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I numeri e la realtà

Creato il 14 ottobre 2013 da Cultura Salentina
Henri Frédéric Amiel, Diario intimo, 1839/81 (postumo, 1976/94)

Questo articolo è frutto di una passeggiata nel Bosco di Cerano, di una riflessione, di tanta passione per il Salento e per le bellezze ambientali che lo caratterizzano, ma anche della rabbia per tutto quello che lo deturpa e di sconforto di fronte a quante volte la necessità di lavoro ha fatto sì che interi territori si svendessero a colossi industriali privi di scrupoli nei confronti dell'ambiente.

Ripercorrere i fatti è un po' come tornare indietro, ma spesso è l'unico modo per ricordarci come siamo arrivati fin qui, a Cerano, una terra un tempo ricca di economia agricola (prevalentemente malvasia e carciofi), che nessuno rammenta più, ma che tutti oggi conoscono per la centrale termoelettrica a carbone Federico II. Le vicende che hanno interessato i luoghi, la gente, i dirigenti Enel, la fisionomia del paesaggio vanno rivissuti per capire quanto un complesso industriale sia facile da insediare e difficile poi da smaltire quando i danni cominciano a diventare evidenti e a sconvolgere la vita di un territorio.

Qualche mese fa Greenpeace aveva incolpato Enel di "strage premeditata e continuata" perpetrata attraverso le sue centrali e il colosso dell'energia elettrica si era trovata costretta a difendersi ancora una volta, come quel lontano 2007 di cui si dirà appresso. Fra le centrali ovviamente anche la Federico II, che si affaccia inquietante sulla costa a sud di Brindisi e che è già oggetto di vicende giudiziarie. La storia forse non la ricorda più nessuno, ma qualche giorno fa Legambiente l'ha riportata alla ribalta, ed ecco un sintetico excursus.

Nel 2007 il sindaco di Brindisi aveva vietato le coltivazioni nei poderi adiacenti la centrale, a causa della presenza di polveri nere. I contadini nel 2011 si erano rivolti alla magistratura affinché condannasse i dirigenti dell'Enel per aver inquinato l'ambiente e nel 2012 la Procura dava ragione ai coltivatori perché dalle "analisi condotte dal consulente tecnico Claudio Minoia, direttore del laboratorio di misure ambientali e tossicologiche della Fondazione Maugeri di Pavia, nonché responsabile della scuola di specializzazione in Medicina del Lavoro dell'ateneo pavese" gli inquirenti avevano ritenuto la centrale "fonte di contaminazione dei terreni [...]. Arsenico, berillio e vanadio, tutti metalli pesanti dall'alto potenziale tossico, sono queste le sostanze che hanno infestato la terra, secondo Minoia ma anche secondo una analisi di rischio condotta da Arpa e Università del Salento commissionata dal Comune di Brindisi. Conclusioni opposte a quelle cui giunge uno studio affidato all'istituto di ricerca Erm da Enel, che considera i livelli di presenza di arsenico al di sotto della soglia di tollerabilità anche per la salute umana."

Ovviamente il processo è tuttora in corso, perché in Italia - è noto - queste vicende giudiziarie possono interessare un arco di tempo piuttosto lungo. Tuttavia, qualche giorno fa Legambiente si è costituita parte civile nel processo, ribadendo "la compromessa sussistenza economica dei proprietari terrieri e dell'intero comparto agricolo" di Cerano e ha sottolineato che "Fa ancora più rabbia ascoltare i difensori degli imputati che tendono al discredito dei testi e ad evidenziare motivazioni irreali sulla natura della polvere nerastra presente sulle coltivazioni, equiparandola, molto semplicisticamente, a "fuliggine da incendi" di sterpaglie".

L'attività della centrale a carbone, che ha rischiato di diventare nucleare, continua incessante ed è fondamentalmente fatta di numeri, anche importanti: la Federico II è una delle più grandi d'Italia; nel 2011 era al 18° posto fra le peggiori centrali in Europa quanto a emissioni nocive, ma dà lavoro a un numero eccezionale di persone sul totale di 2.312 in tutta la Puglia (dati non recenti) ed eroga il 5% circa dell'elettricità totale prodotta in Italia.

Ma se è vero che "la matematica è la scienza che trae conclusioni necessarie" ( Benjamin Pierce, Algebra lineare associativa, 1880) è anche vero che ci sono cose che non si possono contare, né pesare, né vagliare senza una sensibilità che è per definizione arbitraria. E al di là del fatto che i numeri non sono tutto nella vita, è pur vero che quando vengono asserviti e diventano strumentali per celare altre realtà, sono addirittura sconcertanti. E infatti, lo "spettacolo spettrale" di questo complesso industriale pervade tutto il territorio, senza possibilità di trarre dai numeri alcun conforto.

Basti pensare a cosa e com'era quell'area prima dell'avvento della centrale, di cui ancora conserva bellissimi squarci, sovrastati dalla bruttura della centrale. Le foto che seguono mostrano quanto sia pervasiva la presenza degli impianti industriali in una zona ricca di fauna e di flora, che non riescono a inglobare e far scomparire questo obbrobrio di cemento, carbone e ferro che sbuca da ogni scorcio di paesaggio.

L'area che circonda la centrale pullula ancora di spettacolari falchi, che si aggirano a caccia nelle terre un tempo coltivate, che hanno lasciato il posto all'erba. La costa sta franando, ma sfoggia ancora un rudere di torre costiera e poco lontano il bosco e le lunghe distese di vigneti dell'azienda Tormaresca, all'interno di un parco bellissimo.

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