Magazine Economia
Dal lontano 1971, nell’incontaminata cittadina svizzera di Davos, le cosiddette menti più illuminate del pianeta si riuniscono annualmente in un think tank per discutere, durante le numerose riunioni di brainstorming, in merito a quelle che possono essere le soluzioni più idonee per risolvere i dilemmi di natura economica. Gli argomenti sul tavolo del World Economic Forum sono molti ed i partecipanti non sono meno. Anche le contraddizioni faranno sentire la loro presenza. Da un lato, l’economia dei “grandi” che arranca ogni giorno, cercando di rimanere aggrappata con le unghie a quei principi e valori cui si ispira il libero mercato e la democrazia di stampo occidentale. Dall’altro, la situazione economica dei “piccoli” che gode di ottima salute, affilando gli artigli per aggredire la crisi internazionale, rincorrendo quelle prospettive di benessere diffuso. L’obiettivo del Forum è quello di approfondire le questioni economiche e sociali con le quali si confronta il mondo. L’anno scorso, si era concluso con una dichiarazione che, alla luce dei risultati raggiunti, può sembrare paradossale: “E’ giunto il momento di ripensare ai valori sui quali il mondo intende ricostruire la prosperità”. Infatti, pur ragionando con il senno di poi, ciò che è stato fatto e le mete traguardate sono sotto gli occhi di tutti. Lo stesso fenomeno della globalizzazione, di cui si parla da oltre un decennio, anziché portare con sé quei benefici indotti dall’apertura dei mercati e degli scambi a 360°, ha, al contrario, esteso l’epidemia dei problemi, il cui contagio si è esteso a macchia d’olio ad una velocità paragonabile ad un battito di ciglia o, per dirla in termini globali, a quella di un click. L’unica certezza è che, al termine dei lavori, tutti saremo impegnati a rincorrere i soliti problemi, perché dal meeting uscirà solo una montagna di parole con la triste constatazione che saranno sempre le stesse. Eppure, intrugli di cervelli ce ne sono: dai gotha della finanza, ai guru dell’economia, per finire con i baroni della politica. Una vetrina internazionale nella quale i manichini da anni indossano gli stessi vestiti. Uno scontro di culture, grazie al quale ognuno ci mette un ingrediente nella speranza di far digerire meglio agli abitanti del pianeta la solita zuppa. Questo è il menù che sarà presentato a conclusione dei lavori. Le medesime questioni condite con una salsa diversa, in modo da far percepire ai comuni mortali la sensazione di dover fronteggiare qualcosa di nuovo. Ma se si osserva attentamente la passerella dei partecipanti, sarà facile accorgersi che il copione recitato sul palcoscenico non è mutato, come i protagonisti chiamati a discutere sui problemi dell’umanità. Riusciranno i nostri eroi a trovare una soluzione? Qualche anno fa, Albert EINSTEIN disse: «Non possiamo pensare di risolvere i problemi con lo stesso modo di pensare che li ha generati».
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