Questi ultimi anni, lo sappiamo, pullulano di uxoricidi. O femminicidi. Uomini che scelgono di uccidere la propria moglie/fidanzata/amante, talvolta divenuta ex, perché oppressi dalla gelosia, dal risentimento, dall’odio. L’ultima faccenda che puzza di uxoricidio è quella di Elena Ceste, il marito ha ricevuto l’avviso di garanzia per omicidio e occultamento di cadavere, pare sia la prassi. Non ci sono prove, quindi è innocente fino a prova contraria. Ciò detto, di queste notizie che mandano in estasi gli autori di parecchie trasmissioni italiane (e di parecchi TG) non ne posso più. Mi urtano il sistema nervoso, mi obbligano a incattivirmi contro il genere maschile, originano in me tratti femministi che mi fanno assomigliare più a una Santanché che a una Rosie the Riveter. Mi lascio sopraffare dal (pre)concetto molto in voga dell’uomo debole, smidollato, violento, che esplode inevitabilmente dinnanzi a una donna più forte che, spesso e volentieri, lo vuole lasciare.
Dunque, avvicinatevi, vi dico un segreto: molti, moltissimi uomini rappresentano questa descrizione miserabile. Non tutti, ma tanti. Però questo stereotipo mi fa anche un po’ sorridere, perché quasi tutti coloro che sono fatti in questo modo non uccidono. Insomma, ci sono un sacco di pezzi di merda, egocentrici vigliacchi, che combinano pasticci tremendamente odiosi. Ma non uccidono. Capito? Mi rivolgo soprattutto alle donne. Toglietevi quell’espressione da Pitbull incollerito da talk show pomeridiano e tranquillizzatevi. Il vostro attuale o ex non sta pensando di buttarvi giù da un dirupo o di farvi a pezzi con la katana di Kill Bill. Certo, per dovere oggettivo è giusto sottolineare il fatto che la gente è fuori di testa e di tanto in tanto ammazza qualcuno. Molto spesso, è altresì vero, le vittime sono donne e i loro bambini, per giunta.
Le femministe cazzute di una volta non si deturpavano col botulino.
Anch’io inorridisco, anch’io mi scaldo come una pentola a pressione, perché non ne posso più. Davvero, sono sfinita di leggere e ascoltare notizie del genere.
Proprio qualche giorno fa, mentre ponderavo il pensiero del non ne posso più, ho letto questa recensione di Alessandro Cruciani. Il libro l’ho acquistato in un nano secondo, un libro che racconta il matrimonio tormentato di Nick e Amy, Un libro che parla di Amy che sparisce e di Nick che viene accusato di omicidio. Meno male che non ne potevi più, penserete voi. Ciò dimostra che ho senz’altro un problema, o meglio, un’ossessione. Vedete, io al momento sono una persona serena e soddisfatta, provo quelle sensazioni particolari che ti fanno dire cose pazzesche alla gente, tipo: sono felice!, ma sono stata profondamente infelice. E quando dico profondamente, intendo dire che ho vagato tra gli abissi, alla cieca. E credevo che non sarei sopravvissuta. Invece tiè, alla faccia dei demoni che mi ridevano in faccia, ho nuotato nell’oceano di escrementi in cui mi ero impantanata e oggi sono viva. Sono anche ingrassata e la 38 mi sta stretta. Ma questa è un’altra storia.
Scusate, mi sono persa, succede quando ripenso ai vecchi tempi andati. Il punto è che sono sopravvissuta perché non sono una psicopatica. L’empatia verso il prossimo e verso me stessa mi ha salvata dalla follia. Ricordatevi bene questo termine: empatia. Provarla ci permette di avere rapporti interpersonali migliori. E, cosa mica da poco conto, ci permette di non uccidere. Io credo che il mondo contenga molti più psicopatici di quel che pensiamo, molti omicidi premeditati vengono compiuti da persone mentalmente disturbate. Non è una giustificazione, è che la mancanza di empatia verso la persona che stai scegliendo di uccidere (sì, fanculo i dannati raptus. È quasi sempre una scelta-naturalmente si esclude la legittima difesa) ti rende automaticamente un disturbato. O disturbata. Non facciamo del sessismo imbarazzante.
Ebbene, il libro che mi ha portato a sbrodolare questo articolo, Gone Girl – L’amore bugiardo, è scritto da una donna, Gillian Flynn.
Gillian io ti lovvo tanto, ho già pronto l’altro tuo libro. Io contenta *___*
E forse voi tutti penserete che la protagonista sia la vittima di un marito infame. Può essere. Posso dirvi che l’intreccio della trama è sorprendente, che per tutto il tempo ho provato sentimenti contrastanti per entrambi i personaggi (la narrazione speculare coi due punti di vista funziona in modo impressionante). Vi suggerisco di recuperare il romanzo al più presto, il 18 dicembre dovrebbe uscire la trasposizione cinematografica firmata David Fincher con Ben Affleck e Rosamund Pike, pertanto è necessario sbrigarsi. Non potete impedirvi il piacere di questo libro che, vi assicuro, divorerete in un paio di giorni (non lavorativi, ovvio). Mai titolo italianizzato fu più azzeccato (sappiamo quanto siamo generalmente scarsi nel tradurre titoli), la bugia regna sovrana. Raccontarvi di più mi farebbe sentire in colpa, vi rovinerei l’esperienza.
Mentre leggevo Gone Girl mi risuonava in testa una canzone di Giorgio Gaber, I mostri che abbiamo dentro. Siamo tutti potenzialmente vittime e carnefici, tutti presenti in questa società che è terreno fertile, concime per i nostri intimi mostri. Quello che più mi spaventa non sono i fantasmi, non è il sovrannaturale. Sono gli esseri umani.
La nostra vita cosciente
la nostra fede nel giusto e nel bello
è un equilibrio apparente
che è minacciato
dai mostri che abbiamo nel nostro
cervello.
Io penso che ci possiamo salvare se ci rendiamo empatici, lo ripeterò fino alla nausea. Non basta non uccidere fisicamente un altro essere umano per deresponsabilizzarci dalle nostre lacune sentimentali. L’educazione al sentimento dovrebbe divenire materia scolastica, dovrebbe essere aggiornamento costante nelle famiglie. Dovrebbe essere il punto da cui partire per arrivare a sconfiggere, prima o poi, l’amore bugiardo.