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I pregi di Mihajlovic, i difetti del Milan

Creato il 22 novembre 2015 da Aplusk

I pregi di Mihajlovic, i difetti del MilanLa gara tra Juventus e Milan ha confermato alcune sensazioni poco positive, maturate in questa prima parte di stagione di gestione Mihajlovic.
Tirare le somme dopo una, due, tre o più giornate avrebbe avuto poco senso. Ora, arrivati alla 13esima di serie A, è più facile analizzare forma e carattere del Milan che abbiamo di fronte oggi; dopo 6 vittorie, 5 sconfitte e 2 pareggi posso dire con più consapevolezza in quale direzione stia andando la squadra forgiata dal serbo con il lavoro portato avanti fino alla sconfitta dello Juventus Stadium.

I pregi di Mihajlovic, i difetti del Milan dopo 13 giornate

Mihajlovic dal mio punto di vista ha pregi evidenti, pregi capaci di segnare una inversione di tendenza con il passato più recente: da Allegri a Seedorf e Inzaghi, sulla panchina di San Siro veniva prima collocato un tecnico di tradizione propenso all'aziendalismo e alle dolci sinergie interne. Con l'ex Sampdoria è stato scelto invece un pastore "straniero", di rottura, che non cerca l'attrito ma che non è disposto alla rinuncia della propria autonomia.

Nessuno con la forza di Mihajlovic si era assunto le responsabilità della vittoria così come quelle più pesanti della sconfitta, prima che del fallimento. Il tecnico serbo ha sempre rivendicato con forza la paternità delle scelte, come fatto anche nella conferenza stampa alla vigilia della gara contro il Torino: "Ho letto che il club mi avrebbe chiesto di cambiare modulo: io parlo con Berlusconi e Galliani, ma le scelte tattiche e tecniche dipendono solo da me".

La cesura con il passato è risultata già evidente a partire dalle scelte sul mercato. Scelte del tecnico, non proposte della proprietà. Prima con Bacca e Bertolacci, poi con il pupillo Romagnoli, le redini della gestione e il peso delle decisioni sono passate nelle sue mani, complice una fiducia invece non riposta in altri nomi consegnati alla tradizione (Inzaghi?). In passato gli innesti provenienti dal mercato erano sostenuti più dalla convenienza dell'affare che dalle reali esigenze tecniche di squadra.

L'insediamento di Mihajlovic è coinciso con la riapertura dei rubinetti, prima sigillati, ma l'abilità più grande è stata quella di saper dettare le regole del gioco e la rotta sul mercato. La bravura non sta tanto nel chiedere, quanto nel farsi dare ascolto. Massimiliano Allegri, nell'estate 2010, si limitò ad accogliere nomi altisonanti e rassicuranti (Ibrahimovic, Robinho etc.) senza però poter determinare davvero l'andamento della sessione estiva.

Mihajlovic mostra un'intelligenza fine nel coniugare volere presidenziale e la forte personalità di cui è dotato mista al credo calcistico iniettato già nelle vene della Sampdoria l'anno scorso. È partito disegnando la squadra dal 4-3-1-2 "consigliato" in estate nei vari colloqui tenuti ad Arcore, per approdare a quel 4-3-3 che pareva un retaggio dimenticato e invece rispolverato. Mihajolivic è uomo, prima che tecnico, a cui piace giocare a carte scoperte: se sbaglia non pensa a tutelare lavoro e immagine personali ma si espone alle critiche senza il bisogno di cercare scuse; non guarda al bicchiere mezzo pieno del "ho visto cose positive" ma pensa alla parte mancante "abbiamo commesso errori, le colpe sono nostre". Questo è il ritornello che abbiamo sentito più volte nella prima parte di stagione e che aveva iniziato a risuonare nelle stanze di Milanello già a partire dalla sconfitta nell'amichevole estiva contro il Bayern Monaco.

Eppure molte cose sembrano essere rimaste uguali a se stesse, non hanno cambiato nome né forma. Prendendo in esame la formazione schierata da Mihajlovic nella sconfitta contro la Juventus, si notano poche differenze sostanziali rispetto al recente passato. Il mercato in apparenza sontuoso non ha alla fine portato i frutti sperati. Donnarumma è una sorprendente novità (lanciato con rischio e coraggio) ma figlio di un vivaio tornato a fornire talenti alla prima squadra (anche Calabria e De Sciglio) e Carlos Bacca rappresenta forse l'unica vera stilla d'energia nell'abulico reparto offensivo rossonero degli ultimi anni.

Manca ancora tecnica a metà campo - come l'anno scorso e l'anno prima ancora - nonostante le qualità a singhiozzo di Bonaventura, nonostante l'ausilio portato dal sottovalutato Kucka e da Bertolacci; continuo (ad oggi) a ritenere eccessiva la cifra pagata in estate per quanto mostrato sul campo dal centrocampista azzurro. Baselli, per citarne uno, avrebbe potuto portare tanta resa con meno spesa. Montolivo, Poli, De Jong sono un errore che non viene cancellato dalla prestazioni prive di qualità e fantasia della mediana. Escludendo Romagnoli, la squadra è la medesima dell'anno scorso.

E occorrono rifornimenti per permettere a Bacca (o chi per lui) di rendere al meglio sottoporta, per dare modo ai funamboli Cerci e Niang, a Luis Adriano o a Mario Balotelli finché era disponibile, di proseguire nella costruzione della manovra sulla trequarti avversaria.

Così accade che Bertolacci, appunto, non sia riuscito a far fare un salto di qualità a tutto il reparto. È così: a volte il mercato ti dà ragione quando tutti dicevano che avevi torto, altre volte ti espone al pubblico ludibrio quando pensavi di aver compiuto un colpo da tramandare ai posteri mostrando i titoloni dei giornali ai nipotini. Per Adriano Galliani al momento vale più la prima opzione, anche se la responsabilità delle scelte fatte (non tutte azzeccate) è da attribuire proprio al tecnico ex Sampdoria. Il processo di ricostruzione ha quindi subito un rallentamento.

Tornando alla gara dello Juventus Stadium: "Abbiamo concluso poco in fase offensiva, si poteva far meglio" ha detto un consapevole Mihajlovic. Le ragioni di queste difficoltà partono, come detto, dalla povertà di un centrocampo privo di interpreti capaci di dare geometrie e giocate illuminanti ai compagni. E a risentirne è tutta la squadra.

Ma c'è anche un problema di personalità, perché se giochi bene e non vinci contro l'Inter alla 3° giornata di campionato e poi giochi male e perdi anche 10 gare più tardi, significa che di fronte c'è una squadra che fatica a concretizzare il risultato, a prendere in mano le sorti del match, a gestirlo, a dettare i tempi della gara. Il Milan ha mostrato un buon gioco sostenuto da piacevoli trame solo a tratti in questa stagione, ma è proprio la personalità tipica di chi sa imporre la propria statura che manca.

Gli interpreti di spessore aiutano nella crescita anche i compagni più deboli, questa è la prima grande mancanza che doveva essere colmata nella squadra. Resto convinto del fatto che le scelte sul mercato non siano state le migliori e questo ha contribuito a consolidare i difetti degli ultimi anni. Perché oggi, come ieri, il Milan non è stato in grado di risolvere i propri problemi, nonostante i pregi di Mihajlovic.


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