Un tempo l’Isola di Pasqua era un eden ammantato di verde sul quale si ergevano centinaia di “moai”, le enormi sculture in pietra che hanno reso questo luogo famoso in tutto il mondo. Oggi è una terra desolata, praticamente priva di alberi ad alto fusto. I polinesiani che furono i primi ad insediarsi erano grandi navigatori, seguivano il cielo, il sole e il vento, approdarono sull’isola e vi si stabilirono, costruirono abitazioni, si suddivisero in clan familiari animati da un forte spirito di collaborazione e innalzarono grandi statue di pietra. Un’isola vulcanica con grosse fenditure che hanno generato grotte ovunque dove riemergono le tracce di una vita sotterranea. Nel corso della sua storia un motivo scatenante deve aver indotto la popolazione a vivere sopra e sotto la terra. Grotte per proteggersi, fortificazioni sotterranee mimetizzate per nascondersi dal pericolo, punte di lance in ossidiana dimostrano che furono fabbricate per la guerra. Un popolo pacifico che nel XVII° vive un cambiamento epocale, una società collaborativa e ben organizzata viene invasa dalla violenza e precipita nel caos.
I coloni abbatterono gli alberi per costruire case e moai, il disboscamento fu letale. I moai hanno la loro origine nella cultura polinesiana, erano ossessionati dalla loro costruzione perché incarnavano gli antenati. Le enormi sculture per essere poi innalzate facendo leva con i tronchi, l’apice nella produzione dei moai, con un peso che può arrivare fino a 82 tonnellate, si colloca tra il 1200 e il 1500. Poco dopo il 1400, la palma si estinse completamente. Forse ne erano state tagliate troppe, ma più probabilmente la causa sta nel fatto che i topi, riprodottisi in numero eccessivo, rosicchiavano i frutti della pianta impedendo la nascita di nuovi germogli. Gli uomini abbattevano gli alberi; i topi
Gli isolani potenziarono l’allevamento del pollame ma infine, come ultima “risorsa di proteine”, cominciò il cannibalismo. A causa dell’estinzione dei boschi, avanzò l’erosione del suolo per l’azione di pioggia e vento e l’inaridimento dovuto al sole. Il cibo cominciò a scarseggiare e quindi fu sempre più difficile mantenere i clan che dovevano lottare per sopravvivere, arrivò l’epoca dei conflitti tribali. Infine una nuova minaccia arrivò dal mare, una nave olandese avvista l’isola e la conseguenza fu un genocidio- L”impatto con gli europei fu fatale, uccisi a colpi di fucile o ridotti in schiavitù. Da paradiso terrestre l’isola diventa un’inferno. I supestiti devono affrontare malattie sconosciute, come sifilide e vaiolo, in pochi anni l’isola diventa la terra dei morti.
Molte domande restano ancora senza risposta, non conosceremo mai tutta la vera storia, ma questa tragedia ci ricorda che le risorse naturali non sono inesauribili e ciò che è accaduto nell’Isola di Pasqua ci dà un chiaro insegnamento. Il continuo aumento della popolazione dovrebbe portare ad affrontare la realtà della limitatezza delle risorse che noi, invece, continuiamo a depauperare. C’è da augurarsi che le nuove generazioni sappiano trarre il giusto insegnamento da storie come quella dell’Isola di Pasqua, dove il testamento lasciato dai creatori di moai è chiaro.