GIOVANNI GRONCHI
(1877-1978)
Presidente dal dal 1955 al 1962
Il terzo Capo dello Stato. Dopo il liberale Einaudi tocca alla Democrazia Cristiana eleggere un proprio candidato. Chi era Gronchi, prima della Presidenza. Tra le altre cose fu anche Ministro nel Governo Mussolini:
Nato a Pontedera nel 1887, Gronchi fu nel 1919 fra i fondatori del Partito Popolare Italiano e nel 1922 diventò Ministro dell’Industria nel governo Mussolini, da cui però si ritirò l’anno successivo assieme al PPI. Dall’omicidio Matteotti, fu uno dei principali teorici dell’Aventino. Negli anni ‘30 lavorò come rappresentante di commercio, finché nel 1942 assieme a De Gasperi e altri esponenti cattolici non partecipò alla nascita della Democrazia Cristiana. Nel 1948, De Gasperi lo fa eleggere alla presidenza di Montecitorio per togliere di mezzo un rivale pericoloso.
Le cause che portarono alla sua elezione. E’ bene ricordare che in quel momento Amintore Fanfani, democristiano di sinistra, era segretario della Democrazia Cristiana. Mario Scelba, appartenente alla destra dc, era Primo Ministro. Fanfani puntava sul Presidente del Senato Merzagora, anche in vista di una convergeza con le Sinistre. Metà del suo partito però, per metterlo in difficoltà, scelse l’iperattivo Gronchi, le cui ambizioni quirinalizie non erano sconosciute.
Nel 1955, scaduto il mandato di Luigi Einaudi, la Dc è finalmente decisa a far eleggere un suo esponente, e il segretario Fanfani pensa al presidente del Senato Cesare Merzagora, che però incontra l’opposizione di una fetta del partito, perché ritenuto massone e perché non iscritto alla Dc. Al secondo scrutinio, la sinistra Dc si esprime per Giovanni Gronchi, presidente della Camera. Gronchi si rifiuta di ritirarsi, come richiesto da Fanfani, e al quarto scrutinio viene eletto (ed è lui stesso a leggere lo spoglio).
L’indomani Gronchi, sempre affiancato dal presidente del Senato Merzagora, comincia a estrarre le schede dall’urna e a leggere infinite volte il proprio nome. Al 422° “Gronchi”, scoppia l’applauso dell’aula: il quorum è raggiunto. Gronchi viene eletto presidente con 658 suffragi (mezza Dc, Psi, Pci, Msi, monarchici ), contro i 70 di Einaudi; 92 le schede bianche, 2 le nulle, 11 i voti dispersi. L’ambasciatrice americana Claire Booth Luce, ferocemente anticomunista, abbandona stizzita la tribuna: “He is a bloody neutralist”, è un fottuto neutralista. Giancarlo Pajetta vede Scelba che si contorce per la rabbia e, unico nel-l’emiciclo, non batte le mani al vincitore: beffardo, gli fa portare da un commesso un bicchiere di Cynar, l’aperitivo al carciofo contro il logorio della vita moderna. “Io non l’ho ordinato”, replica a muso duro il premier, “se ne vada”. In aula si ride di gusto.
Eletto per ‘dispetto’ a Fanfani, Gronchi apparteneva però alla sua stessa corrente politica. Uomo della Sinistra DC, favorevole alla apertura ai socialisti, egli fu un Presidente ‘attivo’. Anche se i risultati del suo operato furono deludenti:
Gran fautore dell’invadenza dello Stato nel-l’economia, come il suo amico Enrico Mattei (presidente dell’Eni e foraggiatore occulto dell’ala antiamericana e filosocialista della Dc), Gronchi invita a “contrastare il dominio delle multinazionali in Italia”, ad “attuare una vera politica di programmazione democratica ed eliminare i dislivelli sociali persistenti nel Paese”
Gronchi è infatti convinto della necessità di aprire a sinistra, e in particolar modo al Psi di Nenni e, in chiave internazionale, della possibilità di avviare una distensione con il blocco sovietico. Per questo la sua elezione nel 1955 è appoggiata da buona parte dei partiti di sinistra, sia per la stima nei confronti dell’uomo ma anche perché la nomina di Gronchi avrebbe portato (e così fu) alla fine del suo rivale Scelba, il temibile ministro dell’Interno che aveva represso le proteste di piazza.
Durante la Presidenza Gronchi furono applicate alcune parti importanti della Carta Costituzionale, sino ad allora rimaste inevase, ovvero la nomina dei Giudici della Corte Costituzionale e il varo del Consiglio Superiore della Magistratura.
L’errore di dare l’incarico di Premier a Fernando Tambroni segnò invece in negativo la parte finale del mandato presidenziale. Il Capo dello Stato fu tradito dal suo ‘pupillo’, il quale virò a destra sin dalla ricerca dei numeri per la fiducia e trovando l’appoggio dei postfascisti missini.
Le cose andarono peggio nel 1960, quando Gronchi incaricò Fernando Tambroni, suo uomo di fiducia, di formare un “governo del Presidente”, di cui stilò in prima persona la lista dei ministri. Tambroni, contrariamente alle indicazioni di Gronchi, andò a cercare i voti del Msi e grazie a quelli ottenne la fiducia; per riconoscenza, concesse ai neofascisti di tenere il congresso del partito a Genova. Seguirono gravi scontri di piazza in tutta Italia con morti e feriti, e Tambroni fu costretto a dimettersi in fretta e furia.
Il discorso del Centenario dell’Unità. 25 marzo 1961
Gronchi fu il primo ed unico Capo dello Stato a spendersi attivamente per la propria rielezione, grazie anche alla amicizia con Enrico Mattei, Presidente dell’ENI ed uomo ‘forte’ del momento. Ci provò ma senza riuscirvi:
L’episodio segnò irrimediabilmente il mandato e la reputazione del presidente Gronchi, che aspirava a farsi rieleggere e a lasciare un segno indelebile nella storia italiana. Il suo settennato si trascinò fino alla scadenza naturale nel 1962, quando il presidente cercò la sponda del potente presidente dell’Eni Enrico Mattei per una rielezione. E nelle elezioni del 1962 si ostinò a candidarsi contro il suo partito e rimase in corsa per diversi scrutini, senza mai avere però la reale possibilità di vincere. È stato però l’unico, finora, Capo dello Stato a chiedere esplicitamente un secondo mandato.
Ed infine la ‘curiosa’ faccenda della ‘caduta’ di Gronchi a teatro e della censura a Vianello e Tognazzi:
Morì il 17 ottobre del 1978, lo stesso giorno il destino volle che i giornali di tutto il mondo annunciassero l’elezione di Karol Wojtyła quale nuovo Pontefice, avvenuta il giorno prima.
Fonti:
http://www.polisblog.it/post/75411/i-presidenti-della-repubblica-giovanni-gronchi-1955-1962