Normalmente, quando un metallo viene deformato, sia che si tratti della portiera di un’auto o del foglio di alluminio per alimenti, il suo cambiamento di forma diviene permanente e per farlo tornare alla forma originaria è necessario rilavorarlo a caldo o con ripressatura.
Una lega a memoria di forma (LMF) in inglese Shape Memory Alloys (SMA), è invece una lega metallica speciale che tiene memoria della sua forma originale e, anche se viene deformata, ritorna nuovamente alla sua forma programmata, quando viene successivamente riscaldata.
Questa caratteristica particolare ha portato l’industria ad interessarsi molto proficuamente a questi materiali.
I primi ricercatori ad accorgersi del fenomeno furono Chang e Read quando nel 1932, analizzando una lega di oro e cadmio, notarono che il materiale era facilmente deformabile fino a una certa temperatura, superata questa, subiva una modifica della struttura cristallina e la conseguente riacquisizione della forma originaria.
Nel 1963 anche William Buehler osservò una caratteristica simile in una lega nichel-titanio (poi ribattezzata Nitinol).
Successivamente, la ricerca scientifica sulle LMF fu ampliata, estendola anche ad altre leghe del rame, del ferro e dell’alluminio.
Anche Taher A. Saif, Jagannathan Rajagopalan e Jong H. Han dell’Università dell’Illinois, studiando questo fenomeno, scoprirono che, conferendo al metallo una particolare microstruttura, questo si trasformava in un materiale a memoria di forma. Nella loro ampia ricerca hanno testato molti materiali tra anche quali alluminio e oro fino allo spessore di 200 nanometri. Saif dice: “In realtà non importa il tipo di metallo con cui si ha a che fare. Ciò che importa sono la dimensione dei granuli nella microstruttura cristallina e la distribuzione di tali grandezze“.
Solitamente questi granuli hanno una dimensione che varia da un terzo alla metà dello spessore del film; se sono uniformemente piccoli, quando il metallo diventa fragile tende a spezzarsi nel ripiegamento, mentre se sono uniformemente grandi resta nella posizione di ripiegatura. Se però si bilancia la distribuzione dei granuli di varia grandezza, sottoponendo a tensione il metallo si ottengono variazioni nella microstruttura che portano a una deformazione plastica dei granuli più grandi, mentre quelli più piccoli vengono compressi come una molla.
Successivamente questa energia così accumulata viene rilasciata lentamente, costringendo i granuli più grandi a tornare nella posizione di partenza in un processo che può essere accelerato sfruttando una fonte moderata di calore.
Gli studi sono ancora aperti e, via via che le tecnologie si evolvono, anche i materiali acquisiscono caratteristiche sempre più interessanti; ad oggi l’industria sta facendo enormi passi in avanti verso dispositivi ed attuatori sempre più compatti e leggeri adatti ad integrarsi con le moderne micro tecnologie di oggi.
Ormai dispositivi SMA li troviamo ovunque: dalla microcamera dei telefonini (per regolare fuoco, stabilizzazione e zoom), nei sistemi termostatici dei rubinetti domestici, nella medicina, in ortodozia e in molte altre branche ed applicazioni ove serva compattezza e semplificazione progettuale.
I polimeri a memoria di forma
Sono allo studio anche particolari polimeri plastici (SMP) dalle caratteristiche simili ed effetti ancora più pronunciati rispetto ai metalli.
Mentre infatti le leghe metalliche offrono un limitato recupero della deformazione impartita (inferiore all’8%), costi più elevati e una temperatura di transizione sostanzialmente invariabile, ipolimeri a memoria di forma hanno destato un’attenzione sempre crescente. Rispetto alle SMA essi presentano deformazioni molto più importanti (100-300%) ed un più ampio panorama di proprietà meccaniche. Oltre ad essere poco costosi (in quanto semplici materie plastiche), leggeri e facilmente processabili, sono potenzialmente biocompatibili e biodegradabili.
I primi studi relativi a SMP risalgono agli anni ’40, tuttavia fino agli anni ’80 non si è sviluppato grande interesse al riguardo. Gli SMP sono stati sviluppati per la prima volta da CDF Chimie Company (in Francia) nel 1984 con il marchio Polynorbornene. Da quegli anni è stata condotta molta di ricerca e sviluppo a vari livelli, che ha portato ad una crescita esponenziale delle pubblicazioni scientifiche al riguardo, dando origine a diverse tipologie di polimeri che hanno effetto di memoria di forma.
Essi rappresentano una classe emergente di polimeri con applicazioni che spaziano in moltissime aree.
Per citare alcuni esempi possiamo parlare di tessuti intelligenti, guaine termorestringibili per l’elettronica, film per imballagi, dispositivi medicali intelligenti, apparecchi per la chirurgia non invasiva, prodotti auto-assemblanti, ecc.
Si tratta di esempi che coprono solo un piccolo numero di possibili applicazioni della tecnologia a memoria di forma, che in realtà dimostra un elevatissimo potenziale applicativo in moltissimi altri settori.
I polimeri a memoria di forma sono materiali tendenzialmente ‘dual-shape’ e possono variare da una forma A ad una forma B.
La forma A è una forma temporanea, ottenuta per deformazione meccanica del materiale e e seguente fissazione dello stato (l’effetto di memoria di forma, infatti, non è una proprietà intrinseca dei polimeri: esso risulta da una combinazione fra la morfologia del polimero ed i processi effettuati su di esso).
La forma B è la forma di ritorno (quella permanente), che il polimero recupera se sottoposto ad uno stimolo esterno. Lo stimolo può essere una variazione di temperatura, una luce IR, UV, dei campi elettrici, campi magnetici alternati o immersione in acqua (questi ultimi ancora in studio).
Risulta chiaro però che questi stimoli ampliano il potenziale di applicazione di questi materiali, rendendoli impiegabili, ad esempio, laddove è difficile o impossibile agire sulla sola temperatura.
Ai più interessati offriamo di seguito alcuni filmati chiarificatori.
Saluti
Un altro filmato chiarificatore, più tecnico, potrà essere visualizzato in questa pagina