Considerando che son tre giorni che mi passo ad aprire il blog, buttarci dentro misere bozze, e lasciarlo navigare beatamente nella rete globale, ho deciso di raccogliere questa semina, e piantarcela dentro un unico post. Prima o poi l’avrei fatto, magari nella forma più ordinata e schematica possibile, ma certamente noiosa alla lettura. Delle volte, penso sia meglio improvvisare, così, in maniera spontanea e genuina.
Un pomeriggio d’agosto ho scritto:
Cominciano tutti così: un pensiero al mattino, una riflessione al pomeriggio, e un gratta-capi alla sera, come un sudoku per esperti di cui l’esperta dovrei essere io.
Vediamo un po’, l’ultima volta che mi son messa a ragionare sulla mia vita è stato il 14 agosto 2011. Cavolo, era l’altro ieri!
A distanza di due giorni, sono allo stesso punto di partenza. Quando dico che non se ne viene a capo neanche con un punto, allora è meglio metterci un po’ di spazio.
Nell’ora di punta di metà luglio riflettevo sul fatto che:
C’hanno detto che siamo noi i fautori del nostro destino.
Io credo di no. Credo che esista qualcosa di stabilito prima ancora di venire al mondo, prima di essere concepiti, prima di sorridere, e prima di avere un nome.
Credo a chi crede che c’è ancora qualcosa a cui credere.
Il fatto di esistere non ci nega la facoltà di decidere, né tanto meno quella di scegliere la strada giusta da seguire. Ciascun esistenza è nutrita da sogni, che sono destinati a realizzarsi oppure no.
Possiamo continuare a fingere per tutta la vita, o a credere che quello che stiamo facendo sia giusto, ma la finzione non sarà ripagata a buon prezzo. Smetterà di esistere, a partire da noi stessi, dai nostri sensi.
In realtà, c’è qualcosa di stabilito, nonostante ci rifiutiamo di credere. Siamo esseri razionali a prescindere. Prescindiamo dalla ragione, e ammazziamo gli impulsi di un cuore che non ha maschere da indossare. Di una maschera che non ha fori da cui respirare e buchi da cui guardare.
(più che riflettere stavo proprio filosofeggiando sulla vita, a volte capita e mi faccio paura!)
I primi giorni di luglio facevo polemiche su:
È una questione di mentalità.
Vaglielo a dire che mentalità non è una malattia. Che siamo in un periodo di crisi mentale, altro che l’economia. Economia di cervelli che anzicché andare in vacanza continuano a produrre e a strabordare.
Vaglielo a dire che bisogna rispettare la fila, gli stop, i pedoni, gli altri, le donne, i bambini, le opinioni, la propria terra e prima ancora, la vita.
Vaglielo a dire che siamo nel 2011, che esiste la telecomunicazione, le videosorveglianza, e tutte quelle parole che terminano per -anza come il dolore de panza.
Vaglielo a dire che esiste la privacy, e prevaricare è indice di scorrettezza.
Vaglielo a dire tu, va, che io sono già in fila per la rivoluzione.
- Mi scusi, a che ora aprono gli sportelli?
Mentre, oggi mi chiedevo:
Cosa si può fare nelle mattinate di settembre?
A volte mi chiedo se esistono varianti a studio/computer/doveri/e chiacchiere varie, e mi accorgo che – in effetti – le varianti non son tante, e pure se fossero non le terremmo in considerazione. In media il tempo degli italiani viene speso per il 60% davanti al computer o alla televisione. Chissà gli americani come se la pavoneggiano.
Se siete arrivati fino alla fine, sono contenta e allo stesso tempo dispiaciuta per il tempo che avete perso a leggere tutto (e niente!). Ma questi sono i post che non vi ho mai detto, e ci tenevo tanto a pubblicarli nella forma meno proclamatoria e più colloquiale.
Che ne dite? Anche a voi capita di conservare post di questo tipo, che non avete il coraggio di pubblicare? :)