No, no, uno che picchia la sua compagna, che sicuramente la picchierà di nuovo, perché la sopraffazione è un istinto animale per alcuni irresistibile, non è uno “stronzo”, patologico o no, non è uno stronzo, signora Littizzetto, è un criminale.
Si capisce, si è persuasa anche lei che in tv, in fascia protetta poi, è preferibile dire stronzo che criminale, dire manager che corruttore, che in quel gioco di finzioni universalmente accettate come vere, di menzogne convenzionali cosparse come lo zucchero sulla torta bruciata, è meglio addomesticare la verità, e più è brutta e crudele e meglio è condirla con un duetto da Raimondo e Sandra, con un balletto, con l’inanellarsi di stereotipi vieti come le vignette della settimana enigmistica, quelle con la moglie in vestaglia e bigodini che aspetta il fedifrago dietro al porta brandendo il mattarello, e lui con le scarpe in mano e il naso rosso delle bisbocce che non ha il coraggio di entrare, tutto timoroso.
No, Signora Littizzetto, qui non stiamo parlando di Andy Capp, steso tutto il giorno sul divano a guardare le partite in tv, non stiamo parlando di mariti distratti che dimenticano l’anniversario, non stiamo parlando bambinacci mal cresciuti viziati dalle mamme, donne peraltro, anche se retrocesse al ruolo senza genere di suocere, che non trovano i pedalini e se preparano il brodo di dado sporcano venti padelle. Capisco che nel giorno che santifica i baci perugina e l’orchidea mummificata nella scatola di plastica possa venir spontaneo ricorrere alla solita paccottiglia di luoghi comuni, che le scrivono i suoi autori, suppostamente maschi e che esprimono la loro creatività anche per gli spot della Coop e i libri per Mondadori, che per lei come per molti pecunia non olet.
Ma sarebbe raccomandabile che quando si parla di ferite che non lasciano scampo, di graffi insanabili, di orrori inguaribili per l’umanità, così come quando di parla d’amore in tempi nei quali è un sentimento “regolato”, laddove invece le regole sembrano fatte per essere aggirate o trasgredite, per circoscriverne l’esercizio a chi rispetta le convenzioni, a chi si sposa, se può sposarsi, a chi se lo può permettere, mentre c’è totale licenza di odio, di sopraffazione, di cancellazione della dignità, nel lavoro, in casa, in ospedale, a scuole, ecco quel repertorio di banalità sulla guerra dei sessi, mi scusi la franchezza, ma è proprio “vecchio”. Ammuffito come quella inarrestabile logorrea a sfondo sessuale, che un po’ pare quella dei bambini che scoprono le parolacce, un po’ quella dei frustrati che affabulano di quello che non fanno o che fanno nel peggiore dei modi, proprio come l’ex premier, senza il quale la sua carriera stava per spezzarsi.
Può darsi sia una buona pedagogia avvicinare gli ignoranti a Mozart, tramite spot del cognac. Ma sono sicura che se il suo pistolotto è piaciuto tanto in tempi di omofobia, soppressione dei diritti, repressione delle inclinazioni, cancellazione dei desideri e dell’istinto alla felicità, allora vuol dire che circola un’aria cattiva in giro, leggera come certe canzonette, ma avvelenata.