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I prodotti dell'alveare: il miele

Da Ardescomunicazione
I prodotti dell'alveare: il mieleConosciuto fin dall’epoca preistorica, il miele è sempre stato considerato un alimento prezioso, oggetto di commerci e addirittura di venerazione. Da 10.000 anni fa e fino alla scoperta dello zucchero è stato l’unico dolcificante che l’uomo aveva a disposizione e del quale, a poco a poco, ha imparato a conoscerne anche le  proprietà terapeutiche, infatti nel papiro Edwin Smith, risalente al 1700 avanti Cristo e ritrovato nelle piramidi egiziane, sono riportati 48 impieghi del miele per la cura di piaghe, ferite e malattie varie. Anche i Babilonesi lo ritenevano un prodotto prodigioso per la cura di alcune malattie, mentre gli Arabi lo hanno cantato in versi e canzoni perché simbolo di salute fisica e spirituale.
Al fine di capire come si svolge il lavoro di produzione del miele e degli altri prodotti dell’alveare da parte delle api, vediamo quali sono le mansioni che le api svolgono nell’alveare stesso. L’ape regina è grossa oltre il doppio delle altre api, esce dall’alveare solo una volta in tutta la sua vita, quando è ancora vergine, per il volo nuziale, seguita dai maschi, i fuchi, dei quali solo sei/otto  si accoppieranno con lei per renderla fertile e lo sperma verrà conservato in una sacca presente nel corpo della regina chiamata spermatheca. Purtroppo il fuco, dopo essersi accoppiato con la regina morirà, poiché il sua apparato sessuale si strapperà e rimarrà ancorato al corpo dell’ape regina. La regina è la madre di tutto il popolo dell’alveare, nato solo ed esclusivamente dalle sue uova,  deposita fino a 2000 uova al giorno, 300.000 in una stagione, pari ad un milione/un milione e mezzo in tutta la sua vita che dura da 4 a 7 anni. La regina, durante la deposizione delle uova, a seconda del fabbisogno dell’alveare, può scegliere se far nascere una femmina, oppure un maschio. Questo è possibile perché se, durante l’espulsione dell’uovo l’ape regina inarcherà il suo corpo e l’uovo toccherà la spermatheca, nascerà una femmina, mentre, se non tocca la spermatheca, dall’uovo non fecondato, nascerà un maschio. L’ape operaia, che è l’unica a possedere il  pungiglione, derivato dall’atrofizzazione dell’ovopositore,  cambia molte volte il suo lavoro durante la propria vita. Fino a quattro giorni di età si occupa della pulizia dell’alveare (api spazzine), dal quarto al decimo giorno nutrono le larve (api nutrici), dal decimo al sedicesimo giorno si occupano della costruzione e riparazione dell’alveare, perché possono produrre la cera con speciali ghiandole, che solo a questa età si sviluppano nel loro corpo (api ceraiole). Dopo si occupano di ricevere il nettare ed il polline portato dalle api bottinatrici e della difesa dell’alveare (api guardiane). Queste provvedono ad impedire l’ingresso nell’alveare di altri insetti e di api non appartenenti alla loro famiglia : le riconoscono toccandole con le antenne e percependo così l’odore che emettono e che è diverso per ogni alveare. Difendono l’alveare anche dall’eccessivo calore, ventilando con un movimento intenso delle ali e generando così uno scambio d’aria fra l’interno e l’esterno dell’alveare. Infine, dalla terza settimana alla fine della loro carriera, diventano api bottinatrici, col compito di raccogliere, nella zona circostante l’alveare, il polline, il nettare, l’acqua e tutto quello che serve alla famiglia. Una famiglia è costituita da 60.000/80.000 api durante l’estate e la loro vita dura circa 40 giorni, mentre in inverno si riducono a 5.000/10.000 e sopravvivono per tutta la stagione invernale. Ciò è dovuto al fatto che, durante la stagione fredda, non escono dall’alveare, si nutrono attingendo dalle scorte e pertanto, facendo meno fatica, vivono più a lungo. Il fuco è il maschio della famiglia, ha il compito di fecondare la regina e, quello che non si sarà accoppiato con la regina, vive per l’intera stagione estiva svolgendo, probabilmente, anche alcune altre mansioni fra cui affiancarsi alle api guardiane nella difesa dell’alveare. A fine stagione verranno cacciati dall’alveare e abbandonati al loro destino. Il miele è il prodotto più abbondante dell’alveare, perché le api lo producono in grande quantità, specie se trovano una stagione favorevole ed un pascolo abbondante, pascolo che è costituito dai fiori che esse trovano nelle zone circostanti l’alveare ed in genere non si allontanano mai più di tre chilometri da esso. Se si considera la lunghezza di ogni volo che l’ape bottinatrice compie per portare il nettare nell’alveare e lo si moltiplica per il numero delle api, scopriremo che, per produrre i circa 50 chili di miele che ogni alveare produce in un anno, le bottinatrici avranno volato per un milione di chilometri. Il miele è una sostanza zuccherina, di consistenza vischiosa, di colore variabile dal biondo chiaro all’ambrato, al marrone più o meno scuro, a seconda dei fiori da cui proviene; esso viene prodotto a partire dal nettare dei fiori, rielaborato dalle api e rigurgitato nelle cellette del favo, dove viene immagazzinato. Il miele è composto in gran parte da zuccheri semplici prontamente assimilabili, cioè glucosio e fruttosio; esso contiene inoltre sostanze preziose per la salute : oltre a una certa percentuale di acqua, che non deve superare il 18%, troviamo acidi organici che gli conferiscono l’aroma e il sapore, vitamine del gruppo B, vitamina C e K, sali minerali, oligoelementi ed enzimi. Questi ultimi rappresentano un indice di qualità e freschezza, perché nel miele vecchio o pastorizzato tendono a diminuire la loro concentrazione e diventano scarsi. Affinché conservi inalterate le sue preziose caratteristiche biologiche, il miele deve essere estratto dai favi a freddo, per semplice centrifugazione e senza alcun trattamento termico (oltre e 45 gradi infatti inizia a denaturarsi); va quindi filtrato e lasciato decantare in appositi recipienti, quindi confezionato in vasi di vetro dove, dopo un certo tempo, inizia a cristallizzare. Possiamo perciò dire che un miele cristallizzato, quindi denso e pastoso, è sicuramente più genuino e non avrà subito trattamenti di raffinazione o pastorizzazione che ne comprometterebbero grandemente le proprietà salutari. L’unico miele che non cristallizza ed è sempre liquido è solo il miele di acacia. Il miele possiede molteplici proprietà terapeutiche diverse, secondo da quali fiori sia stata raccolto il nettare che lo ha prodotto, ma una proprietà comune a quasi tutti i mieli è di migliorare le patologie delle vie aeree superiori. Ma, per le proprietà più specifiche dei vari tipi di miele, prenderemo in esame solo i tipi più comuni.
  • Miele di acacia - sapore : delicato, di confetto, fine e vellutato; proprietà : corroborante, lassativo, antinfiammatorio per la gola, per le patologie dell’apparato digerente, disintossicante del fegato, contro l’acidità di stomaco;
  • Miele di castagno - sapore : intenso con retrogusto leggermente amaro; proprietà : favorisce la circolazione sanguigna, antispasmodico, astringente, disinfettante delle vie urinarie;
  • Miele millefiori - sapore : molto delicato, senza retrogusti particolari; proprietà : azione disintossicante del fegato;
  • Miele di fiori d’arancio - sapore : aromatico, gradevolmente acidulo; proprietà : cicatrizzante per le ulcere, antispasmodico, sedativo, contro l’insonnia e l’eccitazione nervosa;
  • Miele di eucalipto - sapore : di malto e di zucchero caramellato; proprietà : azione antibiotica, antiasmatico, anticatarrale, utile per la tosse;
  • Miele di erica - sapore Forte floreale che ricorda l’anice; proprietà : azione antireumatica, antianemico, ricostituente.
Un’altra proprietà del miele sconosciuta ai più, è la sua capacità di guarire le ferite infette, le ustioni e le piaghe, comprese le piaghe da decubito. Fin dall’antichità l’uomo aveva osservato che le piaghe e le ferite purulente miglioravano rapidamente se trattate con miele. Oggi, con la possibilità di indagini ben più approfondite, si è appurata l’efficacia antisettica del miele e, per provare quanto i nostri antenati avevano intuito sulle proprietà del miele, si è utilizzato un preparato a base di miele, riprodotto secondo un’antica ricetta descritta in un papiro ritrovato nelle piramidi egizie : gli stafilococchi e l’escherichia coli sono stati rapidamente uccisi a contatto col miele. Anche l’enterococco ed altri batteri in grado di resistere ai tradizionali antibiotici, hanno dimostrato le eccezionali proprietà antimicrobiche del miele. Se a ciò si aggiunge la capacità del miele di stimolare la granulazione e favorire la ricomparsa di un tessuto epiteliale compatto, si capisce perché una piaga o un’ustione guarisca in tempi abbondantemente inferiori (almeno del 50%) le stesse piaghe trattate invece con medicamenti tradizionali.
Romano Ravaglia

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