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I'm Flash! (id.). Regia, soggetto e sceneggiatura: Toyoda Toshiaki. Fotografia: Shigemori Toyotarō. Scenografia: Harada Mitsuo. Montaggio: Murakami Masaki. Interpreti: Fujiwara Tatsuya, Matsuda Ryuhei, Mizuhara Kiko, Nagano Shigeru, Nagayama Kento, Itao Itsuji, Harada Mayu, Kitamura Yukiya. Produzione: Studio Three. Durata: 91' - Uscita nelle sale giapponesi: 1 settembre 2012.Link: Sito ufficiale - Mark Schilling (Japan Times) L'argomento delle sette religiose non è una novità nel panorama cinematografico giapponese, basti ricordare, per restare nel passato recente, un'opera che in qualche modo definisce gli anni zero nipponici come Love Exposure di Sono Sion. Con I'm Flash! però partiamo da altri presupposti. Toyoda usa infatti il tema delle sette religiose per andare a parlare di altro, anche se fondamentalmente questo "altro" è il senso delle nostre stesse vite e dei loro contenuti, che spesso tali gruppi sfruttano e attraverso i quali attirano le folle.I'm Flash! parla di vita e di morte, dell'atto del credere, di unione, quasi metafisica, con l'altro ma lo fa grazie alla potenza visiva delle sue immagini, anche se la parola ha la sua importanza durante tutto il film. È qui che il regista continua ad ammaliare il suo pubblico, con quella sua capacità di sublimare le storie attraverso le immagini. Vale la pena ricordare la sua testardaggine a voler continuare a girare su pellicola in un mondo, quello di certo cinema minore e d'autore giapponese, che oramai ha già scelto la strada del digitale. Uno sforzo che paga e ricompensa e che, grazie alla capacità di Toyoda e dei suoi collaboratori di creare immagini ricche di patos e reminescenze simboliche, fa risaltare per originalità la sua opera nel mare magnum del cinema giapponese contemporaneo. Certo questa tensione compositiva non è sempre costante. I'm Flash! ha dei momenti meno convincenti in cui la narrazione si sfilaccia ma che vengono comunque compensati da tutto il resto, a partire dalle buone prestazioni degli attori, su tutti Mizuhara Kiko nel ruolo della giovane ragazza.Poi c'è la musica. Intenditore e assiduo frequentatore di concerti, Toyoda, in questo suo lavoro fa un uso della musica che davvero lascia il segno e che fin dalle prime battute si incastra davvero bene, soprattutto nelle scene d'azione ed in quelle più lievi, quasi eteree della pesca subacquea. In queste scene viene fuori tutta la potenza simbolica dell'elemento marino: determinante è in questo senso la scelta di ambientare tutta la storia a Okinawa. Il mare è il non luogo, l'utopia o meglio sarebbe dire l'eterotopia che rappresenta un eterno aldilà, costantemente presente però, dove ri-immergersi e mescolarsi. Ma gli elementi simbolici sono ben più vari, da un culto per il teschio e per la morte, immagine che chiude il film dopo i titoli di coda, di reminiscenza quasi messicana, a quello cristiano della pesca, solo per citarne alcuni. Senza rivelare troppo della storia va almeno detto che il finale, tanto per la cavalcante progressione accompagnata da una musica folgorante che farà convergere tre piani narrativi, quanto per l'uso del ralenti alla John Woo prima maniera durante la sparatoria, ma soprattutto per le bellissime immagini di mare trapuntate dal discorso sulla morte del protagonista e della ragazza, vale da solo la visione del film. [Matteo Boscarol]
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