In un paese delle Alpi Svizzere diversi alpinisti scompaiono nelle escursioni in alta montagna, mettendo così in serio pericolo il settore turistico di Trollenberg.
Gli scienziati di un vicino osservatorio hanno notato già da qualche tempo un'insolita formazione nebbiosa che aleggia sulle locali vette montane. Solo che, negli ultimi giorni, essa si è mossa più a valle. C'entra qualcosa con la sparizione degli alpinisti?
Due sorelle, artiste itineranti esperte nel campo della magia e dell'illusionismo, vengono attirate a Trollenberg. Una di loro, Anna, possiede reali poteri telepatici, che le fanno percepire una presenza minacciosa sulle montagne, tra la nebbia.
I mostri delle rocce atomiche è un vecchio film di fantascienza, tipicamente anni '50 (nello specifico è stato girato nel 1958). In esso sono riscontrabili tutti i pregi e tutti i difetti di quell'epoca, comunque aurea, per un genere che avrebbe presto conosciuto un declino costante.
Innanzitutto si respira quell'atmosfera di genialità nello sviluppare una trama che punta tanto sull'idea vincente e originale. Come definire altrimenti gli alieni che perseguitano Trollenberg, se non come originali? Si tratta infatti di enormi globi oculari dotati di tentacoli, capaci di nascondersi nella nebbia gelata che loro stessi creano, e di trasformare gli essere umani in loro schiavi, tramite una sorta di controllo mentale esercitato attraverso un non meglio precisato processo di asservimento delle vittime catturate sulle cime dei monti.
La sceneggiatura non presenta vuoti logici né incongruenze (cosa che purtroppo non si può dire di molti, costosissimi film contemporanei), pur nella sua linearità, e nel suo presentare dei protagonisti rigorosamente stereotipati, ma proprio per questo ottimi nel contesto del film.
Per contro si notano i consueti limiti di budget (che comunque non rovinano la resa visiva degli alieni, specialmente quando essi vengono mostrati solo in parte, si sfuggita). Il finale poi si inserisce nel contesto tipico dell'epoca, coi le Forze Armate che salvano il salvabile, garantendo la vittoria del genere umano sui mostruosi invasori. E va beh, questo proprio dobbiamo prenderlo così come viene...
I mostri delle rocce atomiche ha il pregio – come molti altri titoli simili – di presentarci degli alieni davvero diversi dal solito. Niente umanoidi, omini verdi o nordici. E poi sì, sono cattivi. Cattivi, per nulla interessati a comunicare con noi, nonché lovecraftiani nell'aspetto e nel comportamento, del tutto incomprensibile a noi terrestri.
Tutto questo viene prima dall'ondata di revisionismo fantascientifico lanciata da Star Trek prima (e in parte minore), e da Spielberg poi. Prima cioè che ci venissero a raccontare che, se gli alieni esistono, essi sono piuttosto simili a noi e, in fondo, buoni e pacioccosi. Cosa che da un punto di vista scientifico potrebbe anche essere vero e rassicurante ma che, a livello di fiction, è deprimente come poche altre.
Infine, ma questa è una cosa che dicono in pochi, forse tal John Carpenter si è visto e rivisto questo filmetto, prima di girare The Fog. Certo, lì non ci sono extrarrestri tentacoluti bensì spettri vendicativi, ma la nebbia che si muove autonomamente, nascondendo i mostri che vivono in essa, ricorda molto quella del Trollenberg.
Perfino quel gran bel film di The Mist parte dal medesimo presupposto. In questa pellicola del 2007 ci sono pure gli alieni o, per meglio dire, le creature paradimensionali attirate sul nostro universo grazie agli esperimenti del progetto Arrow. Certo, The Mist è tratto da un racconto di Stephen King scritto nel 1976. Sappiamo tutti che il romanziere del Maine era un appassionato di vecchi B-movie. Secondo me, una capatina a vedere I mostri delle rocce atomiche se l'è fatta, da ragazzino. E ha fatto benissimo.
Evidentemente era ancora un'epoca in cui il cinema, anche quello di seconda fascia, senza attori dai nomi roboanti, poteva fornire ottime idee a chi un domani sarebbe diventato scrittore, o regista. Oggi come oggi è solo il cinema che saccheggia la narrativa, spesso e volentieri travisando lo spirito dei libri che vengono portati sul grande schermo.
Farsi qualche domanda no, eh?