Magazine Cultura
Si esce dal teatro con il solito, piacevole, senso di soddisfazione nel constatare come Manzoni, forse, aveva già compreso tutto e questa nostra realtà che oggi ci sembra così ingiusta e imprevedibile, in realtà, altro non fa che ripercorrere una traccia già segnata. Di questi tempi sto leggendo Terzani e, come spesso mi succede, mi trovo a guardare quello che mi sta intorno con gli occhi dell'autore che mi tiene compagnia nelle lunghe ore targate ATM. Tra le tante pagine mi hanno colpito quelle che parlano di questi induisti, in grado di concepire il mondo come una linea circolare in cui, prima o poi, per quanto il cerchio sia lungo, tutto ritorna. Ne viene fuori, sembra, una visione del mondo un po' triste, svuotata. A che serve affannarsi in lungo e in largo se, in fondo, non possiamo cambiare nulla davvero?! Si tratta di una visione diametralmente opposta a quella della bella linea dritta del tempo, se vogliamo (e crediamo) anche eterna, che sembrava dominare il nostro mondo occidentale, positivista, scientifico, in qualche modo autoinvestitosi del ruolo di tracciare un qualche genere di cammino verso una meta spesso ignota chiamata progresso. "Sembrava", perchè ormai, mi pare, anche questa spinta propulsiva, per quanto irrisoria e opinabile, appare accantonata per far posto ad una specie di caos in cui ci muoviamo come punti impazziti.
So che ho divagato e che questo, con tutta la probabilità, non è quello che voleva raccontarci Manzoni, che con la sua Provvidenza parrebbe suggerire una via d'uscita. Ma è quello che mi viene da pensare, mentre sul palco, dal caldo asfissiante della platea, vedo rappresentati tic e cliché tristemente simili a quelli che entrano nelle nostre case facendo zapping. Mi distraggo dalla rappresentazione mentre penso a quei rari brani del testo che ricordo e che mi sono sempre sembrati a dir poco attuali. Mi ritornano alla mente espressioni come "vaso di coccio tra vasi di ferro", o figure come quelle dell'Azzeccagarbugli insieme a tante altre. Sono quasi contento, uscendo dal teatro, di prendere una boccata d'aria, facendo due passi sulle orme del nostro protagonista, coinvolto nei tumulti del capoluogo lombardo, come un novello Renzo all'attacco anch'io del mio Broletto per il mio pezzo di pane quotidiano.
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