Quando rompiamo un uovo e lasciamo che albume e tuorlo riempiano una pentola, verosimilmente non ci poniamo altro obiettivo se non quello di cucinare qualcosa di buono. In realtà, dietro a questa banale operazione, si cela un intero mondo: quello dell'entropia (dal greco entropé, che significa “conversione, confusione”). Il termine, ben noto agli scienziati, ma astruso per la maggior parte delle persone che non ha mai masticato un po' di fisica, viene affrontato per la prima volta da Rudolf Clausius nel suo Trattato sulla teoria della meccanica del calore pubblicato nel 1864. Si rifà a una teoria secondo la quale ogni tipo di trasformazione avviene in una sola direzione, verso il maggior disordine; mentre non accade mai il fenomeno contrario. Immaginiamo un recipiente colmo di un gas che indichiamo con la lettera A e un altro riempito con il gas B. A un certo punto apriamo una fessura consentendo ai due gas di venirsi incontro e fondersi fra loro. Dall'incontro fra le varie molecole si instaura un grado di disordine massimo. Dunque l'entropia misura questo parametro; si ha, perciò, una minore entropia quando il disordine è minimo e una entropia massima quando il disordine è totale. Si possono fare molti altri esempi, come una goccia di inchiostro che scivola in un bicchiere d'acqua, o del caffè che viene versato in una tazza di latte. In entrambi i casi si passa da una condizione di ordine al disordine, con un'impennata dell'entropia. Si può fare un altro esempio prendendo come riferimento una boccetta di profumo: nello stadio iniziale le molecole isolate dall''universo' sono ordinate e con bassa entropia; ma se togliamo il tappo evaporano, raggiungendo il disordine e il cosiddetto equilibrio dinamico. E si può far riferimento perfino all'universo, considerando che da un ordine iniziale, l'espansione a cui è sottoposto in seguito al big bang, fa sì che ci sia un continuo aumento del disordine e dell'entropia. Perché non si può tornare allo stato originale? Perché a fronte di un solo stato di ordine vi sono miliardi di miliardi di miliardi di stati di disordine possibili. Tutti questi processi, come si può facilmente intuire, sono irreversibili e seguono inevitabilmente la freccia del tempo. Questo vuol dire che il processo inverso (per esempio la separazione dei due gas A e B nei due recipienti) non avviene spontaneamente in natura. Se da un lato l’entropia viene, dunque, usualmente associata al disordine, la sua definizione termodinamica è invece basata sul concetto di calore. Il calore può essere definito come il trasferimento di energia termica (forma di energia che caratterizza ogni corpo dotato di una certa temperatura superiore allo zero assoluto) da un corpo all'altro. Da ciò dipendono numerosi aspetti della fisica e, quindi, dei tanti fenomeni naturali che ci riguardano anche in prima persona. I primi ad associare il calore all'energia, e non più quindi al fantomatico fluido invisibile detto “calorico”, furono a cavallo fra il Settecento e l'Ottocento Benjamin Thompson, Humphry Davy e James Prescott Joule. Con essi si gettano le basi della termodinamica. Ma cosa si intende con questo termine? Si riferisce a una branca della fisica finalizzata allo studio delle trasformazioni subite da un “sistema”, successive a un processo di scambio di energia con altri sistemi o con l'ambiente che ci circonda. Il primo a capire che si potesse ottenere forza lavoro da uno scambio energetico in cui fosse coinvolto il calore fu Nicolas Léonard Sadi Carnot, nel 1824. Ha appena 28 anni quando pubblica Réflexions sur la puissance due feu (Riflessioni sulla potenza motrice del fuoco). Ma il primo principio della termodinamica – detto anche legge di conservazione dell'energia – è opera di Joule. Attua il seguente esperimento, lasciando cadere in un recipiente adiabatico (sistema che non può scambiare calore con l'esterno) un peso collegato a un'asta verticale tramite una corda, registrando un aumento della temperatura del liquido dovuta all'attrito dell'oggetto in esso precipitato. È la conferma che l’energia può assumere varie forme (lavoro, calore) fra loro equivalenti. Poco più tardi, grazie alle intuizioni di Carnot, ma attraverso gli studi di Clausius, si giunge alla seconda legge della termodinamica, caposaldo della fisica moderna, che pone dei limiti al passaggio di energia da una forma all’altra.
Quando rompiamo un uovo e lasciamo che albume e tuorlo riempiano una pentola, verosimilmente non ci poniamo altro obiettivo se non quello di cucinare qualcosa di buono. In realtà, dietro a questa banale operazione, si cela un intero mondo: quello dell'entropia (dal greco entropé, che significa “conversione, confusione”). Il termine, ben noto agli scienziati, ma astruso per la maggior parte delle persone che non ha mai masticato un po' di fisica, viene affrontato per la prima volta da Rudolf Clausius nel suo Trattato sulla teoria della meccanica del calore pubblicato nel 1864. Si rifà a una teoria secondo la quale ogni tipo di trasformazione avviene in una sola direzione, verso il maggior disordine; mentre non accade mai il fenomeno contrario. Immaginiamo un recipiente colmo di un gas che indichiamo con la lettera A e un altro riempito con il gas B. A un certo punto apriamo una fessura consentendo ai due gas di venirsi incontro e fondersi fra loro. Dall'incontro fra le varie molecole si instaura un grado di disordine massimo. Dunque l'entropia misura questo parametro; si ha, perciò, una minore entropia quando il disordine è minimo e una entropia massima quando il disordine è totale. Si possono fare molti altri esempi, come una goccia di inchiostro che scivola in un bicchiere d'acqua, o del caffè che viene versato in una tazza di latte. In entrambi i casi si passa da una condizione di ordine al disordine, con un'impennata dell'entropia. Si può fare un altro esempio prendendo come riferimento una boccetta di profumo: nello stadio iniziale le molecole isolate dall''universo' sono ordinate e con bassa entropia; ma se togliamo il tappo evaporano, raggiungendo il disordine e il cosiddetto equilibrio dinamico. E si può far riferimento perfino all'universo, considerando che da un ordine iniziale, l'espansione a cui è sottoposto in seguito al big bang, fa sì che ci sia un continuo aumento del disordine e dell'entropia. Perché non si può tornare allo stato originale? Perché a fronte di un solo stato di ordine vi sono miliardi di miliardi di miliardi di stati di disordine possibili. Tutti questi processi, come si può facilmente intuire, sono irreversibili e seguono inevitabilmente la freccia del tempo. Questo vuol dire che il processo inverso (per esempio la separazione dei due gas A e B nei due recipienti) non avviene spontaneamente in natura. Se da un lato l’entropia viene, dunque, usualmente associata al disordine, la sua definizione termodinamica è invece basata sul concetto di calore. Il calore può essere definito come il trasferimento di energia termica (forma di energia che caratterizza ogni corpo dotato di una certa temperatura superiore allo zero assoluto) da un corpo all'altro. Da ciò dipendono numerosi aspetti della fisica e, quindi, dei tanti fenomeni naturali che ci riguardano anche in prima persona. I primi ad associare il calore all'energia, e non più quindi al fantomatico fluido invisibile detto “calorico”, furono a cavallo fra il Settecento e l'Ottocento Benjamin Thompson, Humphry Davy e James Prescott Joule. Con essi si gettano le basi della termodinamica. Ma cosa si intende con questo termine? Si riferisce a una branca della fisica finalizzata allo studio delle trasformazioni subite da un “sistema”, successive a un processo di scambio di energia con altri sistemi o con l'ambiente che ci circonda. Il primo a capire che si potesse ottenere forza lavoro da uno scambio energetico in cui fosse coinvolto il calore fu Nicolas Léonard Sadi Carnot, nel 1824. Ha appena 28 anni quando pubblica Réflexions sur la puissance due feu (Riflessioni sulla potenza motrice del fuoco). Ma il primo principio della termodinamica – detto anche legge di conservazione dell'energia – è opera di Joule. Attua il seguente esperimento, lasciando cadere in un recipiente adiabatico (sistema che non può scambiare calore con l'esterno) un peso collegato a un'asta verticale tramite una corda, registrando un aumento della temperatura del liquido dovuta all'attrito dell'oggetto in esso precipitato. È la conferma che l’energia può assumere varie forme (lavoro, calore) fra loro equivalenti. Poco più tardi, grazie alle intuizioni di Carnot, ma attraverso gli studi di Clausius, si giunge alla seconda legge della termodinamica, caposaldo della fisica moderna, che pone dei limiti al passaggio di energia da una forma all’altra.
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