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I'm waiting for the man

Da Allthebeauty
I'm waiting for the manImmagine presa qui.
Premessa: cinque minuti a puntata di Portia De Rossi si valgono quattro serie e i restanti trenta minuti a puntata di Nip/Tuck.
Quest'anno ho visto (sto ancora vedendo, in realtà) Nip/Tuck. Dall'inizio, di seguito, sei serie e una marea di disgustose operazioni chirurgiche, improbabili intrecci sentimentali e tragedie familiari. Ma, si sa, chi ha la dipendenza da telefilm, come me, ha lo stomaco preparato, e così sono andata avanti fino ad inciampare, nella quinta stagione, nella storyline lesbica che non ci poteva far mancare. Ora, nonostante la questione non sia, credo, una novità per nessuno, è un'ottimo spunto di riflessione sul tema:Chi sa, scriva. Chi non sa, legga.Si sente che dietro la penna di Nip/Tuck c'è un uomo, così come si sentiva che dietro la macchina da presa di TheLword c'era una donna, e lesbica, così come si sentiva che dietro la penna di Minchia di re e dietro la macchina da presa di Viola di mare c'erano persone diverse, con sensibilità diverse e diverso orientamento sessuale. Non per fare l'intollerante, per carità, ma c'è qualcosa, una sorta di veridicità, che viene a mancare quando si racconta qualcosa che non si conosce, che non può sfuggire al pubblico. Il principio vale anche al rovescio, ovviamente, ed è il motivo per cui ho iniziato e abbandonato sul comodino tante volte L'Ospite di Sarah Waters: non perché aveva una storia etero (che tristezza sarebbe stata), ma perché era una storia non credibile. Nip/Tuck è scritto da un uomo gay ed è rivolto ad un target di uomini etero. Con queste premesse non poteva che risultare fallocentrico, nelle puntate ordinarie e a maggior ragione nella storyline lesbica, che passa, come c'era da aspettarsi, per le fasi di dubbio, verifica e resa all'Uomo come entità prima e come sex symbol poi (o anche viceversa).Ora mi direte che sono solo una lesbica permalosa e una femminista arrabbiata, e forse avete anche ragione.

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