La neolingua berlusconiana fa passi da gigante:
non contenta di sfornare vocaboli privi di
qualsiasi attinenza con la realtà, è passata agli
sragionamenti. Un milione di persone, perlopiù
donne, manifestano contro la mignottocrazia? B.
appena sveglio passeggia sul suo scendiletto preferito,
Belpietro, e tuona: “Vergogna, una mobilitazione di
parte, faziosa”. Ora, da che mondo è mondo, le
manifestazioni si fanno pro o contro qualcosa o
qualcuno. Altrimenti si sta a casa. Invece B. le
manifestazioni le vuole bipartisan. Concetto già
espresso dall’autorevole Giletti, a Domenica In, con la
lavata di capo alla cantante Emma che aveva
approfittato della giornata libera da Sanremo per
manifestare a Roma: “Un caso che farà discutere,
perché quella è una manifestazione di un certo tipo,
che va in una certa direzione”. Ecco: le manifestazioni
non devono andare in nessuna direzione. I
manifestanti restino dunque fermi e zitti. Oppure, se
uno grida “Vi va ”, dev’esserci subito un altro che urla
“Abbasso”, e viceversa. Se vuoi dire “mai”, devi
portarti dietro uno che dica “sempre”, altrimenti sei
fazioso. E, come suggerisce Ellekappa, se una donna
dissente dal bungabunga, un’altra deve ballare la lap
dance intorno al palo portatile. Da domani nei bar, se
un fazioso entra e dice “piove ”, il barista dovrà subito
riequilibrarlo per garantire il contraddittorio: “No,
signore, guardi che c’è il sole”. Anche la satira deve
adeguarsi: se Luca e Paolo, a Sanremo, prendono in
giro il capo del governo, ecco subito Mauro Mazza,
direttore di Rai1, intimare di “fare satira
sull’opposizione” (Mazza è lo stesso che nel 2006,
direttore del Tg1, oscurò Il Caimano di Moretti perché,
essendo uscito in campagna elettorale, violava la par
condicio: se ne poteva parlare solo dopo le elezioni,
ma poi non se ne parlò più perché nel frattempo il film
era uscito dalle sale). Se a qualcuno scappa una
barzelletta sui Carabinieri, essa dovrà essere
obbligatoriamente seguita da una sulla Polizia, una
sulla Guardia di finanza, una sulla Forestale e così via. È
il principio dei Masi comunicanti, molto in voga alla
Rai: se dai una notizia, il tuo vicino deve dire che è una
bugia, così la gente non distingue più il vero dal falso.
Tutto diventa opinione, anche la matematica. L’a l t ro
giorno persino il Tg5 ha superato il Tg1, ma per
Minzolingua questa “è polemica politica” e per il
Giornale “l’opposizione strumentalizza la sfida degli
ascolti”. Anche i punti di share sono faziosi. Il fatto è
che ormai è impossibile anche la par condicio fra le
opinioni: con chi nega l’evidenza e applica due pesi e
due misure ad amici e nemici, non c’è più alcun
confronto. Che discussione ci può essere con uno dei
315 deputati che han votato la mozione Paniz, quella
in cui si afferma che B. telefonò in Questura per
scongiurare un incidente con l’Egitto? O con Sallusti, il
quale scrive che il processo a B. per il caso Ruby è “il
primo che si celebra in Italia in assenza di vittime o
parti offese”, quando il gip indica nel rinvio a giudizio
cinque parti offese (Ruby, tre funzionari della
Questura e il ministero dell’Interno)? Quando c’è di
mezzo B., l’alto numero dei processi subìti è la prova
della persecuzione (anche se lui cominciò a dirsi
perseguitato al primo processo). Intanto Luca Delfino,
già condannato a 16 anni in tribunale per l’omicidio di
una sua ex fidanzata, viene assolto nel secondo
processo dall’accusa di avere sgozzato un’altra ex. Il
Giornale correttamente fa notare che non è
un’assoluzione piena: la formula dell’articolo 530
comma 2 “comprende l’antica insufficienza di prove”.
È la stessa formula con cui B. fu assolto in Cassazione
per le tangenti Fininvest alla Finanza. Solo che stavolta
il Giornale titola: “Killer assolto, in rivolta i parenti delle
vittime”. Per B. invece non titolò: “Corruttore assolto,
in rivolta gli italiani onesti”. Ma: “B. assolto, è
innocente non corruppe la Guardia di finanza”.
Dunque anche le sentenze diventano un’opinione:
dipende da chi è l’imputato.