Mi ricordo di quando, all'inizio della nostra storia, spedì a farsi un giro, tutti quelli che dicevano che eravamo una coppia proprio mal assortita, di quella sera che davanti al camino acceso mi raccontò, piangendo, un pezzo di vita segreta, di quel compleanno di tanti anni fa, in cui si chinò ai miei piedi per aiutarmi a indossare il più bel paio d’infradito che avessi mai visto, e di quando mi strinse la mano mentre mio padre se ne stavo andando. Ha ascoltato i miei silenzi e si è tirato indietro per far spazio al mio dolore. Mi ricordo di quando si commosse di fronte alla nascita di mio nipote e di tutte le volte in cui mi ha detto "Stronza”, ma intendeva "Ti amo". Mi ricordo la mattina di un 18 luglio quando, dal fondo delle scale, mi urlò "Sbrigati, siamo in ritardo" e mezz'ora dopo m’infilava una vera al dito, gridando un "si" che scoppiò in un applauso. Di quando ha tremato mentre davo alla luce i suoi figli e di tutte le volte che mi ha ringraziato per averlo reso padre. Lui che non si lamenta mai di fronte a un piatto di pasta scondito e che racconta a tutti che "come cucina mia moglie nessuno mai", che esce molto prima dell'alba e rientra dopo il tramonto, che ha riposto molti sogni nel cassetto ma l'ha fatto senza rimpianti e che comunque ha preso la vita per le corna e l'ha portata dove voleva lui. Che mi guarda e sembra vedere la meraviglia più grande del mondo e che quando scarterà questo banalissimo pacco che tengo in mano e con dentro il regalo più scontato che ci sia, mi sussurrerà piano come fa da 14 anni ormai, "I love you baby" e balleremo stretti la nostra canzone.
Mi ricordo di quando, all'inizio della nostra storia, spedì a farsi un giro, tutti quelli che dicevano che eravamo una coppia proprio mal assortita, di quella sera che davanti al camino acceso mi raccontò, piangendo, un pezzo di vita segreta, di quel compleanno di tanti anni fa, in cui si chinò ai miei piedi per aiutarmi a indossare il più bel paio d’infradito che avessi mai visto, e di quando mi strinse la mano mentre mio padre se ne stavo andando. Ha ascoltato i miei silenzi e si è tirato indietro per far spazio al mio dolore. Mi ricordo di quando si commosse di fronte alla nascita di mio nipote e di tutte le volte in cui mi ha detto "Stronza”, ma intendeva "Ti amo". Mi ricordo la mattina di un 18 luglio quando, dal fondo delle scale, mi urlò "Sbrigati, siamo in ritardo" e mezz'ora dopo m’infilava una vera al dito, gridando un "si" che scoppiò in un applauso. Di quando ha tremato mentre davo alla luce i suoi figli e di tutte le volte che mi ha ringraziato per averlo reso padre. Lui che non si lamenta mai di fronte a un piatto di pasta scondito e che racconta a tutti che "come cucina mia moglie nessuno mai", che esce molto prima dell'alba e rientra dopo il tramonto, che ha riposto molti sogni nel cassetto ma l'ha fatto senza rimpianti e che comunque ha preso la vita per le corna e l'ha portata dove voleva lui. Che mi guarda e sembra vedere la meraviglia più grande del mondo e che quando scarterà questo banalissimo pacco che tengo in mano e con dentro il regalo più scontato che ci sia, mi sussurrerà piano come fa da 14 anni ormai, "I love you baby" e balleremo stretti la nostra canzone.
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