Contadina della Repubblica di Guinea - Foto archivio Filippo Vettorato
L’agricoltura urbana – e quindi anche la nobile pratica dell’orto sul balcone – rientrano a pieno titolo nella più ampia categoria dell’agricoltura familiare. Su scala globale ed in particolare nei paesi economicamente più poveri, i piccoli agricoltori, quelli cioè che coltivano un appezzamento con superficie inferiore ai 2 ettari, oltre ad essere i veri protagonisti delle economie locali, sono i principali garanti della sicurezza alimentare all’interno delle comunità. Il 90% dei 525 milioni di appezzamenti agricoli nel mondo è coltivato da piccoli agricoltori. Nei paesi del Sud del mondo ben 1,5 miliardi di persone vivono grazie ai frutti della loro terra. Ma soprattutto i piccoli agricoltori sono i più efficienti produttori di cibo e sono in grado di fornire la metà del cibo disponibile su scala mondiale. In America Latina, gli appezzamenti sotto i 2 ettari sono solo il 30% delle terre coltivate ma sono in grado di produrre il 40% della produzione agricola. In Africa i 33 milioni piccoli agricoltori rappresentano numericamente l’80% dei produttori agricoli e sono in grado di produrre la gran parte del cibo disponibile per le popolazioni locali.
I dati presentati suggeriscono chiaramente che la risposta alla forte domanda di cibo nel mondo non sta nell’occupazione e sfruttamento a fini agricoli di nuove terre, come sta purtroppo avvenendo in particolare in Africa e America Latina, ma nel miglioramento delle capacità produttive dei piccoli appezzamenti familiari. Ma come fare in modo che tale miglioramento sia realmente sostenibile?
Lo soluzione non risiede nell’utilizzo di nuovi e sempre più sofisticati input di produzione quali i fertilizzanti chimici, i pesticidi o organismi geneticamente modificati. Il nuovo modo di fare agricoltura su piccola scala, come finalmente ha riconosciuto anche l’ONU, si basa su un approccio che considera la sostenibilità sotto diversi profili:
– la sostenibilità economica: prevede un aumento della produttività attraverso una migliore gestione del suolo, la rotazione delle colture la riduzione dell’uso di macchinari, concimi chimici e pesticidi;
– la sostenibilità ambientale: attraverso la protezione e conservazione delle risorse naturali come la terra, l’acqua e la fauna selvatica, riducendo l’utilizzo di sostanze chimiche sintetiche che danneggino l’ambiente, le caratteristiche del suolo, la qualità dell’acqua e la biodiversità;
– la sostenibilità sociale: attraverso un uso più esteso della risorsa lavoro disponibile, contribuendo in tal modo alla giustizia e alla coesione sociale.
L’agricoltura proprio facendo leva sulle enormi potenzialità dei piccoli agricoltori dovrebbe quindi tendere a:
– fornire una dieta completa a livello nutrizionale e un livello sufficiente di reddito ai produttori;
– generare un’elevata varietà di colture per assicurare la sicurezza alimentare e la biodiversità;
– operare su piccola scala, sfruttando l’efficienza dei piccoli produttori agricoli;
– favorire l’utilizzo di sementi a impollinazione libera o tradizionali, di proprietà delle comunità locali;
– utilizzare gli strumenti umani e “low-tech” per ridurre al minimo la necessità di capitale economico e lo sfruttamento del capitale naturale (risorse della terra);
– essere praticabile dai piccoli agricoltori, indipendentemente dalla loro condizione economica;
– essere culturalmente accettabile e praticabile dalle generazioni future.