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I mille volti della Luna

Creato il 28 agosto 2012 da Martinaframmartino

I mille volti della LunaQualche giorno fa è morto Neil Armstrong , colui che compiendo un piccolo passo per un uomo ha fatto un passo enorme per l'umanità. Qualche mese fa era morta Sally Ride , la prima donna nello spazio. Sono in vacanza, quindi non posso prendere la mia copia di per rileggere il passo preciso in cui L'occhio del Mondo spinge Egwene a chiedere a Thom Merrilin di narragli di Salya che cammina fra le stelle. Senza di loro l'astronomia è in po' più povera. Robert Jordan

Oltre tre anni fa, in occasione del quarantennale dell'allunaggio avevo scritto un lungo articolo per dedicato alla Luna. Lo ripropongo qui.

"Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande passo per l'umanità". Parola di Neil Armstrong, che il 20 luglio del 1969 - ma in Europa si era già al 21 - muoveva i primi passi sul suolo lunare.

La Luna, così vicina e irraggiungibile al punto da essere oggetto di sogni, ipotesi e speranze durante tutta la storia del genere umano, perdeva un po' della sua atmosfera magica per divenire il luogo di una conquista scientifica importantissima. E poco importa che in seguito siano sorti dubbi - sempre confutati dalla NASA - circa l'effettivo svolgersi dell'allunaggio: il nostro modo di percepire il satellite era cambiato per sempre.

Folklore e mitologia

Ma, al di là di tutti i dati scientifici relativi a moti, dimensioni e composizione chimica, la Luna ha rivestito per secoli un ruolo importantissimo tanto nelle credenze popolari quanto nei miti e nelle leggende di ogni parte del mondo.

Sono convinzioni diffuse, ad esempio, quella che con la Luna crescente o piena aumenterebbero le nascite, mentre le semine negli orti andrebbero sempre fatte in fase di luna calante. Il mosto poi dovrebbe essere messo nelle botti durante il novilunio per poter ottenere un buon vino, mentre la pesca migliore si otterrebbe nelle notti di Luna piena perché quest'ultima attirerebbe i pesci in superficie. Ugualmente salassi e taglio dei capelli dovrebbero essere fatti tenendo conto delle fasi lunari, le quali influenzerebbero non soltanto le maree terrestri ma anche la crescita e la diminuzione del flusso della linfa nelle piante.

Inoltre, secondo una credenza medievale, il plenilunio provocherebbe la trasformazione dei licantropi da uomini in lupi, e proprio in queste notti le streghe celebrerebbero i loro sabba.

Quanto alla mitologia, anche se l'importanza non è sempre la stessa è possibile trovare un dio o, più frequentemente, una dea, associato alla Luna.

In Mesopotamia il dio Luna, dal culto antichissimo e molto diffuso pur essendo una divinità minore, si chiamava Nannar in numerico e Sin in accadico.

Anche in Egitto al satellite era associato un dio, Thot. Raffigurato a volte sotto l'aspetto di babbuino e a volte sotto quello di ibis, era il calcolatore per eccellenza, e come tale veniva ritenuto l'inventore del calendario e presiedeva alla misura del tempo, alla matematica, alla geometria, alla sapienza, alla scrittura e alla magia.

Di sesso maschile è pure Mani, che nella mitologia germanica ha il compito di guidare il carro lunare. Perennemente inseguito dal lupo Hati che cerca di divorarlo, a volte ne viene parzialmente coperto e oscurato, provocando così le eclissi.

Sorella di Mani è Sol, il cui compito è guidare il carro del sole.

Nell'induismo il dio Luna non ha nome né santuari, ed è sempre venerato in associazione ad altre divinità cosmiche quali il Sole, le Stelle o le Acque. Dalle caratteristiche spiccatamente virili, durante la notte percorre la terra per fecondare i fiumi, assicurando così la germinazione vegetale.

Nel calendario liturgico, basato sull'osservazione delle varie fasi dell'astro, si distingue la quindicina della luna crescente, ritenuta benefica, da quella della luna calante, che invece è nefasta. Il dio Luna, inoltre, misura il tempo, in particolare il calendario, le maree e i cicli mestruali, e secondo i Veda nella sua "sfera" si trova una sorta di Paradiso nel quale le anime dei defunti soggiornano prima di reincarnarsi nuovamente.

La filosofia cinese, al contrario, lega la Luna al principio femminile yin che, insieme a quello maschile yang, regge il mondo. I due principi sono opposti ma contengono ciascuno un seme dell'altro, dal quale sono interdipendenti e nel quale possono trasformarsi. Così la Luna, corpo celeste che riceve la luce passivamente e il cui mese presenta analogie con il ciclo mestruale femminile, diviene simbolo del mutamento.

Presso le popolazioni mesoamericane era ritenuta un essere femminile, legata alla fecondità della vegetazione e della specie umana. Chiamata Metztli dagli Aztechi e Ixchel dai Maya, aveva inventato la tessitura e proteggeva tessitori e guaritori.

Nella mitologia greca la dea della Luna era Selene, figlia del titano Iperone e di Thea e sorella di Helios. Entrambi percorrevano il cielo con i loro carri, ma mentre quello del Sole era tirato da focosi cavalli la mite e gentile Luna si serviva di mucche bianche. Viene descritta generalmente come una bella donna dal viso pallido che indossa lunghe e fluenti vesti bianche o color argento e reca sulla testa una luna crescente.

Quando il suo mito fu confuso con quello di Artemide, la vergine cacciatrice, anche quest'ultima venne associata all'astro notturno. In epoca romana fu fatta un'ulteriore associazione con Diana, protettrice degli animali selvatici, delle fonti e delle donne, cui assicurava parti privi di dolore.

Presente in moltissimi ambiti diversi come quello alchemico, in cui è connessa con l'argento, quello astrologico, dove è associata al segno del cancro, e nei complessi megalitici, progettati per fungere da "osservatori astronomici", la Luna ha lasciato profonde tracce anche nella letteratura.

Una passeggiata sulla Luna

I mille volti della Luna
Già nel II secolo d.C. lo scrittore greco Luciano di Samosata nella sua Storia vera narrava di un involontario viaggio sulla Luna causato da un fortissimo tifone. Nonostante l'adozione di uno stile storiografico, come se si trattasse di un viaggio reale, Luciano narra chiaramente un'avventura fantastica. Il nostro satellite in questo caso non era più visto come una divinità, ma come un pianeta simile alla Terra e sul quale un giorno l'uomo sarebbe potuto arrivare.

Fra i viaggi fantastici ricordiamo anche quello di Astolfo che, nell' Orlando Furioso, sale sulla Luna passando attraverso il paradiso terrestre e vi trova tutto ciò che si perde sulla Terra. Fra gli altri oggetti ci sono anche ampolle contenenti il senno perduto. Dopo avergli fatto prendere le due contenenti il proprio e quello di Orlando, Lodovico Ariosto riporta il suo personaggio in Africa grazie al carro del profeta Elia.

Per vedere un metodi di viaggio un po' più "scientifico" bisognerà aspettare ancora più di un secolo, fino al 1657, quando sarà pubblicato il romanzo di Cyrano di Bergerac L'altro mondo ovvero Gli stati e gli imperi della luna . In quest'opera, abbandonando il ricorso alle forze della natura o il percorrere sentieri insoliti, il protagonista si serve di un razzo fatto con fuochi artificiali.

Le opere che in qualche modo hanno narrato di un viaggio sulla Luna o della sua colonizzazione sono talmente numerose che è abbastanza difficile citarle tutte. Non si possono non nominare, però, due dei padri della fantascienza moderna.

Fra gli oltre 60 volumi d'avventura ispirati al contemporaneo progresso scientifico scritti da Jules Verne tra la seconda metà del XIX secolo e i primi anni del XX, si trovano anche del 1865, e Dalla Terra alla Luna del 1870. Intorno alla Luna

Dopo il viaggio dell' , che ha trasformato uno dei sogni del genere umano in realtà, le opere dedicate al nostro satellite sono diminuite e gli autori hanno preferito ambientare le loro storie in mondi più lontani.

La possibilità di studiare la Luna in maniera scientifica ha fatto spostare la fantasia su altri soggetti, anche se l'astro non è mai totalmente scomparso dal nostro immaginario, continuando a trovare spazio nella narrativa come nella cinematografia, nei fumetti come nei videogiochi.

Anche se la fantascienza è il genere che, per sua stessa natura, se ne è occupato maggiormente, non sono mancati gli autori fantasy che nelle loro opere hanno riservato alla Luna un certo spazio. Vediamo quindi alcune opere che in vario modo ne parlano, a partire dalla sua creazione.

Lune fantastiche

I mille volti della Luna
"Isil il chiarore, così in antico i Vanyar chiamarono la Luna, fiore di Telperion sbocciato in Valinor; e il Sole lo denominarono Anar, il Fuoco Dorato, frutto di Laurelin"[1] si legge nelle pagine de Il Silmarillion, l'opera sulla quale J.R.R Tolkien ha lavorato più a lungo, e nella quale narrava la storia del mondo dalla sua creazione fino al termine della Terza Era.

E, come nella biblica Genesi, alla quale in alcuni elementi l'opera del professore di Oxford può essere accostata, alcune righe sono dedicate proprio alla creazione degli astri.

"Ma i Noldor" prosegue Tolkien "li indicavano anche come Rána, il Caparbio, e Vása, il Cuore di Fuoco che ridesta e consuma, ché il Sole è stato posto come segno del sorgere degli Uomini e del declino degli Elfi, laddove la Luna ne serba memoria.

La fanciulla che i Valar scelsero di tra i Maiar per guidare il vascello del Sole era chiamata Arien, e Tilion era colui che guidava l'isola della Luna."

Come nella mitologia norrena che Tolkien conosceva così bene, alla Luna è accostata una figura maschile. È anche interessante notare che gli elfi la prediligano rispetto al sole, perché in loro onore fu creata per prima, così come loro sono i figli primogeniti di Ilúvatar.

[...] "Tilion però era un cacciatore della schiera di Oromë e, portandosi in Lórien, giaceva sognante presso gli stagni di Estë"

[...] Isil venne fabbricato e approntato per primo, e per primo si levò nel reame delle stelle, e fu il più anziano dei nuovi luminari, come Telperion lo era stato degli alberi. Ed ecco che, per un certo tempo, il mondo ebbe la luce della Luna, e molte cose si sommossero e risvegliarono, che a lungo avevano atteso nel sonno di Yavanna. I servi di Morgoth rimasero sbigottiti, ma gli Elfi delle Terre Esterne levarono all'insù sguardi felici; e mentre la Luna si alzava vincendo la tenebra in occidente, Fingolfin fece dar fiato alle sue trombe d'argento e iniziò la marcia nella Terra-di-mezzo, e le ombre dei suoi seguaci si allungavano nere loro dinanzi.

Tilion aveva attraversato il cielo sette volte, ed era pertanto nel più remoto oriente, quando il vascello di Arien fu pronto.

[...] Ora, il proposito di Varda era che i due vascelli transitassero in Ilmen e fossero sempre in volo, non però insieme; ciascuno dei due doveva andare da Valinor verso est e tornare, l'uno uscendo dall'ovest l'altro dall'est. Sicché, i primi dei nuovi giorni vennero computati secondo la modalità degli Alberi, a partire dalla mescolanza delle luci allorché Arien e Tilion seguendo il rispettivo corso passavano sopra la parte mediana della Terra. Tilion, però, era ostinato e di velocità ineguale, per cui non s'atteneva all'itinerario prestabilito; e cercava di avvicinarsi ad Arien, attirato dallo splendore di questa, sebbene la fianca di Anar lo ustionasse, sì che l'isola della Luna ne fu annerita.

A causa della caparbietà di Tilion, dunque, e ancor di più per via delle preghiere di Lórien ed Estë, i quali dicevano che dalla Terra erano stati banditi sonno e riposo, e che le stelle erano eclissate, Varda mutò parere e concesse un tempo in cui il mondo avesse ancora ombra e mezza luce.

[...] Varda comandò che la Luna seguisse uguale cammino, passando sotto la Terra per levarsi a est, ma soltanto dopo che il sole fosse sceso dal cielo. Tilion, però, procedeva con incerto passo, come fa tuttora, ed era pur sempre attratto da Arien, come sempre sarà; sicché sovente accade che entrambi siano visti assieme sopra la Terra, e che a volte egli tanto le si accosti, che la sua ombra ne escluda la luce, e nel bel mezzo del giorno succeda la tenebra.

Pertanto, da allora i Valar computarono i giorni, fino al Mutamento del Mondo, secondo l'andare e il venire di Anar. Tilion infatti di rado indugiava in Valinor, ma più spesso sorvolava rapido sulle regioni occidentali, Avathar, Ariman o Valinor, sprofondando nell'abisso oltre il Mare esterno, per poi proseguire da solo tra le grotte e le caverne alle radici di Arda. Quivi sovente a lungo vagava, riapparendo in ritardo."

In poche righe Tolkien crea un mito giustificando il fatto che la Luna sia meno luminosa del Sole, fornendo una spiegazione per le eclissi e per i movimenti dell'astro notturno e definendo il calcolo del tempo. Ma se in questo caso le sue parole hanno il sapore delle antiche leggende, il suo sguardo sa soffermarsi anche su altri aspetti.

I mille volti della Luna
"Poi levò gli occhi e lasciò spaziare lo sguardo. Il mondo era immobile e freddo, come se l'alba fosse ormai vicina. Lungi ad ovest la luna piena si coricava, tonda e bianca. Una pallida foschia scintillava nell'ampia vallata, grande golfo di argentei fiumi sotto ai quali scorrevano le fresche acque notturne dell'Anduin. Al di là giganteggiava una nera oscurità ove, remoti, aguzzi, freddi, bianchi come denti di spettri, scintillavano qua e là i picchi dell'Ered Nimrais, i Monti Bianchi del Reame di Condor, incappucciati di nevi eterne."[2]

Sono gli occhi di Frodo ne Il signore degli anelli a osservare questo paesaggio, durante una breve pausa del suo lungo viaggio.

"Frodo rimase qualche tempo immobile sull'alta rupe, ed un brivido lo percorse mentre si domandava se in qualche parte di quell'immensità notturna i suoi compagni camminavano o dormivano, o giacevano morti e avvolti nella nebbia. Perché avevano interrotto l'oblio del sonno per condurlo sin lì?

Sam, impaziente di ricevere risposta alla medesima domanda, non seppe frenarsi dal mormorare con voce udibile solo dal suo padrone (o perlomeno così credeva): "Indubbiamente un bel panorama, signor Frodo, ma gelido tanto per il cuore quanto per le ossa! Che cosa sta succedendo?"

Faramir udì e rispose. "La Luna tramonta su Gondor. La bella Ithil, nell'allontanarsi dalla Terra di Mezzo, scivola sui candidi riccioli del vecchio Mindolluin. Uno spettacolo che vale un paio di brividi. Ma non è ciò che ti volevo mostrare...""

[...] "Videro in fondo le bianche acque precipitarsi in una vasca spumeggiante, girare vorticose in un profondo bacino ovale fra le rocce cercando di raggiungere uno stretto passaggio dal quale uscivano fumanti e gorgoglianti, per poi raggiungere punti più calmi e piani. Il chiaro di luna scendeva ancora obliquo sino ai piedi della cascata, scintillando sulle onde increspate del bacino."

Anche in momenti drammatici, nei quali il pericolo potrebbe concretizzarsi a ogni istante, c'è spazio per la contemplazione di un paesaggio. La cascata e la Luna concedono un attimo di tregua ai protagonisti, prima di rituffarsi nel successivo, importante compito. Perché uno dei ruoli che gli uomini di tutti i tempi hanno sempre assegnato alla Luna è quello di rasserenare, e di concedere qualche attimo di riposo anche dalle preoccupazioni più pressanti.

Ma la Luna può anche essere determinante nel risolvere enigmi e misteri, o marcare il tempo preciso nel quale compiere una determinata azione come ne Lo Hobbit.

"Andò verso l'apertura e lì, appena sopra l'orizzonte, c'era un sottile quarto di luna pallido e vago.

Proprio in quel momento sentì, netto dietro di sé, il rumore di qualcosa che veniva schiacciato. Sulla pietra grigia in mezzo all'erba c'era un tordo enorme, nero quasi come il carbone, col petto giallo chiaro picchiettato di macchioline nere. Crac! Aveva preso una chiocciola e la stava sbattendo sulla pietra. Crac! Crac!

Improvvisamente Bilbo capì."

"[...] Bilbo spiegò in poche parole la sua idea. Tutti fecero silenzio: lo hobbit ritto accanto alla pietra grigia, e i nani colla barba ondeggiante che osservavano impazienti. Il sole calò sempre più in basso, e con esso calarono le loro speranze. I nani gemettero, ma Bilbo rimase ritto quasi perfettamente immobile. La piccola luna si abbassò anch'essa sull'orizzonte. La sera era imminente. Poi, improvvisamente, quando ogni speranza stava proprio per svanire, un rosso raggio di sole scappò come un dito attraverso uno squarcio nelle nubi. Un barbaglio di luce entrò dritto nello spiazzo attraverso l'apertura e cadde sulla liscia parete rocciosa. Il vecchio tordo, che era rimasto appollaiato in alto a guardare cogli occhietti lucenti e col capo da una parte, diede un trillo improvviso. Ci fu un forte scricchiolio. Una scheggia di roccia si staccò dalla parete e cadde. Un buco apparve improvvisamente a circa un metro dal suolo.

Velocemente, tremando per la paura che quell'estrema possibilità dovesse svanire, i nani si precipitarono verso la roccia e la spinsero: invano.

"La chiave! La chiave!" gridò Bilbo.

[...] Thorin si drizzò e si tolse dal collo la catena a cui era attaccata la chiave. La infilò nel buco. Entrò benissimo e girò! Tac! Il bagliore si spense, il sole tramontò, la luna sparì, e la sera balzò su nel cielo.[3]

I mille volti della Luna
Fra le azioni compiute sotto la luce lunare possono esserci inseguimenti, o fughe disperate.

"La Barriera si erse di fronte a lui torreggiando nelle nebbie dell'alba che spuntava, le stelle che cominciavano a sbiadire nel cielo orientale. I raggi della luna scintillavano pallidi contro il ghiaccio. Spronò il cavallo a proseguire, seguendo la strada assediata dal fango viscido."[4]

Un'atmosfera fredda questa descritta da George R.R. Martin ne I fiumi della guerra, per un personaggio che è riuscito a scrollarsi di dosso gli inseguitori e spera di trovare rifugio. Ma la luce lunare, o al contrario la sua assenza, può risultare determinante in caso di scontri armati. E il tono del racconto cambia completamente.

"Arrivarono di notte, naturalmente."

[...] Figure scure scivolavano attorno all'armeria, nere contro la pietra, ma non ne aveva una visione abbastanza chiara da arrischiare una freccia. Grida in lontananza, poi gli arcieri sulla Torre delle guardie lanciarono verso il basso. Era troppo distante perché Jon potesse intervenire... Altre ombre, tre ombre. Si staccarono dalle vecchie stalle, a una cinquantina di jarde da loro. Jon si accostò al vuoto tra due merli, sollevò l'arco, lo mise in tensione. Stavano correndo. Li seguì con la punta della freccia, rimanendo in attesa, in attesa...

Sssssh! Ci fu un sibilo quando il dardo lasciò l'arco dorniano. Un attimo sospeso, poi un grugnito. E furono solamente due le ombre nel cortile. Aumentarono il passo, Jon aveva già incoccato la seconda freccia. Ma questa volta fu troppo precipitoso e mancò il bersaglio. Quando incoccò di nuovo i bruti erano fuori vista. Andò alla ricerca di un altro bersaglio. Ne trovò quattro: si stavano precipitando verso la crisalide vuota che un tempo era stata la Torre del lord comandante. La luce della luna scintillava sulle loro lance, sulle loro asce, illuminando le immagini grottesche sui loro scudi rotondi di cuoio: teschi e tibie, serpenti, artigli d'orso, distorti volti demoniaci."[5]

E anche l'aspetto emotivo, quello che ha influenzato decine di poeti e gli umori di chi semplicemente si fermava a contemplarla, non viene trascurato. Un esempio di questo tipo di sguardo si può trovare in La Dama Bianca di Luca Di Gialleonardo.

"Quella sera il cielo notturno non sembrava volergli dare conforto. Grosse nubi scure ammantavano le stelle e della luna non v'era traccia." [6]

Luna concreta, che influisce con la sua sola esistenza sull'agire dei personaggi. Figure che compiono azioni che potrebbero benissimo appartenere al nostro mondo, tanto sono simili alle nostre, o a quelle che potrebbero aver compiuto uomini appartenenti al nostro passato. Ma a volte gli autori hanno usato l'astro notturno proprio per marcare il distacco fra il mondo del quale stavano narrando e il nostro. Come fa il canadese Guy Gavriel Kay che, ne Il paese delle due lune, per chiarire subito il fatto che la sua storia è ambientata in un mondo immaginario apre il romanzo proprio con uno sguardo sul cielo.

"Le due lune splendevano alte e il loro chiarore offuscava quello delle stelle."[7]

Espediente, questo, da lui usato anche in altre opere. Ma c'è una saga nella quale ha assegnato alla Luna un ruolo decisamente più importante, rifacendosi alle leggende classiche.

I mille volti della Luna
Ne La strada dei re il dio malvagio che vuole dominare il mondo, Rakoth Maugrim il Distruttore, ha appena rivelato agli uomini e agli altri dei di essersi risvegliato, e di essere più pericoloso di prima.

"Ricordò ciò che aveva sognato in un'altra vita, quando era quasi un'altra persona, aveva sognato... no, aveva visto nella sonda mentale: la nebbia, il bosco, l'attesa che la luna sorgesse, e poi...

Ma la luna non poteva sorgere. Era la notte del novilunio. La notte precedente, la falce della luna, sorgendo, aveva salvato il cane sovrannaturale. E aveva salvato lui perché vedesse ciò che stava per succedere. Tutto il bosco attendeva, la notte stessa attendeva, tesa come una molla, una luna che quella sera non sarebbe sorta...

E, improvvisamente, la luna sorse.

A oriente, al di sopra degli alberi del bosco, si levò una luce pari a quella della luna piena, che splendette su Fionavar la notte del novilunio. E mentre gli alberi bisbigliavano tra loro, scossi dal vento, Paul vide che la luna era rossa, come il fuoco o come il sangue, e fu il suo stesso potere a dare un nome al miracolo: Dana, la dea madre, era venuta a intercedere.

Era la dea di tutti gli esseri viventi di tutti i mondi; madre, sorella, figlia e sposa del dio: E in un lampo di comprensione, Paul intuì che a quel livello non esistevano più gli dèi come persone, ma esisteva solo il potere, la presenza resasi manifesta. La luna rossa nel cielo della luna nuova, perché il bosco di Mörnir potesse risplendere e l'Albero dei re potesse tuffare le radici nella nebbia ed essere illuminato dall'alto."[8]

Evento impossibile, la luna in questo caso diviene la risposta della dea a un atto di guerra e porta con sé il perdono e una nuova speranza. Ed è un segno talmente potente da poter essere osservato da ogni angolo di Fionavar.

[...] "vide che, quando l'impossibile luna rossa usciva dalle nuvole, la pietra al dito di Kim s'illuminava come un pezzo di brace, e che il colore della sua luce era lo stesso della luna.

"Che cosa succede?" chiese Aileron.

Kim alzò la mano per mostrare l'anello, e si accorse di sapere e nello stesso tempo di non sapere. La magia del Baelrath era una forza primordiale e incontrollabile; come la luna rossa.

"La pietra si carica di potere", disse tranquillamente. "Quella sopra di noi è la luna della guerra, e questa è la pietra della guerra."" [9]

Va notato che la "luna della guerra", come la definisce Kim, è una luna rossa, quella stessa luna che, secondo i comanche, consentiva agli spiriti maligni di uscire dall'inferno. Ribaltando la leggenda indiana, Kay mostra la luna rossa per contrastare una divinità maligna. E nelle pagine successive mostra altre reazioni e considerazioni.

"Anche nel Cathal, quella mattina, avevano visto il fuoco uscire dalla montagna ed erano rabbrividiti nell'udire la risata portata dal vento. Ora la luna rossa splendeva anche su Larai Rigal. Una seconda manifestazione di potere. Nel cielo era stato scagliato un guanto di sfida, e il cielo aveva risposto"

[...] "La luna rossa si levò su Eridu e sulle Grandi Pianure, splendette su Daniloth. E sui lios alfar, che, unici tra tutte le razze, avevano tradizioni sufficientemente antiche da assicurarli che in passato non si era mai levata una luna come quella.

Era la risposta a Rakoth, dissero i loro anziani, raccolti davanti a Ra-Tenniel sul tumulo di Atronel. Una risposta a colui che gli dèi più giovani avevano chiamato Sathain, l'Incappucciato, molti, molti millenni prima. Ed era anche un'intercessione, aggiunsero i più saggi, anche se non avevano modo di sapere che genere di intercessione fosse, per che cosa o per chi. Né sapevano quale fosse il terzo aspetto dell'intervento lunare, anche se tutti i lios sapevano che ce n'era un terzo.

La dea opera sempre in tre direzioni.

***

Un'altra radura, in un altro bosco. Una radura dove un solo uomo aveva osato avventurarsi, nei dieci secoli trascorsi da quando era morto Amairgen.

Il boschetto era piccolo, gli alberi che lo circondavano erano molto alti, antichissimi. La luna dovette salire quasi allo zenit, prima di illuminare la sacra radura del bosco di Pendaran. Ma, quando la illuminò, si levò una musica ultraterrena e l'aria stessa parve addensarsi. Alle note sovrannaturali, l'aria stessa parve prendere forma, e la luce si condensò sotto forma di una creatura di chiarore e di musica, figlia del bosco e della luna.

Terminato il compito dei raggi di luna, la musica tacque. Ora, nella radura in precedenza vuota, c'era una creatura appena nata"

[...] "La dea operava sempre in tre modi, e quello era il terzo."

I mille volti della Luna
""Tutti i miei doni sono a doppio taglio""[10] afferma la dea della luna. Non solo in questa saga, perché spesso la Luna è raffigurata con più volti, in accordo alle sue fasi.

In cerca di un rifugio quando il suo clan è stato distrutto, Gweniver, uno dei personaggi di L'incantesimo dei druidi di Katharine Kerr, decide di condurre sua madre e sua sorella a presso un tempio dedicato alla Luna.

"Nel cuore della notte arrivarono infine al Tempio della Luna, che sorgeva sulla sommità di una collina ed era cinto da un robusto muro di pietra; insieme ai suoi amici e vassalli, il padre di Gweniver aveva fornito i fondi necessari a costruire quel muro, una lungimirante necessità che ora sarebbe servita a salvare la vita di sua moglie e delle sue figlie. Se anche qualche guerriero inebriato dalla battaglia fosse stato abbastanza folle da infrangere il geis e da rischiare l'ira della Dea pretendendo di entrare, le mura lo avrebbero tenuto fuori fino a quando non avesse ritrovato il senno."[11]

La funzione dell'edificio fortificato richiama certi monasteri-fortezze del nostro Medioevo, contemporaneamente luogo di devozione e rifugio. E le donne che vivono al suo interno portano sul loro volto il segno della dea.

"Ardda sollevò inconsciamente una mano a toccarsi la guancia destra, su cui spiccava il tatuaggio azzurro della luna crescente. Qualsiasi uomo che osasse toccare con desiderio una donna che portava quel simbolo veniva immediatamente messo a morte: non soltanto i nobili, ma anche qualsiasi uomo libero di qualunque ceto sarebbe stato pronto ad uccidere il colpevole, perché se la Dea si fosse adirata i raccolti non avrebbero prosperato e nessun uomo avrebbe più generato dei figli."[12]

A Deverry un tatuaggio indica che una donna è sotto la protezione della Dea, ma essere marchiata dalla Luna può condurre a sentieri molto diversi fra loro. E la vocazione è irrevocabile.

"- Sto per lasciarti, mia signora: è mia intenzione votarmi alla Luna e cedere a Macla il comando del clan. Fatto questo prenderò i miei uomini e mi recherò a Cerrmor per presentare al re la petizione del Lupo. Una volta che avrò il tatuaggio il Cinghiale non avrà più motivo di farmi del male.

- Senza dubbio, ma è comunque pericoloso. Detesto pensarti in viaggio con appena tre cavalieri di scorta... chi può sapere cosa gli uomini siano capaci di fare di questi tempi, perfino ad una sacerdotessa?

- Non saranno soltanto tre, mia signora. Io sarò il quarto.

Quando cominciò a capire cosa Gweniver avesse inteso dire, Ardda s'immobilizzò sulla sedia, leggermente incurvata in avanti.

- Non ricordi di avermi parlato del quarto volto della Dea? - proseguì Gweniver. - Il lato oscuro, quando la luna è cupa e tinta di sangue, la madre che divora i suoi figli.

- Gwen. Non questo.

- Questo. - Scuotendo il capo, Gweniver si alzò in piedi e prese a passeggiare per la stanza. - Intendo prendere i miei uomini e partecipare alla guerra. È trascorso troppo tempo dall'ultima volta che una guerriera votata alla Luna ha combattuto in Deverry.

- Sarai uccisa - protestò Ardda, alzandosi a sua volta. - Non lo permetterò.

- Spetta forse a te o a me dare o negare permessi quando è la Dea a chiamarmi? Oggi ho sentito le sue mani su di me.

I loro sguardi s'incontrarono e si confrontarono in uno scontro di volontà, e Gweniver si rese conto di essere una donna e non più una bambina quando Ardda fu la prima a distogliere il suo.

- Ci sono dei modi per mettere alla prova simili ispirazioni - affermò infine la sacerdotessa. - Stanotte vieni al tempio. Se la Dea ti concederà una visione non sarò io ad oppormi, ma se non dovesse farlo...

- Mi lascerò guidare al riguardo dalla tua saggezza.

- Molto bene. Ma se la Dea ti dovesse inviare una visione diversa da quella che tu pensi di volere?

- Allora mi voterò comunque a lei, perché il mio momento è giunto, mia signora. Voglio conoscere il nome segreto della Dea e pronunciare i miei voti."[13]

I mille volti della Luna
La Kerr ha basato i suoi romanzi sulla mitologia celtica, la decisione di dedicarsi alla dea in seguito alla sua chiamata e la falce di luna si trovano anche in altre opere. Fra queste, la più famosa è probabilmente Le nebbie di Avalon di Marion Zimmer Bradley.

""Perché alcune delle donne portano segni azzurri sulla fronte e altre no?"

"La falce azzurra indica che sono votate al servizio della Dea. Quelle che sono qui soltanto per apprendere l'uso della Vista non pronunciano i voti."

"E io li pronuncerò?"

"Starà a te scegliere", rispose Viviana. "La Dea ti dirà se vuole porre la mano su di te. E se lo vorrà, ti chiamerà con una voce che non potrai fare a meno di comprendere.""[14]

La luna, o meglio le lune, di tanto in tanto fanno capolino anche nella saga per la quale la Zimmer Bradley ha realizzato il maggior numero di opere, quella di Darkover. Intorno al pianeta dal sole rosso, infatti, orbitano quattro lune, Liriel, di colore viola, Kyrridin, di colore blu, Idriel, di colore verde, e Mormallor, il cui colore è un bianco madreperla, e un antico proverbio è dedicato a loro.

""Ciò che si fa sotto le quattro lune non deve necessariamente essere ricordato dopo il loro tramonto..."[15]

I mille volti della Luna
La scrittrice di Albany nei suoi romanzi è passata dalla fede al folklore. La scelta di Robert Jordan, invece, è stata quella di mantenere un eco dei miti greci per tratteggiare uno dei suoi personaggi.

"Era tutta vestita di bianco; l'abito, separato per cavalcare, aveva una cinta d'argento e gli stivali, che sporgevano dall'orlo della gonna, erano decorati in argento. Anche la sella era bianca e d'argento. La sua giumenta, bianca come la neve, dal collo arcuato e il passo delicato, era alta quasi quanto lo stallone di Rand. Ma fu la donna stessa - forse aveva l'età di Nynaeve, pensò - a catturare il suo sguardo. Innanzitutto era alta; un palmo più di Nynaeve, e lo poteva quasi guardare negli occhi. Poi era bellissima, la pelle candida come avorio, che contrastava fortemente con i lunghi capelli neri come la notte, e gli occhi scuri."

[...] "La donna rise in modo musicale, ma l'istante dopo tornò a una regale formalità, come una regina sul suo trono. "Io mi chiamo Selene" disse lei."[16]

E se il nome e il colore degli abiti descritti ne La grande caccia non fossero sufficienti a richiamare l'antica divinità, più avanti si trova un altro dettaglio significativo.

"il locandiere gli porse il vassoio con una pergamena.

Rand la prese e fissò il sigillo bianco. Una luna crescente con delle stelle."[17]

Il messaggio è di Selene, sfuggente e inafferrabile come la luce lunare.

Luna dai mille volti, dea o semplice luce nel cielo, mito che torna in molteplici forme. Quelle citate sono solo alcune delle opere che in un modo o nell'altro rendono omaggio all'astro notturno.

Opere citate

  1. J.R.R. Tolkien, Il Silmarillion, R.L Libri, Milano 2002. Pagine 118-120

  2. J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli, Rusconi Libri, Milano 1988. Pagina 826

  3. J.R.R. Tolkien, Lo Hobbit, Adelphi, Milano 1996. Pagine 240-241

  4. George R.R. Martin, I fiumi della guerra, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2002. Pagina 307

  5. G.R.R. Martin, I fiumi della guerra, pagine 395-396

  6. Luca Di Gialleonardo, La Dama bianca, Delos Books Milano 2009. Pagina 11

  7. Guy Gavriel Kay, Il paese delle due lune, Sperling & Kupfer Editori, Milano 1992. Pagina 1

  8. Guy Gavriel Kay, La strada dei re, Sperling & Kupfer Editori, Milano 1993. Pagina 243

  9. G.G. Kay, La strada dei re, pagina 246

  10. G.G. Kay, La strada dei re, pagina 250

  11. Katharine Kerr, L'incantesimo dei druidi, Casa Editrice Nord, Milano 1992. Pagina 40

  12. K. Kerr, L'incantesimo dei druidi, pagine 42-43

  13. K. Kerr, L'incantesimo dei druidi, pagine 54-55

  14. Marion Zimmer Bradley, Le nebbie di Avalon, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1988. Pagina 109

  15. Marion Zimmer Bradley, La catena spezzata, Casa Editrice Nord, Milano 1981. Pagina 186

  16. Robert Jordan, La grande caccia, Fanucci Editore, Roma 2003. Pagine 299-300


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