(by Vito De Romeo)
Era febbraio del 1980, quando, all’appuntamento olimpico di Lake Placid, il coach della nazionale USA di Hockey Herb Brooks, si presenta, davanti al pubblico di casa, con una squadra di giovani dilettanti e studenti universitari .
A quel torneo olimpico partecipavano 12 squadre, tra i quali il Canada, la Cecoslovacchia, la Svezia, e la temibilissima Unione Sovietica. I sovietici, pur non avendo lo status di giocatori professionisti, contavano tra le proprie fila, alcuni tra i giocatori più forti di tutta la storia dell’hockey mondiale, quale il capitano Boris Mikhailov, oppure Vladislav Tretiak, a detta di tutti il miglior portiere del mondo in quel periodo. Altra gloria indiscussa di quella storica formazione era il difensore Vjacelsav Fetisov. La squadra del coach USA Hern Brooks, non avendo in selezione alcun campione affermato della NHL, con un organico del tutto a digiuno di esperienza internazionale, non partiva di certo tra le favorite del torneo. A dire il vero, in un incontro amichevole di preparazione, gli USA erano stati travolti dai sovietici, con disinvoltura, con un inequivocabile 10-3.
Il torneo era organizzato in due gironi da sei squadre. Le migliori due di ogni girone si qualificavano per il girone finale che avrebbe assegnato le medaglie, mentre le terze, avrebbero disputato una finale di consolazione per il quinto posto. Alla fine dei gironi di qualificazione, già arrivarono le prime sorprese: Canada e Cecoslovacchia, terze nei rispettivi gironi, si ritrovarono, contro ogni pronostico, fuori dalla corsa alle medaglie. Al girone finale accedettero l’URSS, la Svezia, la Finlandia e gli USA. Il 22 febbraio, mentre la Svezia pareggiava con la Finlandia, nell’altro incontro delle fasi finali, che vedeva opposta la grande URSS alla giovane squadra USA, si scrisse una delle pagine più epiche della storia mondiale dell’hockey su ghiaccio.
Sul ghiaccio e sugli spalti la tensione è alle stelle. Va ricordato che siamo in piena guerra fredda, e da poco l’unione sovietica ha invaso l’Afghanistan. L’allora presidente americano Carter, in quei giorni sta pensando di boicottare l’edizione estiva delle Olimpiadi che si terrà a Mosca. I sovietici arrivano alle fasi finali, dopo aver superato a punteggio pieno, 5 vittorie in altrettanti incontri, il girone eliminatorio. La giovane squadra USA, non avendo grandi individualità affermate, puntando su un’eccellente preparazione fisica e tattica, accede alle fasi finali, dopo essere risultata seconda nel proprio girone, alle spalle della Svezia. ( 4 vittorie e un pareggio con la Svezia, la quale, anche se a pari punti, risulta prima in virtù di una migliore differenza reti). In un ambiente assordante, tra cori patriottici americani e sventolio di bandiere a stelle e strisce, i sovietici passano subito in vantaggio con Krutov, il quale devia in rete un tiro di Kasatonov. Passa poco, e spinti dall’entusiasmo del pubblico, gli americani agguantano il pareggio con Sneider. Neanche il tempo di esultare per il pareggio, ed è Makarov a riportare i sovietici in vantaggio. Chiunque si sarebbe arreso di fronte alla corazzata sovietica, ma non i ragazzi di Herb Brooks, ai quali il goal russo sembra dare la scossa. Il portiere Jim Craig cresce di parata in parata, sbarrando la strada del goal agli attaccanti sovietici. Dopo aver resistito all’assalto dei sovietici, gli USA, in finale di primo tempo, ritrovano nuovamente il pareggio con Mark Jonhson, lesto a ribattere in rete una corta respinta del mitico portiere Tretiak. Forse per l’errore che è valso il pareggio USA, o per qualche altro motivo che ancora oggi rimane un mistero, il coach sovietico Tikhonov, all’inizio del secondo tempo, sostituisce il portiere Tretiak con la riserva Myshkin. Nel corso del secondo tempo, quest’ultimo non lascia rimpiangere il mitico Tretiak e si esibisce in alcuni buoni interventi. I sovietici chiudono il secondo tempo riportandosi nuovamente in vantaggio per 3-2, e ormai sembrano aver indirizzato la partita. Arriva il terzo tempo, probabilmente il terzo tempo più entusiasmante della storia dell’hockey, e si compie il miracolo sul ghiaccio di Lake Placid, quello che ancora oggi viene ricordato come “Miracle on Ice” dagli sportivi americani, e dagli appassionati di hockey di tutto il mondo. I ragazzi di coach Brooks giocano stringendo i denti, difendendosi dagli attacchi sovietici con un superlativo Jim Craig, che salva a più riprese la sua gabbia e la squadra americana dal tracollo. A dispetto degli attacchi sovietici, a metà del terzo tempo è Johnson ad insaccare alle spalle di Myshkin, siglando la sua doppietta. Gli americani ci credono, i sovietici iniziano a soffrire la spregiudicatezza di questi ragazzini sconosciuti, che non sembrano sentire la fatica, anzi, la loro condizione sembra crescere col passare dei minuti, fino a quando è il capitano, Mike Eruzione, a mettere a segno il goal del miracolo quello del 4-3. Lo stadio del ghiaccio diventa una bolgia, e Jim Craig continua a sbarrare la strada agli increduli attaccanti sovietici, fino ai sette secondi finali, che videro tutto il pubblico sugli spalti esibirsi nel conto alla rovescia più emozionante della storia dell’hockey. La giovane squadra di universitari e dilettanti americani, aveva appena sconfitto la più forte squadra nazionale della storia dell’hockey, quell’Unione Sovietica che giocava a memoria, e che vide la fine della sua lunghissima imbattibilità. Andando a vincere il secondo incontro della fasi finali contro la Finlandia, gli Usa si aggiudicarono la medaglia d’oro, proprio davanti ai Sovietici, medaglia d’argento, e alla Svezia, medaglia di bronzo.
Tale fu l’epicità di quell’incontro, che l’anno successivo negli Usa andò in onda un film per la televisione intitolato “Miracle on Ice”, filme che uscì in versione cinematografica nel 1989. In anni più recenti, nel 2004, un altro film ricorda quel leggendario incontro, si tratta di “Miracle”, nel quale Kurt Russel interpreta la figura del Coach Herb Brooks.