Da poco mi sono comprato un nuovo telefono. Dopo che il vecchio ha fatto buon lavoro per “soli “ due anni (il che mi ha stupito visto che era un Nokia, ma iniziavano a saltare i tasti e senza si fa fatica a scrivere gli SMS), la scelta è caduto su un touch. Come potevo anche non farlo. Pure il sito prende riferimento a questo mondo del tutto “touchato” ("taciato"), un mondo reso possibile senza riscontro per le dita. E così, in questi giorni inizio a prendere confidenza. Deve poter telefonare, di principio, e poter inviare i SMS, cioè cose che il vecchio facevo egregiamente. Ma cautamente, mi sono detto, non parto come al solito in “quarta” senza degnare al manuale d’istruzione uno sguardo. Pensavo fosse invece intelligente, in modo da poter sfruttare tutte quelle applicazioni finora sconosciuti a me.
Per ogni cosa che fai devi guardare. Ogni tasto, deve essere premuto con grande precisione, ma c’è la fai solo guardando. Prima? Tenendolo nascosto sotto una coperta, si poteva inviare romanzi interi. E con milioni di applicazioni, il telefono è diventato un centro di intrattenimento, collegato al mondo ovunque. Persino la fotocamera fa diretta concorrenza a quelle macchine digitali con tanto di megapixel da far paura. Ti perdi. Su uno scherma che è grande come il palmo della mano, c’è una profondità di informazioni, collegamenti, suoni e filmati inaspettata. E se ti sei perso camminando, metti l’indirizzo e il cellulare diventa GPS. Ma se mi sono perso nel telefono, chi mi tira fuori?
La sensazione, per la verità, di usare questa interfaccia non è tra le più rassicuranti. Ho la sensazione di perdere il contatto con quello che sto facendo, come battere su un tavolo dove sono segnati i tasti, o suonare pianoforte sul tavolo senza poter premere con la necessaria forza. Il feedback sonora di un beep elettronico non è la stessa cosa del feedback fisico del tasto premuto.