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I precari delle agenzie interinali

Creato il 03 marzo 2012 da Ifioribludizazie

L’attuale riforma del lavoro, ritenuta necessaria per rimettere in moto la crescita italiana così come per invertire la tendenza recessiva degli stati membri dell’Unione Europea, viene percepita come una priorità non più rimandabile. Le proposte correnti ruotano intorno all’asse abolizionista dell’art.18 dello Statuto dei lavoratori, argomento ritenuto preminente, come un decennio fa, quando fu accantonato per dare spazio ed attuazione al paradigma del lavoro flessibile. Allora, sulla scia americana, nel nostro paese iniziarono a diffondersi le agenzie interinali parallelamente a un’ampia gamma di nuove modalità contrattuali, molte delle quali – si pensi ai contratti di lavoro ripartito o job sharing – sono rimaste pressoché inutilizzate. Rispetto ad allora, è possibile attestare che la sperimentazione del modello lavorativo statunitense in una piccola realtà come l’Italia, il cui tessuto produttivo è costituito da poche grandi aziende nazionali, molte piccole e medie imprese, più una parte significativamente ampia di lavoro pubblico, è stato un salto nel buio i cui effetti perversi tutti stanno appurando. La flessibilità, così come prospettata, avrebbe potuto attecchire in maniera positiva ma solo se scandita con un distinguo tra settori e tipologia di lavoratori da immettere sul mercato piuttosto che mirare alla sola standardizzazione contrattuale. Tali agenzie, prive di un taglio settoriale e di corsie preferenziali per neo-diplomati e laureati, hanno offerto un contributo irrisorio al calo del tasso di disoccupazione. Sorte come innovazione e apertura a nuove chance, assistono a un costante deterioramento del modello teorico originario. Un censimento sul lavoro interinale in Italia relativo all’ultimo decennio rivelerebbe, con coincidenze che richiamano ricorsi vichiani, stessi nominativi per del lavoro somministrato a rotazione. In una scala sociale medio-bassa, persino la flessibilità diviene questione di privilegio. A complicare maggiormente la faccenda, l’intervento più recente nella somministrazione di lavoro “pubblico”. La scelta di duplicare selezioni già svolte dalle Agenzie Regionali per l’impiego – che provvedono con apposite liste – sembra aver raggirato la buona fede degli iscritti. Infine, la legge dello Stato ha imposto un blocco del turn over a livello centrale e il rispetto obbligatorio del Patto di stabilità interno a livello periferico. Tuttavia, agenzie interinali, società cooperative e municipalizzate hanno adottato a pieno regime il mezzo dell’esternalizzazione avvalendosi di dipendenti precari “ad hoc” che, intanto lavorano, con la promessa di una successiva stabilizzazione presso determinati enti pubblici. Ecco uno dei canali da cui potrebbe avere origine buona parte della quota degli attuali esuberi. Gli ultimi segnali di equità lanciati dall’attuale governo tecnico in tema di Pubblica Amministrazione sono pregnanti e bilanciati. Serve però rimodulare quella quota eccedente, a livello locale così come a livello centrale, riportando in auge il concetto costituzionalmente garantito dall’art.97 che impone immissioni nella P.A solo mediante concorso. Il settore pubblico non deve essere mortificato da personale non qualificato o selezionato in maniera inappropriata, pena il decadimento del valore del pubblico ufficio. Regolamentazione e controllo dovrebbero essere avanzati anche nei confronti delle società miste, dove il confine tra pubblico e privato resta sempre molto labile, e la selezione di dipendenti e consulenti appare spesso arbitraria. Troppe risorse pubbliche vengono amministrate in maniera privatistica. I casi della RAI, di Trenitalia, di Poste italiane, di società di trasporto urbano, di Consorzi, di società private che gestiscono i servizi idrici mediante concessione pubblica a quota partecipata sono risaputi. E’ probabile che le partecipazioni pubbliche, anche se marginali, fungano più da garanzia per il mantenimento e ricambio dei Consigli di Amministrazione e del personale che per l’ottimizzazione dei servizi offerti ai cittadini.

Articolo pubblicatomi su Il Riformista e presente nella rassegna stampa della Camera dei Deputati del 3 marzo 2012


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