Io non sono qui di Todd Haynes, Rai 5, ore 21,15.
Trattasi dell’anomalo, iper sperimentale biopic su Bob Dylan realizzato qualche anno fa dal Todd Haynes di Lontano dal paradiso e di Mildred Pierce, tra i migliori talenti del cinema americano. Che stavolta destruttura il tradizionale racconto biografico e lo scinde in vari pezzi, per l’esattezza sei, ognuno dei quali affidato a un attore diverso. Ne derivano più Dylan, sei incarnazioni di Dylan tra loro anche molto lontane per aspetto e per età, ce n’è perfino una interpretata (benissimo) da un’attrice, Cate Blanchett. Operazione ad alta concettualità, quasi brechtiana nel suo programmatico straniamento, che sottolinea il talento multiforme di Dylan e forse la sua inafferrabilità, le sue mutazioni continue di uomo e musicista. Una scelta che però ha finito con il penalizzare l’immediata fruibilità del film, che difatti non è stato premiato dal pubblico come si sperava. Film più intelligente e interessante che riuscito. Cast stellare: oltre a Cate Blanchett, Christian Bale, Richard Gere, il povero Heath Ledger, Charlotte Gainsboug, Michelle Williams. Presentato in concorso a Venezia 2007, dove ha vinto il premio speciale della giuria. A Cate Blanchett la Coppa Volpi come miglior interprete femminile (in un ruolo maschile!).
L’uomo che cadde sulla terra di Nicholas Roeg,c on David Bowie. Rai Movie, ore 23,05.
Mitologico film del 1976 di quel talento irregolare e inclassificabile di Nicholas Roeg (Performance, A Venezia un dicembre rosso shocking), uno degli autori che più si portano addosso le stugmate dei folli e devastanti anni Settanta. Un extrattestrial-movie con un alieno in fuga dal suo pianeta distrutto dalla siccità e planato sulla terra, anzi in Inghilterra. Si mimetizzerà come un signore britannico. Che si arricchirà presto sfruttando le sueriori conoscenze tecnologiche di cui come e.t. è in possesso. Ma si sa, sulla terra e pure nel cosmo la ricchezza non dà la felicità, e anche i ricchi alieni piangono. Thomas Jerome Newton, questo il nome terrestre del nostro, costruisce una nave spaziale onde tornare da dove era venuto e portarvi l’acqua per far rifiorire la vita, ma non ce la farà. Roeg esagera incantevolmente con le sue propensioni al visionario e al barocco (che rischia qua e là la baracconaggine), ci consegna un film impazzito e strabordante, con momenti di lisergico delirio, come se il reale fosse visto e distorto attravero gli occhi del suo alieno. Il quale è, ed è la carte vicente del film, David Bowie nel suo periodo drag-spaziale, non molto dopo, per intenderci, Ziggy Stardust. Meraviglia. Raro che passi in tv, meglio acchiapparlo al volo.
La kryptonite nella borsa di Ivan Cotroneo, Rai Movie, ore 21,15.
Esordio alla regia di Ivan Cotroneo, re delle sceneggiature cine e tv degli ultimi anni (da Mine vaganti a Una mamma imperfetta), che qui mette in film un suo libro bestseller. Storia retrodatata a qualche decennio fa, in una famiglia napoletana con madre depressa, padre traditore e zii infantiloidi, il tutto visto con gli occhi di un ragazzino. Molta pop culture, a partire dalle canzoni, in puro Cotroneo-style, e con qualche punta camp. Con Valeria Golino e Luca Zingaretti.
Philadelphia di Jonathan Demme, La7, ore 21,10.
Il film che vent’anni fa (era il 1993) sdoganò nel cinema mainstream, dunque per le platee più vaste e le masse globali, un tema mica tanto facile come l’Aids. Aids che in questo Philadelphia colpisce un avvocato omosessuale, interpretato da un Tom Hanks premio Oscar, che dovrà affrontare l’intolleranza sociale e l’emarginazione sul lavoro. Film nobile di nobilissimo impegno civile nel suo mostrarci la via crucis del protagonista, perfino troppo esemplare e didascalico, quasi una parabola politica, ma di indubbia efficacia. Con un regista come Jonathan Demme che sa costruire un melodramma senza però cadere nelle peggiori trappole sentimentali e nel ricattatorio. Antonio Banderas, allora al suo esordio hollywoodiano, fa la parte del fidanzato di Tom Hanks, forse perché arrivava dal cinema di Almodovar e i ruoli gay gli venivano affibbiati di default. Poi con Zorro si sarebbe rifatto l’immagine e si sarebbe trasformato in macho latino. Denzel Washington è l’avvocato che suppporta il protagonista. Memorabile canzone di Bruce Springsteen.
Jane Eyre di Franco Zeffirelli, Rete 4, ore 21,15.
No, non la cineversione di tre anni fa con Michael Fassbender e Mia Wasikowska (diretta dal Cary Fukunaga che poi avrebbe girato True Detective), ma quella più lontana e classica di Franco Zeffirelli, anno 1996. Il quale impagina quel condensato di letteratura romantica che è il romanzo di Charlotte Brönte come sa fare lui, con impeccabile anche se sovraccarica ricostruzione d’epoca, ogni tenda pizzo crinolina tappezzeria chicchera accuratamente scelta e messa al posto suo. A rendere meno inamidato il film, c’è Charlotte Gaisnbourg, l’ostinata e tenace Jane. Mentre William Hurt è il tormentato Rochester. Occhio, c’è anche Maria Schneider.
The Ilusionist di Neil Burger, La5, ore 21,10.
Storie di magia in una Mitteleuropa asburgica appena prima del tramonto dell’Impero. Film anomalo, interessante. Con Edward Norton. Peccato solo che quando uscì venne oscurato dall’analogo Prestige di Christopher Nolan. Da vedere.
Molto incinta di Judd Apatow, Mediaset Italia 2, ore 21,11.
Grande successo al box office (americano) del genio della commedia goliardo-sofisticata degli anni zero Judd Apatow. Una signorina trentenne con lavoro figo – Katherine Heigl, non propriamente la più simpatica delle attrici – resta incinta dopo una notte alcolica con un nerd senz’arte né parte, e senza voglia di averne, pure più giovane di lei. Decide di tenersi il bambino (un tempo nei film cool chi restava incinta senza volerlo abortiva, adesso, vedi anche Juno e il più recente 17 ragazze, si preferisce il pancione, e mi sa che forse è meglio così). Uno di quei film che, facendo ridere, raccontano però il proprio tempo più di certe dotte dissertazioni. Lui è l’adorabile Seth Rogen, reuccio della nuova bad comedy, visto (tra gli altri) in 50 e 50 e Facciamola finita.
Undisputed di Walter Hill, Rai 4, ore 21,13.
Quanti film sulla boxe (e immediati dintorni) abbiamo visto? E quanti sulla boxe e sulla lotta da ring che si fanno – ebbene sì – metafora della dura lotta per la sopravvivenza? Dico solo Rocco e i suoi fratelli, Toro scatenato e i più recenti The Fighter e Warrior. Questo Undisputed si inserisce nell’illustrissimo filone, anche se non è tra i più conosciuti. Film di uomini tosti, come sempre quando alla regia c’è Walter Hill. Campionissimo di boxe finisce dentro per molestiee sessuali (si allude forse a Mike Tyson?): dovrà scontrarsi con il numero uno in fatto di pugni di tutto il carcere. Uno dei pochi film girati nel decennio scorso (è del 2002) da un maestro vero come Hill, che impagina molto bene una storia di muscoli e sudore che gli è congeniale. I numeri sul ring hanno un’astrazione e un nitore quasi coreografici. Con Wesley Snipes, che non è proprio il massimo della simpatia bisogna dire. Film quasi profetico, visto che poi Snipes in carcere è finito davvero per via di grossi guai con il fisco, e se ricordo bene sta ancora dentro. Dalle nostre parti con gli evasori si è fin troppo teneri, lì forse si esagera
La settima vittima di Mark Robson, Rete Capri, ore 21,00.
Primo film – siamo nel 1943, in piena guerra – di Mark Robson, regista di solido mestiere che in seguito ci sarà cose come Il colosso d’argilla, La locanda della sesta felicità, Intrigo a Stoccolma e Il colonnello Von Ryan (con Raffaella Carrà!). Questo è un orrorifico che porta impresso il marchio produttivo Rko, dunque più borderline, meno mainstream e accomodante dei prodotti Mgm o Paramount. Storia da paura forte. Una ragazza scopre che la sorella maggiore è scomparsa. Il suo negozio è stato venduto, nella sua casa di New York, ormai vuota, ci sono un cappio che pende dal soffitto e una sedia. Il che lascia pensare a un suicidio, solo che il crpo non c’è. Verrà fuori una cuperrima faccenda di sette sataniche. Cinema di genere impeccabilmente confezionato.
Domani è un altro giorno di Léonide Moguy, Tv 2000, ore 21,20.
Del 1951, un film diretto dal francese Léonide Moguy, ma assolutamente e interamente italiano. Una storia a più personaggi tra neorealismo e melodramma, un ibrido che in quegli anni stava prendendo forma e avrebbe portato a grandi successi al botteghino. Una ragaza tenta il suicidio, ma viene salvata. Si ritroverà in un ospedale con altre donne che hanno provato a uccidersi, ognuna con una storia drammaticissima alle spalle. Moraleggiante, anche declamatorio e predicatorio. Ma vedere film così val sempre la pena, per come ci restituiscono un’Italia remota e ormai quasi inimmaginabile: preziosi reperti antropologici. Con Anna Maria Pierangeli, allora una diva, Anna Maria Ferrero e Rossana Podestà.
Harsh Times di David Ayer, Rai 4, ore 23,10.
Gran noir sottovalutato del 2006, cupo, duro e cattivo come i veri noir han da essere. Scrive e dirige quel David Ayer che qualche anno fa firmò la sceneggiatura di Training Day (Oscar a Denzel Washington) e che tre anni fa ha diretto il bellissimo crime-poliziottesco End of Watch con Jake Gyllkenhaal: una buonissima sorpresa. Prossimamente arriverà nei nostri cinema il suo nuovo Sabotage con Schwarzenegger, accolto piuttosto male in America.
Come in quasi tutti i suoi film, anche in Harsh Time c’è una coppia di maschi amici o comunque sodali e complici: Jim (Christian Bale), reduce dalla guerra del Golfo con la testa bacata e piena di incubi e male visioni, e il buon Mike, gran voglia di essere un bravo ragazzo se non ci fosse Jim a trascinarlo in gorghi pericolosi. Incursioni nei peggiori gironi di Los Angeles, tra chili di marijuana rubata e venduta, scontri con bande armate, fughe dalla polizia. La coppia finirà in Messico, dove sta la ragazza che Jim vorrebbe sposare. Ma saranno sangue e tragedia. La Frontera, come in moltissimo cinema americano, da L’infernale Quinlan al Mucchio selvaggio, quale passaggio verso l’abisso e l’inferno (della violenza, dei sensi). Da vedere. David Ayer è un autore di rispetto, da noi poco conosciuto e molto sottovalutato. Attenzione, c’è Eva Longoria.
L’armata delle tenebre di Sam Raimi, Rai 4, ore 1,04.
Altro non è che l’episodio numero 3 di La casa (Evil Dead), la saga che ha trasformato il suo regista Sam Raimi in quel regista-culto che sappiamo. Stavolta il protagonista si ritrova trasportato, in uno dei viaggi nello spazio-tempo che il cinema ci ha dato, all’indietro nel Medioevo, però con moderne armi in mano. E già questo. Per cultori dell’orrorifico e non solo.
Riccardo Cuor di Leone di David Butler, Iris, ore 0,07.
Storico-avventuroso-cappa&spada del 1954 di produzione americana, tratto daWalter Scott. Riccardo I d’Inghilterra, in Terrasanta come crociato, deve vedersela con nemici interni più pericolosi dei musulmani che hanno occupato il Santo Sepolcro e che deve combattere. Difatti alcuni falsi amici gli tendono un’imboscata, e a salvarlo sarà proprio un misterioso signore islamico. Si scoprirà poi che è il potente Saladino, il quale finirà con l’innamorarsi di una cugina di Riccardo. Visto con gli occhi e la sensibilità di oggi, assai interessante per come mette a confronto l’Occidente e l’Islam. Con George Sanders, Laurence Harvey e, incredibilmente, Rex Harrisono quale Saladino.
La vita segreta delle parole di Isabel Coixet, La Effe, ore 0,25.
Quando arrivò nei cinema – era il 2005 – sembrò segnare la nascita di un’autrice di rispetto, la catalana Isabel Coixet. Immediatamente immessa nelle liste dei derictors più promettenti, dei cineasti del comani ecc. ecc. Coixet è poi impercettibilmente slittata, se si eccettua per Lezioni d’amore, nel cono d’ombra, e ricordo come l’anno scorso alla Berlinale il suo Another Me non abbia suscitato un grande interesse. Credo che la sua cosa migliore resti questa. Film non dei soliti, già a partire dal bellissimo titolo. Con un qualcosa che ricorda, anche se con più pudore e meno acensioni melodrammatiche e mistiche, Le onde del destino di Lars Von Trier. Hanna è una ragazza croata dall’udito assai compromesso trasferitasi in Inghilterra. Si ritroverà, un po’ per caso un po’ per scelta, ad assistera come infermiera un uomo, Josef, rimasto ustionato durante un incendio su una piattaforma petrolifera nel Mare del Nord (ecco i riferimenti a Von Trier). Lei sordastra, lui quasi cieco. Sarà una comunicazione faticosa di parole e segni corporali che riuscirà però a connettere i due, portandoli a rivelare e dire cose segrete di sé. Niente è come appare, tutto sta celato nel profondo. Sarah Polley, la regista-attrice canadese che con il suo docu Stories We Tell ha avuto recentemente un gran successo americano, è Hanna, Tim Robbins è Josef.
The Skulls di Rob Cohen, Mtv, ore 23,00.
Un college movie (dell’anno 2000) che svolta poi in horror. Luke è un bravo ragazzo di modeste origini che ce l’ha fatta ad arrivare al college. Si dà un gran da fare e la sua massima aspirazione è di entrare negli Skulls, potente confraternia in grado di aprire molte stanze del potere e creare carriere. Verrà accettato, ma la confraternita si rivelerà una setta assai pericolosa. Con il povero Paul Walker, scomparso in un incidente lo scorso 30 novembre. Di Rob Cohen, il regista del primo e fondativo Fast & Furious.
Miranda di Tinto Brass, Cielo, ore 23,15.
Del 1985, arriva dopo l’incredibile successo, misurato in miliardi e miliardi di lire, di La chiave di Tinto Brass. Il quale cavalca l’onda del softcore, o del sesso quasi esplicito importato in un film mainstream, e si inventa questo assai efficace Miranda: stessa formula, stessi clamorosi incassi del precedente. Lanciato con uno dei claim più sfacciati della storia del nostro cinema: La chiave ha aperto la porta, Miranda la spalanca. Difatti la protagonista, Serena Grandi, nel film della sua vita, mostra il seno esagerato e apre parecchio le cosce di fronte alla cinepresa. Il plot vorebbe essere una rilettura della Locandiera di Goldoni, con Mirandolina che diventa Miranda e si sposta nella bassa padana negli anni Cinquanta. Lei deve mandare avanti un’osteria da sola, dopo che il marito è stato dato per disperso in guerra, e se la deve vedere con parecchi pretendenti, cui si concede e si sottrae, amando per davvero solo il suo garzone di bottega. Il Brass più pop(olare). Con Andrea Occhipinti sex symbol di quegli anni. (Serena Grandi è ricomparsa in La grande bellezza, vi ricordate in che parte?).
La chiave di Tinto Brass, Cielo tv, ore 1,15.
Incredibile che lo passino in tv. Incredibile, se si pensa all’aura maledetta e scandalosissima che si porta dietro dai tempi della sua apparizione su grande schermo (correva l’anno 1983, e fan trent’anni e passa). Film epocale, per più versi. Per il suo autore Tinto Brass, che schiantò il box office e si affermò come signore dell’erotismo nel famoso immaginario collettivo, e mica solo italiano. Per come inserì la rappresentazione del sesso, e il sesso esplicito o quasi, nel cinema medio-mainstream. Per il lancio di Stefania Sandrelli, una che veniva da Germi-Bertolucci-Scola-Pietrangeli, quale opulento simbolo del sesso nazionale e oggetto di ogni possibile sogno e voglia di possesso. Ispirato a un romanzo di Tanizaki, una storia morbosa assai ambientata nella Venezia, territorio brassiano per eccellenza, ai tempi del fascismo e dell’entrata in guerra dell’Italia. Protagonista la strana coppia formata dall’inglese direttore della Biennale (però!) e dall’albergatrice veneziana sua moglie. Lei legge il diario in cui lui racconta le proprie fantasie sessuali (dopo che lui ha lasciato in giro volutamente la chiave di dove l’aveva rinchiuso perché la moglie vi accedesse), lei comincia a scriverne uno suo. Il risultato è che si dan da fare entrambi, e insieme, per scatenare al massimo il proprio desiderio e le proprie voglie. Tormenti e piaceri, e si sfiora voluttuosamente il kitsch con scene ormai leggendarie come lei che fa pipì sul selciato. Trapela un senso di verità, comunque, perché Brass al sesso come via verso l’estasi crede davvero. Sandrelli assoluta dominatrice. Con lei Frank Finlay e Franco Branciaroli. Cameo di Ugo Tognazzi.