Non c’è rifugio che tenga contro l’idiozia: è come una polvere finissima che penetra dovunque. E dunque già da nei giorni scorsi ha cominciato ad accumularsi attorno al campionato del mondo dopo che si sono palesati i finalisti, Argentina e Germania. Già da subito si è parlato addirittura dello scontro fra due visioni del mondo e si è temuto per una vittoria della Germania che andava a dettare legge persino nel calcio. D’accordo che viviamo nel mondo dell’improvvisazione e del dilettantismo opaco come Renzi e Boschi testimoniano in modo impeccabile, ma quel che troppo è troppo: intanto i calciatori delle due squadre giocano pressoché tutti in Europa e poi la squadra tedesca non ha fatto certo un exploit negli ultimi anni, visto che assieme a Brasile e Italia è una delle nazionali con più titoli continentali e mondiali: io avevo appena finito il liceo quando si svolse la Jarhundertspiel, la partita del XX* secolo tra Italia e Germania a città del Messico. E per la cronaca nel 2006, appena otto anni fa, vinse il “modello italiano”.
Ma non sono queste chiacchiere sciocche con le quali campano agiatamente molti informatori nostrani, a costituire il nucleo essenziale dell’ottusità post mondiale: la vera idiozia morale è che attraverso il calcio vengono dette cose che non si ha il coraggio di affrontare in via diretta e che anzi vengono nascoste a affatturate in nome degli interessi dei tre o quattro editori reali superstiti in questo Paese e del sistema politico oligarchico che si è creato. Parlando di calcio si può finalmente mettere da parte il guscio vuoto di un’Europa che non esiste per parlare solo di chi effettivamente comanda, ovvero la Germania anche se solo come punta dell’iceberg di un disegno liberista che punta a sbarazzarsi degli stati per realizzare il capitalismo assoluto. Anche questo un esempio di quelle insolubili antinomie che ci stanno portando nel baratro. Si può finalmente trovare un’analogia evidente in quell’Argentina che andò in default per aver voluto rinunciare di fatto alla propria moneta e agganciarsi al dollaro nella speranza di risolvere i problemi di struttura del Paese, venendone invece travolta. Situazione dalla quale non siano molto distanti ad onta del pesante cerone che viene sovrapposto ai fatti e che se qualche anno fa poteva solo essere un errore, oggi è una evidente bugia.
Ecco, queste cose si possono dire fingendo di parlare di calcio giocando al castigat ridendo mores che è un must da più di duemila anni. E che presenta anche un evidente vantaggio: si può trascurare di mettere in crisi il modello globale, di nasconderne la bruttura non accidentale, ma strutturale, di superarne le contraddizioni insanabili che stanno portando al declino l’occidente intero per attaccarsi a errori contingenti, alle “riforme” non fatte, a manchevolezze marginali o appellarsi al modello tedesco, insomma a tutto il repertorio di banalità correnti e insensate pur di rimanere dentro lo schema di sviluppo, nonostante esso sia diventato l’archetipo progettuale di regresso economico e democratico che si sta imponendo. La palla è rotonda, un gol si può sbagliare, si può sempre rimontare: tutto ciò che rende appassionante lo sport, vale a dire l’imprevedibilità, è usato per distrarre da ciò che invece è visibile e prevedibile sulla strada che si è intrapresa.