La politica valdostana non è mai stata così lontana dalla gente. Nelle dichiarazioni in Consiglio i vari capogruppo della minoranza hanno espresso la loro nei confronti del Rollandin-bis. Ovvio. Quello che fa specie è che tutti hanno usato a sproposito e d’abitudine, parole come comunità valdostana, cittadini, valdostani… , ma che ne sanno loro di noi? Avvitati nei loro interessi di partito e personali, i consiglieri regionali si sono allontanati anni luce dalla vita di chi rappresentano, così lontani da diventare indistinti. Una massa unica. La maggior parte della gente non ha capito un tubo di quello che è successo! Se ne sono resi conto? La Renaissance non esprime niente. Un marchio. Una parola. Magari letta o sentita di sfuggita, ma sicuramente non compresa. Gli attori di questa pièce sono trincerati sul loro-palcoscenico, in platea il pubblico langue e sbadiglia. Fuori la vita trascorre ignara tra gli alti e, più frequentemente, i bassi di sempre. In quella vita lì loro non ci sono. L’amaro in bocca non è dato come vuole la Morelli dalla crisi politica, ma dall’aumento del costo della vita. Un prezzo che non produce fierezza ed entusiamo naif!
La crisi di mal di pancia e di poltrone, come la definisce il giovane Viérin, assomiglia molto a quella della XII legislatura guidata da Carlo Perrin. Il malumore anche allora nacque subito. Caveri forte delle sue 7.313 preferenze non assume il ruolo di presidente, ma quello di assessore al Turismo. Pastoret rimane orfano di poltrona. Insieme scalpitano… esattamente come hanno fatto in questi mesi La Torre e Perron. Due anni dopo la crisi sboccia in tutto il suo malore e Carlo Perrin rassegna le dimissioni. Due settimane dopo il Consiglio elegge presidente Luciano Caveri ed Ennio Pastoret torna in Giunta in qualità di assessore al Turismo. Allora come oggi era stata solo un’operazione di potere. Pura logica di spartizione e Laurent Viérin lo sa benissimo: Caveri fa parte del suo partito. La spartizione delle poltrone, checché ne dica lui, appartiene culturalmente alla sua formazione politica. Leonardo La Torre si autoassolve e assolve, spargendo la serena saggezza di chi ha la pancia finalmente piena: “Abbiamo sbagliato tutti ma non do la responsabilità a nessuno.” (La Stampa.it). Stefano Ferrero prova “delusione e disgusto”, mi va di pensare che sia un’autocritica. Mi associo a lui nella simpatia espressa a Farcoz, non tanto per la sua estromissione-sacrificio che implica una precedente intromissione fuori scala, ma per la condanna assurda detta dal suo predecessore: “Joël Farcoz ha distrutto la cultura.”. Non può averlo fatto, non ne ha avuto il tempo. E, se mai lo avesse avuto, dopo il passaggio della viériniana Restitution, gliene sarebbe rimasta poca.