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I precari irrompono nel cinema del lavoro

Da Brunougolini
Dalla piazza, quella di piazza San Giovanni, al cinema. Con precari sui mari e precari nei campi. Hanno qualcosa in comune: la lontananza dagli affetti, dai padri e dalle mogli,  la solitudine di un lavoro spesso amaro. Sono situazioni inserite in due tra i numerosi film presentati al concorso “Obiettivi sul lavoro 2010” per iniziativa di Arci, NIdil-Cgil e Ucca.  Un’edizione quest’anno contrassegnata da un livello elevato. La giuria (Daniele Vicari, Dean Buletti, Steve Della Casa, Gabriella Gallozzi, Giuliana Gamba) ha scelto alla fine “Cargo” Vincenzo Mineo, come miglior film documentario. Racconta la vita a bordo della nave petroliera “Indigo Point” nei mari del Nord, nella tratta Rotterdam-San Pietroburgo. E’ la vicenda, appunto, dei precari del mare. Certo i loro contratti a termine sono lunghissimi: a volte trascorrono anni sulle navi.  E quel che spesso aleggia, in quelle lunghe giornate è la nostalgia.  Sono equipaggi composti soprattutto da giovani filippini in fuga dalla miseria.  Accettano questo lavoro, sperando  che sia la premessa di un futuro migliore.
Gli altri, i lavoratori dei campi, sono i protagonisti di un documentario  importante per la sua attualità politica.  E’ “Campania burning” di Andrea D'Ambrosio e Maurizio Cartolano. Una vicenda vera, raccolta anche in un libro (“Grazie Mila”, Anselmo Botte, Ediesse).  Erano  circa 800 marocchini, alla fine, accatastati nella valle del Sele, in quello che doveva essere un mercato  ortofrutticolo costato 36 miliardi di vecchie lire, poi abbandonato.  Vivevano in capannoni  senza acqua e senza luce. Lavoravano ogni giorno nelle serre per pochi euro. E alla sera a guardare le foto delle famiglie, come i filippini di Cargo. Un anno fa un enorme spiegamento di  polizia li ha dispersi. Ora vagano per le campagne. Mentre accanto all’accampamento distrutto sorgerà “Cilento Village”, un outlet. C’è nel documentario la presenza vitale di un dirigente della Cgil.  Una testimonianza che dimostra come sia possibile stare tra i nuovi dannati della terra, non solo per improvvisare vibranti discorsi, ma per organizzare, guidare.  Un modo antico di fare sindacato.
Storie di oggi, storie di precari. Come quelli di “Cattedrali di sabbia” di Paolo Carboni che parla di tanti lavoratori dei centri industriali dismessi in Sardegna ritornati a fare i mestieri che facevano da ragazzi: il pastore, il pescatore, l’agricoltore. Imprecando contro l’industria che ha inquinato anche i cervelli, pur sapendo che quelle esperienze di lavoro hanno creato una nuova cultura.  E altri precari in “Stato Privato” (miglior film di finzione, di Luigi Marmo) e “Corde” (menzione speciale, di  Marcello Sannino). Una rassegna ora raccolta in Dvd, pronta a girare il Paese. Un contributo importante a questa stagione di possibili cambiamenti. Sabato in piazza san Giovanni forse ne abbiamo visto un nuovo inizio.

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