I Molteplici e Variegati Percorsi di Dexter

Creato il 09 maggio 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Postato il maggio 9, 2012 | CINEMA | Autore: Loredana Aiello

Sostanziali le differenze di contenuto che emergono nel secondo appuntamento con Dexter tra la versione di Jeff Lindsay e la seconda serie della Showtime. In Dearly Devoted Dexter (2005), pubblicato dalla Mondadori nel 2009 con il titolo Dexter il devoto (tradotto stavolta da Cristiana Astori), l’autore riprende le fila del suo racconto precedentemente lasciato in sospeso. Dexter continua la rassicurante relazione con Rita e subisce i pedinamenti del sergente della polizia di Miami, Albert Doakes. La costante presenza della Taurus marrone di Doakes impedisce a Dexter qualsiasi autonomia di movimento per quanto riguarda la sua attività di “spazzino della società”. Dexter si trova costretto a ripiegare su attività ritenute più socialmente accettabili e ciò significa trascorrere le ore libere a casa di Rita, in compagnia dei figli di lei, Astor e Cody, e di qualche birra. In Dexter il devoto, Lindsay limita al minimo le esecuzioni dell’ematologo, riversando le sue fantasie più cruente (ai limiti dell’immaginabile sopportazione umana) su un nuovo killer, ma forse il termine più appropriato è “mutilatore”. Dexter si trova a dover mettere da parte il camice da “topo di laboratorio” per affrontare il ruolo desueto di investigatore sulle tracce del maniaco sotto le pressioni della sorella Deborah e dell’odiato Doakes.

La seconda stagione di Dexter (in America dal 2007) segue un altro percorso; la vita del nostro perito si complica e si districa nell’intensa attività lavorativa, sentimentale, riabilitativa e… vendicativa. Se nella versione di Lindsay la sorveglianza del sergente Doakes riesce a fare del dott. Morgan un cittadino modello, nella serie televisiva il protagonista riesce ad eludere il pesante controllo del sergente escogitando di volta in volta piani sempre più elaborati. Il Passeggero Oscuro rifiuta “le pantofole e il divano” e riesce a mettere a punto diverse spedizioni punitive, rese più succose dalle difficoltà di realizzazione. La serie aggiunge al romanzo due elementi fondamentali: un nuovo serial killer su cui indaga la polizia di Miami e un ambiguo personaggio che s’insinua nella vita di Dexter. Per il nuovo killer, la stampa conia il soprannome di “Macellaio di Bay Harbor” con grande disappunto dell’autore degli omicidi, il quale ne avrebbe preferito uno più elegante. I diciotto corpi ritrovati fortuitamente sul fondo del mare, ben sezionati e impacchettati, sono, infatti, frutto del duro lavoro dell’insospettabile ematologo.

Il conflitto di interesse e le ansie del povero Dexter diventano insostenibili; mantengono il protagonista – e con lui, lo spettatore – in un continuo stato d’inquietudine e incertezza. Per di più, come anticipato, la serie aggiunge un personaggio abbastanza ingombrante (presente in dieci puntate su dodici): Lila, interpretata dall’inglese Jaime Murray. Lila entra nella vita di Dexter come sua sponsor in un programma riabilitativo per tossicodipendenti (divertente l’espediente che spinge Dexter a frequentare tale programma). Il ruolo della candida Lila dai capelli scuri (l’esatto contrario di Rita) è fondamentale perché grazie alla sua assistenza Dexter avrà modo di chiarire alcuni punti della sua vita sia passata che futura. Inoltre, ricopre un ruolo determinante in termini narrativi per la risoluzione finale, che, ancora una volta prende le distanze dalla fonte letteraria.

Se possibile, Dexter il devoto possiede alcune sfaccettature che ne aumentano la carica morbosa: Lindsay crea un mutilatore seriale capace di mostruosità che fanno rivalutare il concetto di morte. Le tinte di questo secondo romanzo diventano più noir, investendo anche l’innocenza dell’infanzia. I punti di contatto tra libro e serie si riducono a tre elementi: l’intromissione di Doakes nella vita privata di Dexter, l’intrusione dei federali di Washington nelle indagini del dipartimento di Miami e in una relazione di Deborah / Debra con un suo collega. Da notare che la seconda stagione risulta, dai titoli di testa, ispirata a Darkly Dreaming Dexter e non a Dearly Devoted Dexter. Ancora una volta l’ultima puntata della fortunata serie contribuisce a soddisfare i pruriti dello spettatore chiudendo e concludendo ogni questione aperta, soddisfacente come il posizionamento dell’ultima tessera di un puzzle.

Jeff Lindsay, vittima della stessa serialità che attanaglia i suoi personaggi, sebbene dimostri una migliorata abilità – Dexter il devoto è scritto in maniera più seducente rispetto al visionario e onirico Dexter il vendicatore – si conquista il deprecabile merito di autore di «libri interrotti». Un vero peccato, perché più che lasciare il lettore senza parole riesce ad ispirarne parecchie.



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