I misteri dell’isola di Pasqua

Creato il 28 agosto 2011 da Ilsegnocheresta By Loretta Dalola

Cosa fece sparire la civiltà dall’isola di Pasqua? E’ l’interrogativo che il documentario in onda su National geographic channel si pone, fornendoci la risposta. 400 anni fa su un’ isola del Pacifico, la più isolata del mondo, un intero popolo affronta una catastrofe e scompare. Chi erano e cosa accadde? Nella risposta a queste domande è contenuto un monito alla nostra civiltà.

170 chilometri quadrati, più piccola dell’Isola d’Elba, Rapa Nui, (in lingua natia vuol dire: grande isola/roccia), spicca per la profondità del suo mistero e per il suo isolamento spaziale e temporale dal resto dell’umanità. Era abitata da un popolo con un suo ordine sociale. Scolpirono monumenti alti da uno a venti metri in un piccolo lembo di terra felice, poi la brutalità prese il sopravvento e l’isola di Pasqua divenne mortale. Senza via di fuga un’intera civiltà scompare. Un territorio che ancora oggi è ricco di un’intricata rete di caverne che forniscono indizi per comprendere e svelare cosa sia accaduto.

Un tempo l’Isola di Pasqua era un eden ammantato di verde sul quale si ergevano centinaia di “moai”, le enormi sculture in pietra che hanno reso questo luogo famoso in tutto il mondo. Oggi è una terra desolata, praticamente priva di alberi ad alto fusto. I polinesiani che furono i primi ad insediarsi  erano grandi navigatori, seguivano il cielo, il sole e il vento, approdarono sull’isola e vi si stabilirono, costruirono abitazioni, si suddivisero in clan familiari animati da  un forte spirito di collaborazione e innalzarono grandi statue di pietra. Un’isola vulcanica con grosse fenditure che hanno generato grotte ovunque dove riemergono le tracce di una vita sotterranea.  Nel corso della sua storia un motivo scatenante deve aver indotto la popolazione a vivere sopra e sotto la terra. Grotte per proteggersi, fortificazioni sotterranee mimetizzate per nascondersi dal pericolo,  punte di lance in ossidiana dimostrano che furono fabbricate per la guerra. Un popolo pacifico che nel XVII° vive un cambiamento epocale, una società collaborativa e ben organizzata viene invasa dalla violenza e precipita nel caos.

L’isola  un tempo era un paradiso: fertili terre da coltivare ricche di flora, foreste, acqua dolce, uccelli e risorse. Era coperta di alberi tipici delle regioni subtropicali, alla loro ombra crescessero rigogliosamente piante a basso fusto, cespugli, felci ed erba.
I coloni abbatterono gli alberi per costruire case e moai, il disboscamento fu letale. I moai hanno la loro origine nella cultura polinesiana, erano ossessionati dalla loro costruzione perché incarnavano gli antenati.  Le enormi  sculture per  essere poi innalzate  facendo leva con i tronchi,  l’apice nella produzione dei moai, con un peso che può arrivare fino a 82 tonnellate,  si colloca tra il 1200 e il 1500.  Poco dopo il 1400, la palma si estinse completamente. Forse ne erano state tagliate troppe, ma più probabilmente la causa sta nel fatto che i topi, riprodottisi in numero eccessivo, rosicchiavano i frutti della pianta impedendo la nascita di nuovi germogli. Gli uomini abbattevano gli alberi; i topi ne mangiavano i frutti; gli uccelli selvatici, che aiutavano la diffusione di polline e semi, andarono estinguendosi e, dopo di essi, anche altri animali. L’eccessiva pesca dei molluschi sterminò gran parte delle risorse alimentari che si trovavano sotto costa. Senza legno gli abitanti non potevano costruire le grandi canoe, erano intrappolati e senza via di scampo.

Gli isolani potenziarono l’allevamento del pollame ma infine, come ultima “risorsa di proteine”, cominciò il cannibalismo. A causa dell’estinzione dei boschi, avanzò l’erosione del suolo per l’azione di pioggia e vento e l’inaridimento dovuto al sole. Il cibo cominciò a scarseggiare e quindi fu sempre più difficile mantenere i clan che dovevano lottare per sopravvivere, arrivò l’epoca dei conflitti tribali. Infine una nuova minaccia arrivò dal mare, una nave olandese avvista l’isola e la conseguenza fu un genocidio- L”impatto con gli europei fu fatale, uccisi a colpi di fucile o ridotti in schiavitù. Da paradiso terrestre l’isola diventa un’inferno. I supestiti devono affrontare malattie sconosciute, come sifilide e  vaiolo, in pochi anni l’isola diventa la terra dei morti.

Molte domande restano ancora senza risposta, non conosceremo mai tutta la vera storia, ma questa tragedia ci ricorda che le risorse naturali non sono inesauribili e ciò che è accaduto nell’Isola di Pasqua ci dà un chiaro insegnamento. Il continuo aumento della popolazione dovrebbe portare ad affrontare la realtà della limitatezza delle risorse che noi, invece, continuiamo a depauperare. C’è da augurarsi che  le nuove generazioni sappiano trarre il giusto insegnamento da storie come quella dell’Isola di Pasqua, dove il testamento lasciato dai creatori di moai è chiaro.


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