Uno dei miti più rappresentati nella pittura è quello di Zeus e Danae, forse perché simboleggia la vittoria della passione e della creatività sulla repressione.
Acrisio, il padre di Danae, contrariato dalla mancanza di un erede maschio, si rivolge all’oracolo, il quale gli annuncia che sarà ucciso dal figlio di Danae; per evitare che la profezia si avveri, Acrisio rinchiude la figlia in una torre. Zeus riesce però ad entrare sotto forma di pioggia d’oro e la mette incinta.
Klimt è uno dei pittori che rappresenta questo mito: Danae viene dipinta in posa sensuale, sommersa da una pioggia di monete d’oro; gli storici dell’arte hanno sempre parlato di “forme ovaloidi”, “ornamenti” e “dischi di filigrana d’oro”, e questo è ciò che nota anche un normale osservatore. Ci sono voluti gli occhi del biologo Scott Gilbert, dello Swarthmore College in Pennsylvania, per identificare queste forme come delle cellule embrionali, i blastocisti, che altro non sono che l’embrione nelle sue primissime fasi di sviluppo (5°-7°giorno), che scorrono lungo i fianchi della principessa. Secondo Gilbert, che ha condotto questi studi con la storica della scienza Sabine Brauckmann, l’uso di questi soggetti nella pittura di Klimt sta a simboleggiare il concetto di creazione e nascita di una nuova vita. La Brauckmann, per scoprire dove Klimt avesse acquisito tali conoscenze, ha passato al setaccio gli archivi di Vienna, fino a concludere che il pittore austriaco frequentava delle serate sull’embriologia tenute dall’anatomista Emil Zuckerkandl e dalla moglie Bertha, una scrittrice con la passione per l’arte, che amava invitare la sua cerchia di amici di talento a conferenze scientifiche con tanto di diapositive di vasi sanguigni, cellule del cervello e le altre meraviglie microscopiche.
In questi saloni dunque si era arrivati ad un alto livello di integrazione tra arte e scienza, concetto da cui oggi siamo molto lontani; anzi, come fa notare Gilbert, “oggi l’arte quasi si ribella alla scienza”.