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I limiti delle parole, dei muri, delle sbarre

Creato il 20 febbraio 2012 da Nicola Mente
I limiti delle parole, dei muri, delle sbarre

Da bambino, quando la mia curiosità si scontrava con le parole, quando la mia immaginazione frenava di fronte a un muro che mi impediva di scorgere l’orizzonte, ero solito rimandare a mio padre quell’aiuto necessario a superare la cinta.

«Papà, cosa vuol dire *****?»
«Vai a controllare sul dizionario» ripeteva sempre.

Ricordo come se fosse ieri il fastidio provocatomi da quell’apparente ignavia. Dopo anni, capii che il suo atteggiamento non era dettato da una scarsa volontà, né da un poco interesse nei confronti delle mie domande da piccolo esploratore. Il suo era una carezza incoraggiante, una forza gentilmente donatami che mi consentiva sempre di addentrarmi nella foresta inesplorata, senza avere timore del buio. Mio padre evitava di incarnare il ruolo di insegnante, semplicemente perché riconosceva la sua inutilità. Mi aiutava in sostanza ad affrontare da solo quelle strane alchimie che scaturiscono dalle parole, dal loro significato, dal loro significante, dal loro assordante silenzio. Senza guinzagli, senza iniezioni indotte di conoscenza surrogata da altre coscienze, da altre esperienze, da altre consumate opinioni. Una corsa libera, uno sguardo brado e selvaggio.
«Papà, cosa vuol dire “pericoloso”?»
In una curiosa simulazione mentale, fingo per un attimo di ritornare bambino.
«Vai a controllare sul dizionario»
E allora, un po’ sbuffante, corro in camera e apro il librone:

«pericoloso[pe-ri-co-ló-so] agg.

1 Che comporta dei pericoli, dei rischi SIN rischioso: situazione, curva p.; è p. sporgersi || gioco p., nel calcio, azione fallosa di chi entra a gamba tesa o a piedi uniti sull’avversario

2 Di individuo che costituisce un potenziale rischio per la comunità: un p. criminale; anche, di animale il cui attacco può avere esito letale: un rettile molto p.

3 estens. Che può essere fonte di problemi, di dispiaceri, di delusioni».

Carcere Svuotacarceri

Ecco, se fossi bambino, mi soffermerei sul terzo significato: «che può essere fonte di problemi, di dispiaceri, di delusioni». Ritornando adulto, per pochi minuti, penserei al concetto di “pericoloso” coniato dalla società. Il soggetto pericoloso si intreccia con il concetto di legalità, di punibilità, di reato e di reazione allo stesso. Ma come? Se “pericoloso” è colui «che può essere fonte di problemi, di dispiaceri e di delusioni», non siamo, in fondo, tutti individui pericolosi per noi stessi? E allora, che bisogno c’è di punire la pericolosità con altra pericolosità? Non sarebbe sufficiente aiutare chi è pericoloso a capire di non continuare ad essere fonte di problemi, di dispiaceri e di delusioni, in primo luogo per se stesso, e poi per gli altri?
Da bambino ad adulto, e da adulto nuovamente bambino, per girare il quesito a mio padre. Chissà cosa mi risponderebbe, chissà se si renderebbe conto dell’impossibilità e dei limiti delle parole.

Forse  il suo obiettivo era teso proprio a farmi scoprire questo arcano: non tutto può essere spiegato con un dizionario, o in un codice legislativo. Lì c’è soltanto il nero e il bianco. Il mondo, invece, ha un’infinità di sfumature.



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