Magazine Diario personale
Avevo 17 anni quando, nella 4 C (la mia classe) del liceo scientifico Einstein, arrivò Claudia. Non appena la vidi, il primo giorno di scuola, ne rimasi completamente folgorato: lunghi capelli castani, occhi verdi, un viso angelico, un sorriso capace di illuminare la più tetra giornata autunnale. Milanese, appena trasferitasi al seguito del padre, ufficiale dell’esercito, Claudia si dimostrò subito un passo avanti rispetto a noi nello studio, primeggiando in tutte le materie senza per questo generare nessuna invidia tra i nuovi compagni, ma solo ammirazione.Avevo 17 anni e, assolutamente imbranato con le ragazze, non sapevo come fare per cercare di farmi notare da lei, e magari diventare suo amico, anzi qualcosa di più di un amico. Anche perché non ero il solo. Praticamente tutti i ragazzi della classe, ed anche alcuni delle altre quarte e quinte, facevano a gara per mettersi in mostra e suscitare in lei un qualche interesse, ma senza riuscire ad andare oltre una conoscenza superficiale. Così all’improvviso cominciai ad andar emale in matematica, materia in cui me l’ero sempre cavata decentemente. Commettevo errori grossolani ad ogni esercitazione in classe, ed anche al primo compito in classe, sforzandomi di dimenticare anche le regole più elementari e che conoscevo bene. Il professore di matematica organizzava spesso gruppi di lavoro in classe, mettendo insieme alunni di diverso profitto nella speranza che i migliori agissero da stimolo per i meno bravi, e così andò a finire che sempre più spesso io venni assegnato al gruppo della più brava, cioè Claudia. E quelle ore passate fianco a fianco con lei per me erano così belle che mi veniva ancor più facile distrarmi e sbagliare, in modo che Claudia dedicasse a me, più che ad altri, le sue attenzioni.Ma anche così, non riuscivo a fare nessun passo concreto nella direzione che mi ero prefisso, non riuscivo ad aprire nessuno spiraglio verso il suo cuore, non stavo ottenendo niente se non un’altra materia da riparare a settembre.Infine, presi il coraggio a due mani, ed una sera, su un intonso foglio protocollo, comincia a scrivere quello che sentivo, i miei sentimenti, le mie paure, le mie speranze, i miei desideri e del mio innamoramento per Claudia. Scrissi pensieri che forse neanche sapevo bene di avere dentro di me, mettendomi completamente a nudo come mai avrei pensato di riuscire a fare. Infilai il foglio nel libro di matematica ed il giorno dopo, alla fine della ennesima esercitazione, presi "distrattamente" il libro di Claudia e le lasciai il mio. Poi andai a casa. Quando tornai a scuola, la mattina dopo, Claudia mi venne incontro e, con aria indifferente mi disse che ci eravamo scambiati i libri, mi restituì il mio e riprese il suo, poi andò tranquillamente al suo posto senza aggiungere altro. Io sfogliai febbrilmente il mio libro, ma quel foglio non c’era più. Le ore di scuola quel giorno furono lunghissime, e Claudia si comportò come se niente fosse. Quando finalmente suonò l’ultima campanella, e mi stavo avviando mogiamente verso casa, consapevole che il mio tentativo era miseramente fallito, mi sentii chiamare. Era Claudia che veniva nella mia direzione:“Posso accompagnarti per un po’?” mi chiese“Certo!” Risposi io, preoccupato e speranzoso allo stesso tempoCamminammo in silenzio per un cinque minuti, poi lei mi guardò, mi sorrise, tirò fuori dalla borsa un foglio di carta ripiegato e mi disse“Ho trovato questo nel tuo libro. Non avrei dovuto leggerlo, credo, ma la curiosità è stata più forte”Io arrossi e non riuscii a dire niente. Lei continuò a parlare, e ancora dopo 30 anni, continua a parlarmi, ed io ad ascoltarla come quel giorno