutti, è quello che ha portato via la maggior parte del mio tempo. Non è stato un libro impegnativo nel senso stretto del termine (si tratta di un thriller, dopotutto), ma la scelta di leggerlo in inglese ha inciso non poco sul tempo di lettura. Se a ciò aggiungiamo il fatto che anche la mia ragazza ha deciso di leggerlo contemporaneamente a me, sottraendomelo di continuo, approfittando di ogni mia minima distrazione, ecco che un libro di 450 pagine ha necessitato di una settimana intera per essere portato a termine. È stato tuttavia piacevole l’esperimento di leggere lo stesso libro negli stessi giorni, portarlo avanti assieme, l’uno attendendo l’altro per non lasciarlo troppo indietro e poter discutere dei progressi la sera a cena. Solo qualche settimana fa sul blog di Ariano Geta lasciai un commento dicendo che non avevo mai partecipato ad un “Gruppo di lettura” ma, in realtà, senza rendermene conto, lo stavo facendo proprio in quel momento (anche se il gruppo era molto ristretto).Ad ogni modo, di cosa parla “Gone Girl”? O meglio, di cosa parla “L’amore bugiardo” come è stato interpretato da Rizzoli nella traduzione italiana? Riporto qui di seguito la sinossi così come la trovo sul sito dell'editore: “Amy e Nick si incontrano a una festa in una gelida sera di gennaio. Uno scambio di sguardi ed è subito amore. Lui la conquista con il sorriso sornione, l’accento ondulato del Missouri, il fisico statuario. Lei è la ragazza perfetta, bella, spigliata, battuta pronta, il tipo che non si preoccupa se bevi una birra di troppo con gli amici. Sono felici, innamorati, pieni di futuro. Qualche anno dopo però tutto è cambiato. Da Brooklyn a North Carthage, Missouri. Da giovani professionisti in carriera a coppia alla deriva. Amy e Nick hanno perso il lavoro e sono stati costretti a reinventarsi: lui proprietario del bar di quartiere accanto alla sorella Margo, lei casalinga in una città di provincia anonima e sperduta. Fino a che, la mattina del loro quinto anniversario, Amy scompare. È in quel momento, con le tracce di sangue e i segni di colluttazione a sfregiare la simmetria del salotto, che la vera storia del matrimonio di Amy e Nick ha inizio. Che fine ha fatto Amy? Quale segreto nasconde il diario che teneva con tanta cura? Chi è davvero Nick Dunne? Un marito devoto schiacciato dall’angoscia, o un cinico mentitore e violento, forse addirittura un assassino? Raccontato dalle voci alternate di Nick e Amy, L’amore bugiardo è una vertiginosa incursione nel lato oscuro del matrimonio. Un thriller costruito su una serie di rovesciamenti e colpi di scena che costringerà il lettore a chiedersi se davvero sia possibile conoscere la persona che gli dorme accanto.”
Avevo scoperto Gillian Flynn già qualche anno fa con il suo secondo romanzo “Dark Places” (in italiano “Nei luoghi oscuri”). Ne fui talmente coinvolto che non esitai a recensirlo qui nell’allora neonato blog “Obsidian Mirror”. Già in quell’occasione scrissi che “Raramente mi capita di non riuscire a staccare gli occhi da un libro. Questo è uno di quei casi. E’ praticamente impossibile smettere di leggere.. un capitolo tira l’altro come i frollini a colazione“. Oggi non posso che confermare la sensazione che provai allora. C’è qualcosa di indefinibilmente attraente nel suo modo di scrivere ed è per questo che ho scelto di leggere in lingua originale tutti i suoi romanzi, a partire dal suo libro di esordio “Sharp Object” (in italiano “Sulla pelle”) fino a quest’ultimo “Gone Girl”. Leggere in inglese, per quanto possa essere impegnativo, mi permette di ritrovare ogni volta la Gillian Flynn che adoro. Ho paura che una traduzione, per quanto ben fatta, possa privarmi di quell’ingrediente segreto che ormai ho imparato a riconoscere tra le righe dei suoi romanzi.Con quasi due milioni di copie vendute in pochi mesi nei soli Stati Uniti, “Gone Girl” è diventato il caso editoriale dell’anno e tra pochi mesi diventerà un film prodotto da Reese Witherspoon, diretto da David Fincher e con Ben Affleck nel ruolo del protagonista.
Passiamo oltre: il libro successivo è “Il senso di una fine” dell’autore inglese Julian Barnes. Tecnicamente questo non è un libro “delle vacanze”, visto che lo avevo cominciato qualche giorno prima della mia partenza. La sua relativa brevità e la capacità dell’autore di coinvolgere il lettore mi avevano quasi “costretto” a portarlo a termine rapidamente, rendendo alla fine superflua la sua presenza nella valigia. La trama come la leggo nella quarta di copertina: “Tony Webster è un uomo senza qualità. Negli studi e nel lavoro, nei sentimenti e, c'è da scommetterci, anche nel sesso. Ma la lettera con cui un avvocato gli annuncia il lascito di cinquecento sterline e di un diario proveniente dal passato scuote il fondo limaccioso della sua esistenza. Tony deve ora scoprire chi gli ha destinato quell'ingombrante eredità e perché ha scelto proprio lui, e quale segreto rabbiosamente custodito quel diario potrebbe rivelare. Nel porsi queste domande, s'imbatterà in risposte che avrebbe preferito non conoscere e dovrà imparare a sue spese che «la nostra vita non è la nostra vita, ma solo la storia che ne abbiamo raccontato”.Un romanzo assolutamente superbo. Una narrazione liscia e coinvolgente. Un protagonista in cui è facile immedesimarsi, seppur con tutti i suoi difetti. Un uomo ormai anziano che si ritrova a dover fare i conti con quanto ha seminato nel corso di un’intera esistenza. La ricerca del passato, il tentativo di far luce su ciò che la memoria ingannevole tende a rimuovere. “Un percorso a ritroso nelle zone d'ombra della vita, con i suoi dolori inesplorati e i suoi segreti, diventa così riflessione sulla fallacia della storia, «quella certezza che prende consistenza là dove le imperfezioni della memoria incontrano le inadeguatezze della documentazione», secondo il geniale amico dei tempi del liceo, Adrian Finn”.Un romanzo che mi sentirei di consigliare a tutti, soprattutto a chi è già ampiamente entrato negli “anta” e, come me, sta ancora cercando di capire il significato di tutte le cose.
Se, come dicevo prima, “Il senso di una fine” non è tecnicamente un libro “delle vacanze”, il terzo libro di cui vi parlerò oggi non è propriamente quel che si dice un libro “da vacanza”. Nel senso che non è un romanzo e non offre nulla che può sposarsi bene con una fetta di melone o con un cuba libre sorseggiato sotto l’ombrellone. Questo “Il buio oltre lo schermo” di Riccardo Strada (sottotitolo: gli archetipi del cinema di paura) è quel che si potrebbe definire un saggio, anche se il termine in questo caso suona un attimino improprio. Riporto qui di seguito la presentazione che diverse librerie on-line riportano: “Il volume indaga il profondo legame tra psicoanalisi e cinema, mostrando come il cinema possa essere un mezzo fortemente rappresentativo delle paure e degli stati d'animo del singolo e della collettività e analizzando, da un punto di vista psicologico-psicoanalitico, ma anche da quello più strettamente visivo, le motivazioni profonde dello scaturire del sentimento della paura e dell'orrore. Dopo aver preso in esame le principali figure nel cinema horror e aver esplorato i diversi aspetti che ne motivano l'enorme presa sul pubblico, il libro mostra la serietà con cui questa "moderna forma d'arte" riesca a farsi portavoce di uno dei sentimenti e degli stati d'animo più complessi dell'essere umano: la paura.”Un libro scritto da uno psicologo, quindi, ma soprattutto da un appassionato di cinema. E come potrebbe quindi non essere interessante leggere l’opinione di chi condivide la tua stessa passione? Personalmente cerco di parlare qui sul blog dei film che mi capita di vedere, cercando nei limiti delle mie capacità analitiche di non limitarmi alla superficie delle cose, ma leggere ciò che di cinema scrive un esperto di psicanalisi, lasciatemelo dire, spalanca porte inimmaginabili. Peccato solo che l’analisi di Riccardo Strada si sia fermata solo al cinema hollywoodiano (e ad un breve excursus sul cinema italiano dei vari Bava, Argento e Avati), ma capisco che esplorare le realtà di altri paesi sarebbe stata un’impresa titanica che, in un certo senso, avrebbe reso vano lo sforzo dell’autore di rimanere entro i confini di una passione personale. Una nota a margine: di questo libro ringrazio la mia collega blogger Manuela Bonci del “Cinemanu”, che me ne ha suggerito la lettura in suo post di qualche mese fa.
Questo è tutto per oggi. Pensate che la rassegna di libri estivi sia finita? Ebbene no. Oggi si conclude solo la prima parte. Tra pochi giorni riprenderò questa piccola rassegna dei miei libri estivi. E voi? C’è qualcuno di questi libri che potrebbe ispirarvi al punto da trovare spazio nella vostra valigia? Quali altri libri, se non questi, avete già individuato essere i vostri compagni di vacanza?CONTINUA
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