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I Messapi

Creato il 25 ottobre 2013 da Cultura Salentina

25 ottobre 2013 di Augusto Benemeglio

INTERVISTA A UN ARCHEOLOGO SALENTINO: FRANCESCO D’ANDRIA

I Messapi

La Magna Grecia e la Messapia (da Wikipedia)

Conosce la favola di “ Anxa, la fanciulla del torrente”,  professore?

“Certamente. Lei parla de “L’Isola della Luce”, una favola poetica, bella e rasserenante, che fa  leva, come tutte le favole, sul sogno e sulla fantasia,  quindi va bene  ed è molto dolce pensare che Anxa   (forse la prima denominazione messapica di Gallipoli)   fosse una  fanciulla sacra  agli dèi che aveva preso dimora nel torrente di Alixias (l’attuale Alezio)  e fu poi rapita da un viandante misterioso, lo stesso che poi avrebbe fondato  Gallipoli. Magari a quel tempo il torrente  era qualcosa di più,  un  bel fiume, perché come lei saprà certamente il Salento era  ricco di vegetazione e di acque. Con le favole si  può costruire un mondo alato,  poetico,  ma noi archeologi dobbiamo invece portare delle prove certe, ruderi,  reperti che ritessano la storia vera dei messapi e degli altri popoli antichi che si stanziarono nel Salento, che non è solo la terra  del barocco, spiagge, sole e mare, ma anche un enorme, eccezionale deposito archeologico, che potrebbe rappresentare una grande risorsa turistica Non va dimenticato infatti che il Salento è stato crocevia delle più grandi civiltà e ha un grande patrimonio archeologico e in particolare proprio le aree messapiche  sono una vera ricchezza. Ma bisogna tutelarle, perché è un patrimonio che appartiene a tutta l’umanità, non solo a noi. E oggi non è così, purtroppo”

2. Lei  pensa davvero  che ai turisti interessi il patrimonio archeologico? Si vede che è molto ottimista, professore. Io credo onestamente che   i turisti vengano nel Salento solo per il cielo, il sole,  il  mare,  l’olio buono,  la cucina  semplice  e per i buono prezzi  (questo prima forse, non più ora). Dell’archeologia non  interesse nulla a nessuno, o quasi. 

“ Io non credo che sia  proprio così. Ma il fatto  lo sa qual è, caro amico? E’ che i turisti arrivano qui, nel vecchio Sallentum, ma non sanno neppure che esiste un patrimonio archeologico. Prendono quello che vedono, quello che gli viene offerto, che è solo la parte emersa dell’iceberg. Quei pochissimi che sono informati chiedono pure, cercano, ma  invece di mura  e resti di templi  che trovano? Orrende costruzioni abusive, veri e  propri scempi, sporcizia ed erbacce, che mi fanno vergognare e indignare allo stesso tempo, ecco quello che trovano.

Scusi, professore. Ci vuole svelare il segreto dei messapi, questo popolo di cui parla  perfino Erodoto;  dicono che venissero  da Creta e approdarono per caso  nel Salento nell’ottavo o nono secolo avanti Cristo?  E’ vero? Chi erano in realtà questi messapi ?”

“ Lei, da buon letterato, si rifà alla leggenda e alla poesia, e in questo caso  purtroppo, devo dire, ha  (ahimè!)  ragione, perché le tessere del mosaico non consentono di formare un rigoroso quadro storico. Ma faccia mente locale, provi a tornare indietro, all’inizio del  IX secolo avanti Cristo, e troverà un Salento assai diverso da questo; c’era una vegetazione straordinariamente rigogliosa, c’erano torrenti e fiumi e un mare ancora più vasto bello e selvaggio. Ebbene i messapi approdarono qui in quell’epoca e vi si stanziarono, forse convissero e si fusero con le popolazioni aborigene e ci rimasero fino alla meta del  II° secolo dopo Cristo, quando furono cancellati dalla furia dei romani, fu un genocidio, probabilmente, come è accaduto con i pellerossa americani. Ma in quegli undici secoli in cui rimasero nel Salento si sviluppò una civiltà progredita e raffinata, civiltà che probabilmente era estranea sia al mondo greco che a quello romano. Questa civiltà diede vita a una lingua e a tradizioni assolutamente unici nell’età antica, che non siamo ancora  in grado di decifrare. Vede, come ha scritto Mommsen, il Salento può essere paragonato a una sorta di palinsesto in cui, cancellando ciò che sta scritto sopra, si riesce a leggere ciò che prima era scritto sotto”

“Ma chi erano i messapi? Qualcuno ha scritto una serie di libri sui “Leoni di Messapia”. Erano dei guerrieri?

“Sappiamo che erano pastori, ma anche straordinari domatori di cavalli; in realtà erano un popolo pacifico, ma che sapeva battersi con molto coraggio, se necessario. Il territorio da loro abitato costituiva un triangolo: i tre vertici erano Egnazia, sulla costa tra Brindisi e Bari, Taranto e il Capo di Leuca. Ma messapi erano anche a Cavallino – l’antico centro che venne distrutto nella prima metà del V secolo a.c., lasciando intatte le testimonianze della civiltà messapica arcaica: le mura antiche”.

Come si possono recuperare  le mura megalitiche di Cavallino o quelle di Manduria?

“E’ praticamente facilissimo e impossibile allo stesso tempo”.

Perché?

“Bisognerebbe buttare a terra tutte quelle orrende costruzioni abusive che sopra vi sono sorte e hanno brutalizzato la civiltà salentina. Allora avremo anche noi una piccola Pompei a pochi chilometri a sud di Lecce. Purtroppo le mura messapiche antiche di Cavallino sono prigioniere – non del tempo –  ma delle pastoie burocratiche”.

Dove si trovano le perle dell’archeologia salentina?

“A Vaste, l’antica Basta, c’è ancora una necropoli  situata a ridosso di Poggiardo. E ad Egnazia, l’antico porto messapico, sulla costa adriatica, ci sono aree attrezzate, possono già ora accogliere i turisti. Vanno aggiunti il museo di Taranto, le mura messapiche di Manduria risalenti al V secolo avanti cristo, mura che erano alte fino a sette metri ed erano protette da profondi fossati scavati nella roccia.  Poi i vasi di Oria, che  era l’antica capitale del territorio messapico per la sua posizione medianica tra l’Adriatico e lo Jonio. Sull’antica acropoli sorgeva un tempio dorico come quello di Agrigento ma è rimasto solo il capitello nel cortile del vescovado  con trozzelle e appunto i vasi, originalissimi con manici dalle forme inconsuete. Poi vanno ricordate le colonne di Brindisi, che erano al termine della gloriosa via Appia, gioielli dell’antichità, simbolo di espansione di  Roma verso oriente. E naturalmente i teatri di Lecce, in primis il restaurato anfiteatro di  Augusto, che poteva contenere fino a 15 mila spettatori e veniva utilizzato a quel tempo con leoni e gladiatori. Interessanti anche le  strade di Roca, dov’era un insediamento messapico del VI secolo avanti Cristo  e tratti di mura e di ruderi di porte di accesso. Da non dimenticare la necropoli di Monte Elia con circa 70 tombe e le ricchissime epigrafi di Alezio  sulle quali si stanno compiendo numerosi studi  sull’antica lingua messapica da parte della Università tedesca di Tubingen. Un’altra zona  si trova a Rudiae, l’antico centro messapico a ridosso di Lecce, ma  non si fa niente per attrezzare quell’area, anzi sembra che i salentini siano indifferenti a tutto ciò. Loro sulle trozzelle e sui reperti  messapici in genere ci costruiscono bruttissime ville  che testimoniano il loro status simbol, la loro ricchezza, il loro successo. C’è  un indubbio stato di torpidezza e di ignoranza. E tuttavia  persiste quel senso di civiltà di fondo del salentino che non fa del tutto disperare”.

“Forse bisogna incoraggiarli a riscoprire i tesori archeologici, la loro identità, non crede?”

“Certo, è così. Ma bisogna fare del tutto, per ridare vita a quei ruderi, per ridar vita ai messapi, un popolo molto più progredito di quel che si crede e soprattutto di una dignità e di una solidarietà smisurata”.

“Giusto, verissimo”

“E ricordiamo che il popolo messapico fu un popolo vinto, ma mai domato, come i suoi mitici cavalli.  E’ un dovere di tutti noi conoscere, alimentare o recuperare la loro leggenda, il mito dei Messapi,  e consegnarlo ai giovani, anche facendo leva sulla nostra capacità di immaginazione e  di sogno,  perché, come è stato detto,   i paesi che non hanno più leggende sono condannati a morire di freddo

E a proposito di leggende e favole, concluderei con la bellissima poesia che conclude “L’Isola della Luce”, che è Gallipoli, ma anche l’anima stessa degli antichi  messapi:

 L’isola della luce
Viandante, forestiero, ascolta
se verrai da queste parti
fermati ad ascoltare le nostre voci
se verrai da queste parti
dal mare, o per sentieri diversi
non ha importanza per quale strada
nè da quale luogo
non ha importanza a quale razza
religione, nè a quale tempo
tu appartenga
se verrai da queste parti
troverai sempre le rocce fiorite
il profumo della resina
e le dune di sabbia chiara,
udrai bisbigliare nei campi
l’argento degli ulivi
e sulle due riviere
lascerai sospeso il cuore.

Viandante, forestiero, ascolta
se verrai da queste parti
tu vedrai rinascere la luce
come un primo mattino del mondo,
ritroverai l’oro sparso nei cieli
potrai esplorare i tuoi sogni
in un mare di trasparente meraviglie
ascolterai la musica infinita del vento
ponente maestro austro libeccio grecale levante
che soffia per ogni dove.

Viandante, forestiero, ascolta
fermati un istante ad ascoltare
le nostre voci racchiuse
nell’anima del tempo
se verrai da queste parti
con il cuore innocente
tu potrai vedere il viso
della “divina fanciulla”
e soltanto allora
potrai capire che tu stesso
sei la musica il mare e la luce
e che qui,
nell’isola della luce, è la tua meta
e la fine di ogni tuo viaggio.


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