Tratto dal romanzo “The lost child of Philomena Lee” di Martin Sixsmith, “Philomena” è l’ultimo lavoro di Stephen Frears (The Queen, Tamara Drewe), in concorso alla 70° Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Il film, fedele sotto molti aspetti allo scritto, è ambientato in Irlanda, quando negli anni ’50, la giovane Philomena Lee, sedotta ed abbandonata (e cacciata di casa dai genitori per essersi macchiata di un peccato simile), partorisce il piccolo Anthony in un convento delle Magdalene, celebri per essere inflessibili e rapaci. La giovane viene accolta in casa dalle suore ma la contropartita è dolorosa: sgobba dalla mattina alla sera nei vari lavori di casa, al limite della vita servile e suo figlio viene presto dato in adozione ad una facoltosa famiglia del Missouri. Dopo diversi anni, e quando Philomena è ormai anziana (e con una figlia quarantenne) decide di mettersi sulle tracce di quel bambino mai dimenticato: è il giorno del di lui compleanno, il cinquantesimo. Ad aiutarla il giornalista Sixsmith, da poco fuoriuscito dalla BBC che viene inizialmente “assoldato” per narrare una storia strappalacrime da pubblicare di lì a qualche mese. Philomena, interpretata dalla bravissima Judi Dench (Marigold Hotel, Skyfall), è una donna appassionata ai romanzi rosa, ingenua e spiritosa che decide di affrontare i suoi fantasmi partendo alla volta di Washington, assieme a Martin Sixsmith; Sixsmith, ha il volto di Steve Coogan (Hot fuzz, Tropic thunder), un giornalista disilluso, arguto, non credente che entra in sinergia con Philomena accompagnandola in questo viaggio non soltanto fisico ma anche sentimentale, nei ricordi di quegli anni tanto dolorosi .
Frears riesce a commuovere il Lido con una storia genuina, bilanciata con grande maestria. Nel dramma di Philomena, superbamente intepretata da una Dench sempre in grandissima forma, si inserisce il “comico” Coogan che riesce a stemperare le scene cariche di emozioni, strappando un sorriso, a volte commosso. Il feeling sul set tra i due è evidente e lo scambio di battute è sempre efficace. Dench e Coogan creano un connubio fatto di tenerezza e lealtà, divisi soltanto dalle credenze religiose: Sixsmith, come anticipato, non Crede più, Philomena, nonostante il colpo infertole in giovane età dalle religiose, prega spesso, convinta di dover ancora dover espiare una punizione per il peccato commesso in gioventù. Gli scambi sono spesso taglienti e l’umorismo british torna spesso creando piacevoli siparietti.
Frears racconta una storia dolorosa, tratta da una vicenda vera, che squarcia il velo su ciò che accadeva nelle case Magdalene in quegli anni: le suore vendevano i bambini a ricche famiglie con la connivenza delle autorità che rilasciavano visti e documenti per l’espatrio con troppa disinvoltura. Frears non intende essere polemico in alcun modo ma raccontare la storia di una madre in cerca del proprio figlio, tra mille difficoltà, reticenze ed ostacoli. La Dench (commossasi in sala alla proiezione in Sala Grande, prima volta che vedeva il film) è la candidata principale per portare a casa la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile e resta un totem del mondo del Cinema. Un film potente, struggente, che può valere per Frears, il Leone d’oro. Vedremo Bertolucci se sarà d’accordo con chi scrive.
Voto: 4,5 su 5