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I profitti delle banche e i piccoli furti su commissioni

Creato il 20 novembre 2011 da Mir Gorizia @Ettore_Ribaudo
L’Unione Europea, e non solo, continua a pagare un prezzo pesante per gli errori e le scelleratezze dei banchieri che non hanno pagato alcun prezzo per la crisi. In Italia, si obietta, le banche sono state più sagge. Ma quando leggo, dati di Bruxelles alla mano, che il costo medio di un conto corrente in Italia è circa il doppio della media comunitaria (cinque volte il prezzo di un c/c in Olanda, cioè il Paese meno caro), mi viene il sospetto che la presunta maggior solidità delle banche di casa nostra sia solo il frutto del continuo salasso imposto, in barba a qualsiasi controllo antitrust, dal cartello del credito aiclienti che, come dimostra il “flop” di Cantona, non hanno in realtà alcuna alternativa. I profitti delle aziende di credito nostrane, insomma, sono il frutto dei piccoli furti su commissioni e scoperti piuttosto che geniali intuizioni finanziarie. Per non parlare della massa di denari investita in obbligazioni bancarie dalle famiglie, strumento spesso opaco, quasi sempre poco redditizio rispetto alle condizioni di mercato. Basta lamentarsi, mi potrete obiettare. Non ha senso la politica di Don Chisciotte contro il sistema. Forse è così, ma non credo che la protesta di Cantona, che ha fatto il giro d’Europa e alimentato centinaia di iniziative locali, è la punta di un iceberg che sarebbe sbagliato trascurare. Certo, i 600 milioni di europei non si comporteranno contro i 300 mila islandesi che, posti di fronte alla prospettiva di ripagare il debito accumulato da pochi banchieri adulati per anni dai grandi media europei, hanno semplicemente detto di no. Ma, prima o poi, quegli stessi cittadini, correntisti “spennati” allo sportello, lavoratori che vedono finire in profitti (e in bonus per i banchieri) buona parte dei guadagni di produttività conseguiti nelle aziende, il più delle volte grazie ai sacrifici dei piccoli e medi imprenditori spremuti dalle banche, presenteranno il conto. Soprattutto se le grandi istituzioni internazionali, pur di non colpire i veri responsabili, accetteranno ancora di far da comodi bersagli alla speculazione: un clan di pochi banchieri, a loro volta salvati dall’erario americano, che da Manhattan controllano a proprio piacimento ed in barba a qualsiasi regola il mercato dei cds (credit default swaps) che, a sua volta, preme su quello dei sovereign bond. Così, grazie all’uso di informazioni insider che, nel linguaggio dei banchieri si definisce “asimmetria informativa”, i Big sono tornati a far profitti assai prima del settore manifatturiero. E i conti correnti dei manager sono tornati ai livelli del 2007 molto prima del tenore di vita media del Paese (l’Italia produrrà la stessa ricchezza di quell’anno solo nel 2015). Si sta accumulando, dunque, una nuova bolla, stavolta piena di rabbia. E perciò pericolosa. Per disinnescarla in tempo bisogna affrontare al più presto il nodo dei salari e della fiscalità.http://feeds.feedburner.com/blogspot/sHlyJTags: antitrust, banche, banche e commissioni, crisi, politica, politica di austerità, politica fallimentare, protest, terna

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