Sydney, NSW, 5 set 2012, ore 22:32, ostello
Oggi volevo andare all’ambasciata canadese ad informarmi per il working holiday visa ma mi sono addormentato. C’ero già andato l’altro giorno ma mi avevano detto che ricevevano solo fino a mezzogiorno (da notare che erano appena le dodici e dieci quando mi hanno dato questa informazione). Oggi doveva essere quel giorno, invece sarà domani. Sono anche già stato al consolato argentino. Anche loro forniscono un programma working holiday ma non sono ancora riuscito ad avere informazioni precise. La ragazza della reception mi ha detto che non ne sapeva nulla e mi ha dato un indirizzo email. Risponderanno, aveva detto: hanno risposto, quasi subito. Hanno detto di sentire in Italia perché loro hanno solo i documenti per gli australiani e non sanno nulla di quello che occorre agli italiani. Non hanno aggiunto che avrebbero risposto. Invece l’hanno fatto, con un altro indirizzo ancora a cui scrivere. Ho scritto la mail poco fa e spero che sia l’ultima di questa catena di Sant’Antonio.
Nonostante abbia mancato l’appuntamento clou della giornata un’altra cosa è successa oggi di veramente incredibile: il viaggio ha vinto ancora. Per poter approfondire questo tema occorre una piccola digressione.
In questa avventura non sono solo, c’è la mia ragazza con me. Prima di partire da casa le avevo detto di non portare troppa roba perchè non le sarebbe servito a nulla un mucchio di vestiti: più era leggera e più se la sarebbe goduta. Parole gettate al vento. Le avevo anche consigliato uno zaino e non una valigia. Morale della favola, lei è venuta in Australia con una valigia gigante piena di vestiti. Donne. Finché eravamo a Perth tutto bene. Una casa, un armadio, la valigia sotto al letto e nessuno si spostava da lì. Poi abbiamo iniziato a pensare di attraversare l’Australia e lì sono iniziati i problemi. Affrontare il viaggio con la valigia era impossibile e persino lei se ne rendeva conto. A parte il fatto che pesava in maniera spropositata, lo spostarla su ruote non era sempre possibile e trascinarla di peso non se ne parlava. Il fato l’ha fatta nascere prima della data della nostra partenza, ventiquattro anni fa, quindi per il suo compleanno le ho regalato uno zaino. Ora il problema era fare entrare tutte le cose che c’erano nella valigia in uno zaino da mettere sulle spalle. Non c’eravamo proprio. Le ho detto nuovamente che doveva ridurre la roba, soprattutto i vestiti. Un viaggiatore leggero è un viaggiatore che si gode il viaggio, che non suda, non bestemmia e risparmia pure: è un vero affare. Oltretutto non c’era assolutamente spazio nel suo zaino per tutte le sue cose: o spediva o buttava via. Ci sono voluti giorni interminabili di scelte, cambiamenti di idee, pianti, disperazione e quant’altro prima di giungere al minimo indispensabile per partire. Questo minimo, se così lo vogliamo chiamare, comprendeva uno zaino da 65 litri, uno zainetto attaccato a quello grosso (un gran bel regalo, nemmeno il mio è così tecnologico) e una borsa Freitag da considerare come bagaglio a mano piena, talmente piena che alcuni effetti andavano appoggiati sopra. Non potevo pretendere di più e siccome io avevo il mio zainetto leggero leggero da 16 chili siamo partiti così.
Oggi è accaduto un miracolo. Lei si è alzata e ha detto: “Ma se spedissi anche queste borse, non sarei più comoda?”. Io, basito, non sapevo cosa dire. Come aveva fatto a giungere a questa conclusione? Perchè quando glielo dicevo io venivo considerato un imbecille se non addirittura un bruto il cui unico scopo era farle del male? Da lì poi ha iniziato ad elencare una serie di cose che effettivamente avrebbe potuto spedire o buttare, fino ad arrivare alla posta per prendere un’altro scatolone da riempire e spedire a casa.
Fantastico. Queste son soddisfazioni. Vedere che il viaggio lavora su una persona come l’aqcua di mare su una pietra. Onda dopo onda la forza dell’acqua leviga e smussa. E’ solo questione di tempo prima che le pietre prendano quella forma che le caratterizza tutte. Prima o poi diventiamo tutti sassi lisci e levigati su una spiaggia. Niente increspature, niente spigoli. Solo l’essenziale. Grazie mare, è bello fare parte del tuo mondo. E’ così, il viaggio è un gran maestro. Insegna tante cose e solo in pochi casi è davvero severo. E’ come una vecchia maestra che conosce bene il mestiere, infinitamente paziente, e quello che ci insegna serve sempre, ci rende migliori e fa sì che ce ne ricorderemo per i giorni a venire. All’inizio magari non lo capiamo, ma col passare del tempo ci rendiamo conto di quanto straordinari siano i suoi insegnamenti e fa sì che il ricordo resti sempre bellissimo. Non sono forse gli insegnanti migliori quelli che prima ci fanno impazzire per poi essere amati e rispettati? Paolo Rumiz una volta ha scritto che le persone sedentarie tendono ad accumulare oggetti, mentre i nomadi tendono a liberarsi del ciarpame, soprattutto se quel ciarpame è un peso che devono sostenere, sulle spalle o su una bicicletta. Non fu mai scritta una verità più grande.
A proposito di mare oggi ho fatto una camminata che mi ha consigliato un’amica. Parte da Bondi Beach e arriva fino a Cogee. Sono sei chilometri di camminata che costeggiano il mare. Si segue un percorso che porta attraverso baie, insenature e piccoli anfratti. Il panorama è unico, così come lo sono le splendide case affacciate sul mare. E’ stupendo passeggiare e sentire le onde del mare che sbattono con forza sulle rocce. Vorrei poter descrivere tutta la camminata, ma dopo un po’ abbiamo smesso perché qualcuno non ce la faceva più. Forse alleggerire lo zaino è una fatica enorme. Forse consuma tutte le energie psico fisiche. Oppure, soltanto, quella pietra ha ancora bisogno di essere levigata.