«I precari core business della ricerca»

Creato il 22 maggio 2015 da Media Inaf

Il senatore Fabrizio Bocchino, gruppo misto, vicepresidente VII Commissione Senato

Ultima giornata di congresso per la Società Astronomica Italiana. I lavori della 59° edizione si sono conclusi con un seguito dibattito a cui ha partecipato il senatore Fabrizio Bocchino, vicepresidente della VII Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali). Al centro del talk i recenti provvedimenti su Università e ricerca e le prospettive future. Una tematica questa – come sappiamo – molto sentita soprattutto di recente dai precari, non solo dell’INAF, ma in generale di tutti i comparti del settore dell’impiego pubblico, soprattutto viste le sempre più crescenti voci di accorpamenti intra e inter enti.

Tante le domande che riceve ogni giorno da ricercatori, peraltro suoi colleghi in INAF, precari e non. Quali le preoccupazioni maggiori?

«Le questioni del personale sono di primaria importanza, vengono percepite come drammatiche e in realtà lo sono. In INAF e in tutti gli enti pubblici di ricerca abbiamo un precariato devastante che è assolutamente superiore ad altri comparti sia pubblici che privati. Abbiamo precari che si occupano del core business dell’ente, cioè della ricerca, mentre questo è proibito nel settore privato. Questo è sicuramente il più grande problema che hanno gli enti di ricerca in Italia, perché nelle università la situazione è differente».

Quali le proposte portate avanti dalla commissione a cui appartiene?

«La richiesta è quella di un Piano Straordinario di Assunzioni, che prevedere l’immissione in ruolo di una parte dei precari. Questa è la richiesta e quanto in VII Commissione abbiamo deliberato con la risoluzione approvata a ottobre 2014 che impegna il Governo a proporre un piano di assunzioni. Questo ancora non si è verificato e noi cerchiamo, secondo le nostre possibilità e prerogative, di attuare quanto proposto perché effettivamente rappresenterà un passo in avanti nell’ambito del precariato».

Si parla di riordino degli enti di ricerca e tra le ipotesi c’è quella dell’accorpamento degli enti in un super CNR o la creazione di un super INFN. Quale l’opinione del Parlamento?

«Effettivamente c’è il timore che gli enti perdano la loro autonomia riversandosi in un istituto di fisica o in un super CNR. Da questo punto di vista, dal Governo e dal Parlamento non c’è nulla di ufficiale e non ci sono atti presentati. Secondo le voci che circolano, la maggior parte del governo vorrebbe operare una riorganizzazione degli enti pubblici di ricerca, ma non ho dettagli per poter parlare di questo. Di certo posso dire che mi opporrò, perché il provvedimento andrà a ledere la mission scientifica di ogni ente coinvolto soprattutto se si procederà agli accorpamenti come è stato fatto in passato (come l’INEA col CRA). Gli errori sono stati fatti soprattutto perché non è stata consultata la comunità scientifica di riferimento con il solo obiettivo di mero risparmio. Risparmio relativo perché vengono tagliati solo i gettoni di presenza nei CdA. Posso dire di essere contrario alla politica degli accorpamenti perché non vengono fatte con le dovute cautele.

Qual è la sua opinione sulla costituzione dell’INAF – Osservatorio di Radio Astronomia (ORA)?

«Tolgo il cappello da senatore e metto quello da ricercatore, perché dobbiamo tutti capire quello che davvero vogliamo. Io so di colleghi che addirittura sarebbero favorevoli a un accorpamento (addirittura in INFN). Anche per quanto riguarda l’ORA, sollecito la comunità scientifica dell’INAF ad aprire un dibattito su questo e a esprimersi per trovare una posizione ragionevolmente condivisa. Ci sono pro e contro in ogni soluzione di accorpamento. Sono contro gli accorpamenti selvaggi solo per il contenimento della spesa».

Dal Parlamento alcune buone nuove sembrano arrivare, come l’emendamento passato nel decreto legge “Madia” n. 90/2014 (convertito in legge 114/2014).

«Sono il primo firmatario dell’emendamento, ma è stato condiviso con Pd, Lega Nord, Forza Italia. Ci sono due linee. Introdurre alcuni elementi di statuto giuridico dei ricercatori, in particolare quelli che riguardano la Carta europea del ricercatore sugli aspetti dell’autonomia professionale, l’indipendenza e la libertà di ricerca. Il secondo aspetto è lo “scorporo” dalla Pubblica Amministrazione, anche se non è giusto parlare di scorporo perché non si esce dal pubblico impiego. La volontà è quella di introdurre norme più snelle sulle regole e procedure, assunzioni, gestione del budget, acquisti e missioni. Insomma realizzare la mission scientifica dell’ente con un’eccezione culturale proprio per il comparto della ricerca. Vorrei che la ricerca venga trattata in modo distinto dagli altri comparti pubblici. Rimaniamo pubblici perché per la ricerca è garanzia di indipendenza e terzietà, però dobbiamo avere delle eccezioni e snellire le regole».

Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni


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