“Etalia”, “Reported.ly”, “Gli Stati Generali” sono i più recenti modelli di business dell’editoria online dell’ecosistema italiano e internazionale
Wired Italia, 5/1/14 – Crisi dell’editoria, modelli di business, quadratura del cerchio sui ricavi del giornalismo online: parole che ormai sono traducibili con “rompicapo”.
Era luglio del 2013 quando il nostro direttore Massimo Russo faceva un punto della situazione sui modelli economici del digitale, commentando un post di Pier Luca Santoro sui conti degli italiani. Nel contempo, l’ecosistema ha continuato a produrre altre iniziative.
Come Etalia, per esempio, che lo stesso Santoro (che ne è anche consulente) su DataMediaHub definiva “l’iTunes del giornalismo italiano”: “La piattaforma offre ai singoli giornalisti, e ad altre categorie di professionals, ma anche agli editori , la possibilità di vendere i singoli contenuti con diverse opzioni che vanno dal singolo pezzo sino all’abbonamento al giornale e/o alla rivista”.
Chi pensa, a prima vista, che si tratti di un sistema come Flipboard, Zite, e vari altri aggregatori, si soffermi a leggere la guida. Chi produce contenuti su Etalia, li può vendere, e la fonte di reddito della piattaforma è, chiaramente, la pubblicità. La differenza sta nella ripartizione che ne viene fatta: il 25% resta a Etalia, il 75% ai protagonisti che hanno generato l’informazione, ma in vari modelli diversi. Se, per esempio, l’utente è arrivato al contenutodirettamente attraverso la ricerca, o dal giornale di appartenenza del contenuto, i ricavi pubblicitari associati andranno per il 75% alla fonte (l’utente che ha pubblicato quel contenuto) e per il 25% alla piattaforma; e se l’utente è arrivato al contenuto passando attraverso il giornale di un altro utente (Curator), quest’ultimo riceve il 4% dei ricavi associati, mentre la fonte del contenuto ne riceve il 71%. In questo modo, la piattaforma premia il lavoro di aggregazione e selezione dei contenuti svolto dal Curator. E ancora: se l’utente è arrivato al contenuto utilizzando il profilo di un altro utente (Shaper), cioè basandosi sulle sue preferenze e abitudini d’uso, quest’ultimo riceve l’1% dei ricavi associati, mentre alla fonte del contenuto va il 74%; in questo modo viene valorizzata la condivisione dell’esperienza da parte dello Shaper; e i due casi precedenti sono combinati – cioè l’utente sta leggendo il giornale del Curator attraverso il profilo dello Shaper – i ricavi saranno così suddivisi: 70% alla fonte del contenuto, 4% al Curator, 1% allo Shaper, 25% alla piattaforma.
Gli utenti che decidono di vendere stabiliscono un prezzo in crediti Etalia, che saranno gestiti su un apposito conto.
Non è tutto: da gennaio, Aldo Daghetta, co-founder di Etalia, annuncia un’altra novità. “Saranno riconosciuti 10 euro ogni mille visite agli utenti che pubblicano contenuti, indipendentemente dal fatto che ci sia o meno pubblicità: è un prezzo decisamente sopra al mercato attuale, ma noi crediamo fermamente che un pubblico interessato alle notizie ci sia, così come ci sono competenze che vanno valorizzate”.
La tecnologia di Etalia è proprietaria, il modello di business riconosciuto negli Stati Uniti, e 3 milioni di euro di investimenti. L’obiettivo è quello di arrivare a 10 nei prossimi anni.
“L’utenza negli ultimi 2/3 mesi si è stabilizzata sui 100/120 mila utenti attivi regolari”, continua Daghetta. “L’80% dell’utenza è italiana, ma da settembre l’attività sembra sterzare verso l’estero, e per il 2015 ci saranno nuove partnership da avviare. I contenuti continuano ad espandersi, e ci sono circa 10mila giornali, in parte creati dagli utenti, in parte testate originali”.
Un’altra novità del panorama editoriale è Reported.ly. Come spiega Philip Di Salvo, “sarà un servizio news direttamente embeddato dentro ad ambienti social come Twitter, Facebook, Reddit e Medium che saranno utilizzati sia come fonti dei contenuti che come canali di distribuzione per creare “giornalismo nativo per queste piattaforme”“. A dirigere la testata il famoso Andy Carvin, e al lavoro una piccola redazione di giornalisti sparsi nel globo, tra i quali l’italiana Marina Petrillo.
Made in Italy è ancora Gli Stati Generali, “un progetto per integrare l’essenziale del giornalismo professionale di interesse pubblico e la ricchezza del giornalismo partecipativo, espresso dai saperi diffusi nella società, ma spesso poco valorizzati dal sistema dei media esistente o dispersi nella Rete”, ideato da Jacopo Tondelli e Lorenzo Dilena. Da un lato, un giornale che faccia poche cose e bene tutti i giorni, dall’altro un social media di saperi, intelligenze e eccellenze, anche oltre i confini del giornalismo, hanno spiegato proprio a Wired prima del lancio.
Diletta Perlangeli, Wired Italia
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