Che Jim Carrey fosse a suo agio con gli animali non è una novità, basterebbe il dittico di Ace Ventura a ricordarcelo, ma il fatto che l’attore canadese abbia scelto di ritornare sul grande schermo con un film monopolizzato dalla presenza dei simpatici uccelli acquatici la dice lunga su una predilezione prima di tutto artistica e poi forse anche sentimentale. Se è vero infatti che il successo di critica gli deriva da film impegnati e d’autore come quelli interpretati per conto di Peter Weir e Milos Forman, è altrettanto evidente che la verve surreale ed escatologica di questo attore trovi materia per i propri denti quando viene impegnata da soggetti e situazioni al di fuori della convenzione e possibilmente del normale linguaggio del corpo. Un concentrato di sberleffo e di nevrosi pronta a deflagrare quando meno te lo aspetti e soprattutto nelle condizioni più impensate, come quelle che accadono al Signor Popper, manager di successo che ha sacrificato la famiglia alla carriera, quando riceve dal defunto genitore una squadra di Pinguini destinata a sparigliare con effetti esilaranti gli equilibri di una vita apparentemente felice.
Pur in presenza di una storia edificante, costruita su valori familiari mai messi in discussione anche quando la storia autorizzerebbe a farlo (il padre assente è la causa del disagio psicologico del protagonista) e nella mancanza di originalità di un plot costruito secondo un procedimento che mira a ribaltare le posizioni di partenza, il carattere anaffettivo di Popper e l’atteggiamento ostile dello stesso nei confronti dei coprotagonisti del film, i Pinguini di Mr Popper riserva il piacere di vedere all’opera un attore che non smette di divertirsi e di divertire. La pellicola in questo senso gli offre su un piatto d’argento l’occasione per applicare la sua comicità surreale quando l’elemento umano viene sostituito da quello animale ( la famiglia dei Pinguini costituirà una sorta di apprendistato per riconquistare quella anagrafica) e Carrey si trova ad organizzare la propria esistenza in funzione dei sorprendenti visitatori: dall’appartamento adattato per la circostanza alle temperatura polare alle riunioni lavorative sconvolte dall’irruzione degli uccelli, tutto sembra volgere ad una normalità che è invece eccezionale. Ed in questa baraonda fantasmagorica ma rassicurante l’attore lascia anche intravedere un pizzico di velata malinconia, quasi di irriverenza contenuta, che se da un lato si addice ad uno spettacolo per famiglie ( basti pensare che gli escremeti dei Pinguini sono resi con un bianco virginale) dall’altra potrebbe essere l’indice di una maturità soffertamene raggiunta.
Uscito negli Stati Uniti con un successo al di sotto delle aspettative I pinguini di Mr Popper si affaccia nel nostro continente con le incognite di un film che deve ancora esprimere le proprie potenzialità. Staremo e vedere.
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