Purtroppo, però, tutti mettono i pazienti a rischio di DE. Secondo gli studiosi, la disfunzione erettile dopo la radioterapia esterna si presenta nel 65-85% dei pazienti. Chi segue, invece, la brachiterapia, presenta questo problema nel 25-50% dei casi. Alcuni superano questo effetto collaterale col tempo e seguendo delle cure. Uno studio è stato condotto su alcuni gruppi di pazienti, che avevano o meno sviluppato la DE.
Confrontando tra loro i dati ottenuti, sono stati individuati 12 marcatori genetici associati alla disfunzione erettile. Gli attuali trattamenti per il cancro alla prostata offrono tassi elevati di sopravvivenza a lungo termine che permettono ai pazienti ed ai loro medici di scegliere il percorso migliore da seguire. Tuttavia, il rischio di sviluppare la disfunzione erettile dopo un trattamento è molto variabile e ciò suggerisce l’idea che possa esistere una componente genetica in grado di determinare l’insorgenza di questo effetto collaterale.
Sono stati confrontati tra loro, per quattro anni, i pazienti sottoposti a radioterapia interna (brachiterapia), quelli trattati con radioterapia esterna associata a brachiterapia e quelli curati solo con radioterapia esterna. I 12 marcatori individuati erano situati vicino ai geni correlati alla funzione erettile dei pazienti e non alla risposta sviluppata dalle radiazioni. In base a questa scoperta gli studiosi sono giunti ad una conclusione: questi marcatori sono in grado di influenzare i geni responsabili dello sviluppo della disfunzione erettile, questo quando i pazienti vengono sottoposti alle radiazioni.
Ora i ricercatori stanno lavorando per introdurre un test con cui verificare, prima del trattamento, quali pazienti presentino o meno questi marcatori. Inoltre, stanno anche cercando di capire meglio come le radiazioni influenzino l’insorgenza di complicanze urinarie, di proctite e di infiammazione del retto.