Voi mi confermate che il mese di Dicembre autorizza i blogger ad intasare Internet con le TOP 5 e le TOP 10 dell'anno, vero? No, perchè morivo dalla voglia di scriverne una.
In concreto, mi premeva consigliarvi i libri che, più di tutti, hanno segnato per me questi mesi. Non quelli editi nel 2015, beninteso; Piuttosto, quelli che nel 2015 ho letto, riletto, scoperto ed apprezzato di più. Quelli che hanno avuto un'influenza concreta nel mio quotidiano, anche. Che mi hanno a vario titolo lasciato dentro qualcosa.
Nel segnalarveli, oltre al motivo per cui li ho inclusi nella lista, vi riporto anche i rispettivi incipit. In fondo, assieme alla copertina, le primissime righe sono sempre state un fattore determinante per i miei acquisti letterari. Ho pensato che, forse, potessero esserlo anche per voi.
1. Inventare Twitter - Nick Bilton
4 Ottobre 2010,
Sede di Twitter
"Esci" disse Evan Williams alla donna ferma sulla soglia del suo ufficio. "Sto per vomitare."Mi era stato recapitato con un pacco di Amazon, assieme all'edizione deluxe del disco degli Imagine Dragons. L'avevo instagrammato, con il consueto entusiasmo che riservo agli arrivi più attesi. Riguardando quella foto, adesso, mi sembra di cogliere la perfetta sintesi di un anno ad alto tasso ammeregano. Sì, perchè quello di Bilton non è soltanto uno dei cinque libri top del mio 2015. É diventato uno di quei testi imprescindibili con cui tartassare di "leggilo" amici, parenti e perfetti sconosciuti. Il must have della libreria. Chiamatelo, se preferite, uno dei miei nuovi cult.
Lei indietreggiò, chiudendosi la porta alle spalle, e, mentre il rumore dello scatto metallico riecheggiava nella stanza, lui prese il cestino della spazzatura nell'angolo, con le mani sudate e tremanti.
Ecco. Il suo ultimo gesto da amministratore delegato di Twitter sarebbe stato vomitare in un cestino della spazzatura.
Amazon makes me happy! #ammeregani #TwUna foto pubblicata da Ilaria (@ilaria_luna84) in data: 11 Mar 2015 alle ore 11:14 PDT
É sepolta sotto una betulla bianca, vicino ai vecchi binari della ferrovia. La tomba è segnalata solo da un mucchietto di pietre, nient'altro. Non volevo attirare l'attenzione sul luogo in cui riposa, ma nemmeno potevo abbandonarla all'oblio. Dormirà in pace, lì: a turbare la sua quiete, solo il canto degli uccelli e lo sferragliare dei treni.Sono sempre piuttosto scettica nei confronti dei cosiddetti "fenomeni letterari". Non per una sorta di snobismo nei confronti di ciò che è popolare, quanto per paura che derivino nel paranormale. Ancora peggio: in un elenco strappalacrime di sfighe. Per fortuna, La Ragazza del Treno di tutto questo non ha niente. É solo un giallo. Un bel giallo classico senza complicazioni, magistralmente strutturato per tenerti incollato alle pagine. Una droga che parola dopo parola, capitolo dopo capitolo, ti getta nella dipendenza più estrema. L'aspetto psicologico ed introspettivo gioca un ruolo fondamentale. L'autrice riesce a calarti nei pensieri dei personaggi, anche quando la loro vita è anni luce lontana dalla tua. Guardi il mondo con i loro occhi. Dubiti di tutto e tutti. Cambi continuamente idea, fino all'adrenalinico sviluppo finale.
Questo "fenomeno letterario" il successo se l'è meritato eccome. Ve lo consiglio per una lettura di puro svago. Un trip che vi trascinerà lontano, in mezzo a treni, coppie non così perfette come sembrano, alcol e percezioni distorte. A costo di ripetermi: una volta iniziato non vi ci stacchereste più.
3. Dimmi che credi al destino - Luca BianchiniIl cielo di Londra sembra fatto per raccontare l'amore. Cambia continuamente, e anche quando ti illude con una giornata piena di azzurro, ecco che qualche nuvola compare all'orizzonte, si mette a correre veloce, e di colpo la luce è buio e la pioggia si mischia alle tue lacrime.
Diciamolo subito: non è il miglior romanzo di Bianchini. Eppure, Luca ha questo dono di trascinarti in storie quotidiane piccole, fatte di gioie e di dolori quotidiani, dove i luoghi sono personaggi essi stessi e quelli in carne ed ossa sono più vivi che mai. Ti ci affezioni, sempre. Perchè li descrive di manie e difetti; perchè mette loro in bocca pensieri che, almeno una volta, hai avuto anche tu.
I suoi non sono eroi. Mai. Sono i tizi della porta accanto con cui potresti avere a che fare ogni giorno. Sono la tua amica, il tuo vicino di casa, il tuo parrucchiere, magari. Ed è per questo che sono così umani. Talmente veri che spiace sempre, girare l'ultima pagina e dovergli dire addio.
Non sarà il salone di Diego, ma @bianchiniofficial mi fa comunque compagnia dal parrucchiere. #DimmiCheCrediAlDestino #EAncheAlleMechesUna foto pubblicata da Ilaria (@ilaria_luna84) in data: 15 Lug 2015 alle ore 08:02 PDT
La scrittura di Bianchini la amo perchè è fintamente semplice. Sembra lieve, scorrevole, spensierata come la sua espressione nelle foto. Ma poi, se appena ti ci soffermi un attimo, scopri che ogni frase è una piccola perla, potenzialmente degna di essere appuntata sul block notes delle citazioni. Dimmi che Credi al Destino, a differenza di altri suoi lavori, non ha avuto una ripercussione diretta nella mia quotidianità. Questa volta nessun personaggio mi ha attaccato addosso un'esclamazione, non sono caduta in altri vizi tipo quello di leggere sempre la prima e l'ultima riga di un libro, tantomeno ho imparato a canticchiarmi canzoni per addormentarmi di botto. Eppure, quella scrittura continua ad esercitare su di me un fascino quasi ipnotico. Quei personaggi continuano ad essere sempre gran belle conoscenze da fare.
Leggetelo tutto. Anche i ringraziamenti: vi apriranno una chiave di interpretazione tutta nuova.
4. L'assassino non sa scrivere - Stefano PiedimonteFancuno è un paesino di tremila soggetti - definirli "anime" sarebbe un'esagerazione - che sorge fra i comuni di Castelcapro, Sicignavia e Valle del Seme. Ci sono tanti modi per andare a Fancuno. Se ci si arriva da Sud, la strada è migliore, e poi è alberata. C'è da passare sui colli di Valle del Seme, che a parte il nome è proprio un bel posto, e prendere per Santo Stefano Martire."L'assassino non sa scrivere, ma tu in compenso lo fai da Dio. Appena finito e...niente, solo complimenti.", scrivevo a Stefano Piedimonte (su Twitter!) lo scorso Febbraio. La sua è una storia in bilico perenne tra l'assurdo e il surreale, narrata in quei particolarissimi toni comico-cinici che ho imparato (forse a torto) a definire caratteristica degli autori napoletani. L'ho associato in qualche modo a Diego Da Silva, lo stile di scrittura veloce e tagliente che ti strappa sorrisi due secondi dopo averti raccontato di una strage. E, già da solo, quello stile di scrittura vale tutto il libro. In più, c'è un campionario di personaggi uno più bizzarro dell'altro. Hanno i tratti tipici degli abitanti che trovi in un qualsiasi paese di provincia italiano, ingigantiti e deformati pur riuscendo, in qualche modo, a rimanere credibili. E' proprio questa, forse, la maggior forza di questo giallo anticonvenzionale: che anche laddove accarezza il confine tra reale e leggenda; anche quando oltrepassa i limiti dell'impossibile, riesce sempre e comunque - in qualche strano modo - ad apparirti verosimile. E poi, diciamolo: ti fa anche sorridere un po'. 5. Il Mio Cuore Messo a Nudo - Charles Baudelaire
Quand'anche Dio non esistesse, la religione sarebbe ancora Santa e Divina.
Lo so, lo so: lo infilo ovunque, peggio del prezzemolo. Se seguite questo blog da un po', sarete ormai stanchi di sentirlo nominare ogni volta che si accenna- anche vagamente- alla letteratura. Il problema è che non potevo prescindere da Baudelaire, nel riassumere quest'anno in libri. Chè è vero, ne ho letti molti altri. Certi anche carini. Sicuramente più recenti e meno citati in questa sede. Ma, se "Inventare Twitter" è uno dei miei cult più nuovi, "Il mio cuore messo a nudo (e altri progetti)" è uno di quelli di più vecchia data. Lo rileggo spesso, anche in virtù del suo essere un agglomerato sconnesso di pensieri ed appunti da sbocconcellare non interamente e senza un ordine preciso.
L'ho riletto anche quest'anno, prima del viaggio che mi ha portato a Parigi e in Belgio subito dopo la strage di Charlie Hebdo. Era un periodo strano. Il terrore che, sottile, aleggiava nell'aria, si mischiava alla mia felicità per i concerti che andavo a vedere; ad uno sconosciuto carino che ci provava il giorno del mio ritorno; al sapore di poesia che - soprattutto - ritrovavo per le strade pensando alle parole, da pochissimo rilette, di Charles Baudelaire. Quelle parole che, come sempre, per me sono il miglior consiglio e miglior sprone all'esercizio della scrittura. Forse un giorno la farò davvero, questa cosa un po' da schizzati di andare a mettere una rosa sulla sua tomba. Magari solo un biglietto con sù scritto Merci.